L'ICONOCLASTA

Vertice Ue, Conte concede: «Poteva andare meglio». Minniti: «Hanno fallito gli obblighi, figuriamoci la base volontaria». Esulta Orban: «L’Ungheria resterà ungherese»

28 giugno 2018 – «È stato un lungo negoziato, ma l’Italia da oggi non è più sola». Così il premier Giuseppe Conte uscendo all’alba dal Consiglio europeo, dopo aver minacciato di porre il veto nel caso in cui i partner europei non avessero considerato le richieste italiane sul dossier dei migranti e dei rifugiati. In particolare, Roma aveva posto sul tavolo una riforma della convenzione di Dublino, la quale, sottoscritta negli anni 90, prevede che il Paese competente a esaminare le domande di asilo sia quello di primo approdo nell’Unione europea, caricando eccessivamente i Paesi geograficamente più esposti. Conte chiedeva passi concreti verso un vero superamento di Dublino, innanzitutto l’inserimento, nelle conclusioni del vertice, del concetto di responsabilità condivisa sui salvataggi in mare, sul modello di quello che abbiamo osservato negli ultimi giorni con le navi Aquarius e Lifeline.

Chi sbarca in Italia, era la proposta del governo gialloverde, sbarca in Europa. Un punto che è stato accolto nel documento finale, insieme al rifinanziamento del Fondo fiduciario per l’Africa, la necessità di riformare il regolamento di Dublino, l’apertura di centri di sbarco e accoglienza nei Paesi terzi e quelli volontari in Europa. Sui quali, assicura Conte, ci riserveremo una eventuale decisione «a livello governativo in modo collegiale» ma, precisa, «direi che non siamo assolutamente invitati a farli». Il premier assicura che l’Italia è soddisfatta, «è stata una lunga trattativa ma da questo vertice esce un’Europa più responsabile e solidale».

Tuttavia, dopo l’iniziale entusiasmo, Conte concede: «Certo, se avessi scritto io il testo qualcosa l’avrei fatta diversamente, ma non ero da solo: eravamo in ventotto».

In particolare, a destare i dubbi più profondi è il fatto che ogni azione debba essere compiuta su base volontaria, altrimenti non sarebbe stato possibile avere il consenso di tutti i Paesi.

«È inesatto dire che l’accordo sia su base volontaria – sostiene invece il premier – è integrato e multilivello come richiesto mentre per quanto riguarda l’art.6, che fa riferimento a centri di accoglienza su paesi di stati membri, non si impone a nessuno». Nello specifico, continua Conte «l’Italia non ha dato disponibilità» sui nuovi centri di accoglienza volontari, mentre «qualche altro Paese lo ha già fatto». Conte sottolinea invece come l’accordo sui migranti stabilisca per la prima volta «azioni condivise anche nel salvataggio in mare. È un principio mai affermato prima. L’Italia era sola. L’abbiamo affermato nei fatti, anche con qualche atteggiamento risoluto». Il premier poi ha sottolineato che l’Italia non riprenderà nessun migrante che dovesse essere stato registrato da noi e poi andato in Germania, aggiungendo di «non aver sottoscritto nessun accordo con la Germania» in merito ai movimenti secondari. «A Merkel non ho promesso alcunché», ha concluso.

«Il concetto di Paese di primo arrivo non si può cancellare», ha insistito il presidente francese Emmanuel Macron al termine del vertice Ue, ribadendo che i centri di controllo per i migranti dovranno essere nei Paesi di primo sbarco. «I centri sorvegliati di accoglienza in Ue su base volontaria vanno fatti nei Paesi di primo ingresso, quindi sta a loro dire se sono candidati ad aprire questi centri», ma, ha ribadito Macron, «la Francia non è un Paese di primo arrivo». «Alcuni» di questi Paesi di primo ingresso, ha spiegato il presidente francese, «hanno espresso chiaramente la loro volontà ieri attorno al tavolo» di aprire i centri, «ma sta a loro annunciarlo pubblicamente». «Le regole di diritto internazionale e di soccorso in mare sono chiare: è il Paese sicuro più vicino che deve essere scelto come porto di approdo. Le nostre regole di responsabilità sono altrettanto chiare: si tratta del Paese di primo approdo nell’Ue. In nessun caso questi principi sono rimessi in discussione dall’accordo» raggiunto dai leader europei. Ma, ha concesso Macron, «verso i Paesi di primo arrivi dobbiamo essere più solidali e assicurare fin dal primo momento una presa a carico europea».

