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Libia, liberati gli altri due ostaggi italiani rapiti a luglio. E l’Italia si prepara ad assumere il comando di una coalizione anti-Isis

4 marzo 2016 – Sono stati liberati Gino Pollicardo e Filippo Calcagno, i due tecnici della Bonatti rapiti nel luglio scorso insieme a Fausto Piano e Salvatore Failla, probabilmente deceduti mercoledì in uno scontro a fuoco con le forze di sicurezza libiche di Tripoli. I due tecnici sarebbero ora in mano alla polizia locale e presto saranno trasferiti in una zona sicura e presi in consegna dagli agenti italiani, che li riporteranno in patria.

Dopo le prime indiscrezioni pubblicate venerdì su La Stampa online, arriva la conferma da parte dei parenti di Gino Pollicardo: «È libero, è finita, è finita», ha dichiarato il figlio ai giornalisti mentre stava entrando in casa. La moglie Emma Orellana in lacrime ha detto: «L’ho sentito al telefono».

«Io sono Gino Pollicardo e con il mio collega Filippo Calcagno oggi 5 marzo 2016 siamo liberi e stiamo discretamente fisicamente, ma psicologicamente devastati. Abbiamo bisogno di tornare urgentemente in Italia». Questo è il messaggio scritto in stampatello su un foglio di quaderno, pubblicato da Corriere.it insieme ad una foto di Pollicardo e Calcagno, con barba e capelli, mentre parlano al telefono dopo la liberazione.

Ieri, la notizia della morte di Fausto Piano e Salvatore Failla, gli altri due dipendenti della società di costruzioni Bonatti. Secondo quanto si apprende da ambienti giudiziari, i due tecnici erano stati precedentemente separati dagli altri dipendenti della Bonatti sequestrati, Filippo Calcagno e Gino Pollicardo. I media libici avevano pubblicato nella nottata di mercoledì il video della sparatoria.

Piano e Failla sarebbero stati uccisi durante un trasferimento, alla periferia di Sabrata. Il convoglio sul quale si trovavano sarebbe stato attaccato dalle forze di sicurezza libiche e, al termine del blitz, tutti i passeggeri sarebbero morti. «Relativamente alla diffusione di alcune immagini di vittime di sparatoria nella città di Sabrata in Libia apparentemente riconducibili a occidentali – si legge in una nota diffusa dal Ministero degli Esteri – la Farnesina informa che da tali immagini e tuttora in assenza della disponibilità dei corpi, potrebbe trattarsi di due dei quattro italiani, dipendenti della società di costruzioni Bonatti, rapiti nel luglio 2015 e precisamente di Fausto Piano e Salvatore Failla. Al riguardo la Farnesina ha già informato i familiari. Sono in corso verifiche rese difficili dalla non disponibilità dei corpi».

Secondo il Direttore del dipartimento informazioni per la sicurezza, Giampiero Massolo, il gruppo che ha rapito i quattro tecnici italiani della Bonatti aveva «una connotazione principalmente criminale più che jihadista». «È molto difficile dire se sia stato o meno l’Isis – aggiunge Massolo – so che in quell’area ci sono le forze lealiste al governo di Tripoli che l’Isis la combattono». «Nella zona di Sabrata, sulla costa occidentale della Libia, risulta che questi quattro nostri connazionali fossero stati sequestrati e tenuti da parte di organizzazioni con una connotazione principalmente criminale più che jihadista», ha ribadito. «Si tratta di una zona di intensi combattimenti, dalle foto purtroppo ci sono somiglianze con i due tecnici della Bonatti. Non abbiamo i corpi, dobbiamo aspettare di averli per le autopsie. Ci sono altri due italiani da salvare, non dobbiamo dire o fare cose che possono compromettere l’attività in corso».

Mancano ancora diversi tasselli per ricostruire quanto accaduto, ma sono diversi i media italiani che, citando fonti presenti in Libia, affermano che i tecnici italiani fossero in mano a miliziani dell’Isis. Situata a 70 chilometri a est di Tripoli, la città di Sabrata è controllata dai miliziani membri della coalizione Fajr Libya, che nell’agosto 2014 ha preso possesso di Tripoli e di alcune regioni nell’ovest del paese. Tuttavia, il centro di Sabrata è stato occupato brevemente la scorsa settimana da 200 jihadisti dello Stato islamico, cinque giorni dopo un raid americano che aveva distrutto un campo dell’Isis alla periferia della città. Il quartier generale dell’Isis in Libia è la città di Sirte, 450 chilometri a est di Tripoli, ma i jihadisti stanno tentando di estendere la propria influenza al di fuori dei confini della città, approfittando della mancanza di un governo unitario in Libia, divisa a metà tra la zona d’influenza del governo di Tobruk, riconosciuto dalla comunità internazionale, e quello di Tripoli, composto da islamisti che si ispirano all’ideologia dei fratelli Musulmani.

Intanto, è notizia di oggi che in Libia sono presenti da alcune settimane 40 agenti operativi dei servizi segreti italiani per la sicurezza esterna (Aise), collocati nella zona di Tripoli e nelle vicinanze dei terminal petroliferi Eni di Mellita e dei pozzi nel Fezzan. Gli uomini italiani sul territorio – che hanno le garanzie funzionali degli 007, ovvero licenza di uccidere e impunità per eventuali reati commessi – vanno ad aggiungersi agli statunitensi, francesi e britannici, che già da diverse settimane raccolgono informazioni e compiono azioni riservate in Libia. Un’operazione resa possibile da un decreto governativo, varato il 10 febbraio scorso e subito secretato per motivi di sicurezza, con cui il premier Matteo Renzi ha definito i contorni dell’operazione italiana in Libia, le cui missioni saranno dirette proprio dall’Aise. Nelle prossime ore partiranno per la Libia altri 50 italiani, appartenenti al 9° reggimento d’assalto paracadutisti Col Moschin, portando quindi il numero di italiani su territorio libico a circa 90 unità, in linea con i contingenti dei nostri alleati.

Il decreto secretato prevede che il primo ministro, in situazioni di crisi all’estero, può autorizzare, attraverso il Dipartimento per le informazioni della sicurezza, i servizi segreti ad avvalersi delle forze speciali. Per un’eventuale missione di peace enforcement (un intervento internazionale di stabilizzazione che deve però essere richiesto dai libici stessi, una volta che sarà stato formato un governo di unità nazionale che metta d’accordo Tobruk e Tripoli) sarebbero già pronti 3mila soldati.

Per questa missione, l’Italia si starebbe preparando a un ruolo di comando. Dopo le parole del segretario di Stato alla difesa Usa, Ash Carter (che ha dichiarato di appoggiare «con forza» un eventuale ruolo guida di Roma), ecco quelle del ministro degli Esteri del governo di Tripoli, raccolte dal Corriere della Sera.

«A noi – ha dichiarato Ali Ramadan Abuzaakouk – va anche bene che l’Italia assuma il ruolo di leader dell’intervento internazionale nella guerra contro le forze emergenti dell’Isis in Libia. Ma attenzione: occorre che qualsiasi azione militare nel Paese sia minuziosamente concordata con il nostro governo a Tripoli e le nostre forze militari sul campo. Se così non fosse, qualsiasi tipo di operazione si trasformerebbe da legittima battaglia contro il terrorismo a palese violazione della nostra sovranità nazionale». E ancora: «Occorre capire se l’Italia, il Paese europeo che per storia e tradizione ci è più prossimo, ora sceglie di lavorare con noi, oppure contro».

Photo credit: Corriere.it

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