L'ICONOCLASTA

La Bce offre altri aiuti alla Grecia. Accordo in arrivo, ma non sarà risolutivo

23 giugno 2015 – Dopo il balletto che dura da quattro mesi, la prudenza è d’obbligo. Ma l’accordo tra Atene e i creditori sembra veramente a portata di mano. La Grecia potrebbe essere vicina a sbloccare i 7,2 miliardi del secondo piano di salvataggio, mai ricevuti per mancanza di un accordo con Bce, Ue e Fmi. E a pochi giorni dalla fine del mese, quando le vuote casse elleniche potrebbero così essere in grado di rimborsare gli 1,6 miliardi di euro che devono al Fondo. Nuovi soldi per ripagare vecchi debiti, per ora. Anche se noi rimaniamo convinti che questo cerotto non metterà fine ai guai della Grecia, governata dal suo team targato Syryza.

I mercati ci credono: anche stamattina, le borse europee aprono in rialzo, con Atene che guadagna oltre il 3 per cento. Certo. La Bce, per il secondo giorno consecutivo (la terza volta in sei giorni), innalza il tetto della liquidità d’emergenza (Ela) per le banche elleniche (portata ora a 89 miliardi), la loro unica fonte di finanziamento per far fronte all’emorragia di depositi dai conti correnti. Drip drip drip

L’ultima proposta inviata dai greci rappresenta un passo in direzione dei partner europei, che hanno definito la bozza come la più completa e accurata mai presentata da quando Alexis Tsipras e Syriza hanno vinto le elezioni. «La prima vera proposta dopo tutte queste settimane», ha concesso il presidente del parlamento europeo Donald Tusk, uno dei più rigidi nei confronti di Atene. La bozza ellenica verrà analizzata a livello tecnico mercoledì, nel corso del vertice dei ministri delle Finanze Ue, che produrrà una valutazione preliminare da sottoporre al summit dei capi di Stato e di governo dell’Ue in programma giovedì. «Le proposte greche, benché arrivate tardi, sono grandi passi verso la direzione richiesta dalle istituzioni e sono fiducioso che l’Eurogruppo mercoledì produrrà risultati da sottoporre al Consiglio giovedì», ha dichiarato il presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker.

Stando alle indiscrezioni fatte trapelare da chi ha letto il documento, la proposta conterrebbe tagli e maggiori introiti pari all’1,5 per cento del Pil per quest’anno (circa 2,7 miliardi di euro) e del 2,9 per cento nel 2016 (5,2 miliardi). Atene si è impegnata a bloccare i prepensionamenti dal prossimo anno e a aumentare la cosiddetta “tassa di solidarietà” per chi guadagna più di 30mila euro l’anno e per le società con utili superiori a 500mila euro. E ancora: una clausola di garanzia che obbliga il governo al taglio automatico della spesa in caso di indebitamento. Permane una distanza tra le parti sulle aliquote Iva: la Grecia vuole mantenere le tre aliquote del 6,5%, 13% e 23%, portando tuttavia più prodotti all’aliquota più alta, mentre l’ex troika vorrebbe abolire la più bassa. Tsipras ha invece acconsentito a eliminare l’iva speciale per le isole, anche se ha avvertito i creditori che sarà difficile far passare il parlamento tale misura.

Il passo in avanti è reale, tanto che, riporta il Financial Times, Angela Merkel ha confidato ai cronisti, dopo l’Eurosummit di lunedì, di essere aperta a considerare un alleggerimento del debito ellenico, ma solo dopo che saranno completate le trattative sulle riforme economiche. «È chiaro che la sostenibilità finanziaria del debito greco fa parte dei negoziati», ha precisato la cancelliera.

Ma l’accordo ancora non c’è, e la presidente dell’Fmi, Christine Lagarde, ha voluto puntualizzare: «C’è ancora molto, moltissimo lavoro da fare sulla Grecia». L’aveva anticipato ieri mattina Angela Merkel: «Ci sono ancora molti giorni di tempo in questa settimana per arrivare a una decisione».

Secondo me, qui si tratta di un’intesa formale, con un po’ di buona volontà, ma sicuramente non siamo in presenza di un accordo che porrà fine ai guai della Grecia, e non sono nemmeno così convinto che tutte le promesse di Syriza saranno davvero realizzate. Tra qualche mese ci ritroveremo a tagliare il debito greco, non appena la Merkel avrà visto abbastanza riforme da potersi giustificare con il suo elettorato in Germania. Cioè, il minimo necessario. Un compromesso ci sarà, ma non metterà la parola fine a questa storia!

Alan Friedman

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