Si mostra disilluso il ministro dell’Interno Matteo Salvini: «Non mi fido delle parole – dice – vediamo che impegni concreti ci sono perché finora è sempre stato “viva l’Europa viva l’Europa”, ma poi paga l’Italia. Vediamo che principi, che soldi e che uomini ci sono», fermo restando che i «principi fondamentali era e continua ad essere la protezione delle frontiere esterne, non lasciare sola l’Italia, in investimento vero in Africa e non a parole». Salvini annuncia poi che che le navi delle Ong «non vedranno più l’Italia se non in cartolina», ribadendo il no all’accesso ai porti per le navi umanitarie. «Ora ci sono due navi davanti alla Libia di Proactiva Open Arms – ha aggiunto Salvini – chiedo che oggi stesso pubblichino l’elenco dei finanziatori». Loro e le altre ong, ha concluso, «fanno politica, mi danno del razzista e del fascista ma, come dicono i militari italiani e libici, aiutano gli scafisti».

Esultano i Paesi dell’Europa orientale: «Siamo soddisfatti, perché i quattro di Visegrad hanno raccolto una grande vittoria», ha detto il premier ungherese Viktor Orban in un video pubblicato sulla sua pagina Facebook. «La minaccia che incombeva su di noi – ha spiegato – era che avrebbero cominciato i reinsediamenti all’interno degli Stati europei dai campi che avevano intenzione di realizzare. Siamo riusciti a difenderci da questa proposta e a far approvare invece la nostra, che stabilisce chiaramente che nessuno può essere spostato in un Paese senza il consenso di quest’ultimo. L’Ungheria non diventerà un Paese di immigrazione. L’Ungheria resterà ungherese. Questo è il risultato della battaglia di stanotte», ha concluso.

«C’è qualcosa di straordinario – ha però sottolineato Salvini – rispetto agli ultimi anni di sonnolenza. Si è discussa di una proposta italiana, si sono discusse richieste italiane, bisogni e problemi italiani. Fino all’ultimo vertice eravamo noi a inseguire le richieste degli altri e dunque già il fatto di essere al centro della partita qualche risultato te la fa portare a casa». In ogni caso, «vediamo che impegni concreti ci sono su principi, soldi e uomini – ha concluso – perché ad esempio nell’operazione Themis, che dovrebbe essere un’operazione europea, su 32 imbarcazioni 30 sono italiane».

Boccia senza appello l’accordo l’ex ministro dell’Interno Marco Minniti, intervistato stamattina a Radio Anch’io. «Mi sembra molto difficile che il vertice europeo apra una nuova fase su migranti. Abbiamo incassato solo dei pagherò difficili da riscuotere, il tempo dirà se si tratta di assegni in bianco». «Sul trattato di Dublino c’è un rinvio. Bisogna prima trovare il consenso per modificarlo, serve l’unanimità dei 28 paesi europei e questo è un macigno sul suo cambiamento».

E ancora: «Sull’accoglienza si deciderà in base a meccanismi volontari. Prima non funzionava l’obbligatorietà, figuriamoci la base volontaria. Mentre restano obbligatori i rimpatri verso il punto di prima accoglienza come l’Italia. Tirati fuori dall’isolamento dal nemico Macron, mica siamo stati aiutati dai paesi di Visegrad», è la conclusione di Minniti.

«Oggi capiremo se davvero l’Europa vuole gestire in maniera solidale il fenomeno migratorio. L’Italia la sua buona volontà l’ha sempre dimostrata, l’Ue passi dalle parole ai fatti. Compromessi al ribasso non li accetteremo. Se questa volta non dovessimo trovare disponibilità da parte degli altri Paesi, potremmo chiudere questo Consiglio senza approvare conclusioni condivise», aveva annunciato il premier Giuseppe Conte prima dell’inizio dei lavori.

Conte ha avuto, prima dell’inizio del vertice, un incontro bilaterale con la cancelliera tedesca Angela Merkel incentrato principalmente sul dossier migranti. Merkel, messa alle stretta dal suo partner di governo bavarese, il muscolare ministro dell’Interno Horst Seehofer, chiedeva che tutti gli Stati mettano in campo delle misure mirate a ridurre i movimenti secondari, ovvero lo spostamento dei migranti dopo la registrazione in un Paese Ue. Punto che è stato citato nelle conclusioni del vertice: «I paesi – si legge – devono prendere tutte le misure necessarie e collaborare strettamente tra di loro per contrastare i movimenti secondari». Si tratta ora di capire se queste parole basteranno al ministro falco Seeheofer.

Merkel aveva inoltre lanciato l’idea di accordi tra Paesi volenterosi sulla responsabilità condivisa sui movimenti primari chiesta dall’Italia, convinta che non si sarebbe arrivati a una unanimità. «Non possiamo lasciare soli i Paesi in cui si verifica la maggior parte degli arrivi. Questo è il nodo centrale del regolamento di Dublino 3», aveva dichiarato la cancelliera giovedì mattina al Bundestag, per poi aggiungere: «fino a quando su tutto questo non ci sarà un consenso a 28 andremo avanti con una coalizione dei volonterosi. Non è certamente una soluzione perfetta, ma è un inizio». Tuttavia, l’Italia si era dichiarata indisponibile ad accettare compromessi al ribasso. Quanto alla questione dei movimenti secondari, la risposta del governo italiano è semplice: bisogna prima risolvere la questione degli ingressi primari nel territorio Ue.

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