L'ICONOCLASTA

Non è tanto la fiducia al governo Letta-Alfano che conta, ma l’incontro di ieri tra Renzi e Napolitano. La «diffidenza decrescente» deve tradursi in azioni concrete e non nella continuità con la politica dei piccoli passi e dell’immobilismo

12 dicembre 2013 – Mentre tutta l’attenzione del mondo politico è rimasta, ieri come oggi, puntata sulla notizia della fiducia (scontata) ottenuta in parlamento dal governo Letta-Alfano, ciò che conta veramente è l’incontro di ieri tra due uomini con cinquant’anni di differenza.

In questi giorni, nelle sue dichiarazioni pubbliche, Matteo Renzi non ha nascosto la sua impazienza di avviare subito una nuova legge elettorale e l’abolizione sia del finanziamento pubblico ai partiti, sia del bicameralismo perfetto.

Anche Giorgio Napolitano ha sottolineato l’importanza di proseguire sulla strada delle riforme istituzionali e della legge elettorale ma ha di nuovo fatto capire che per lui tutto questo va fatto tenendo in vita il governo delle intese strette di Enrico Letta e Angelino Alfano.

«Il voto», ha detto in modo chiaro e tondo il presidente della Repubblica, «non è dietro l’angolo».

A mio avviso è positivo che Renzi e Napolitano parlino fra loro in modo diretto, anche perché alla fine l’interlocutore chiave per il nuovo segretario del Pd risiede al Quirinale e non a Palazzo Chigi.

Usando il linguaggio formale che ci si aspetta in questi casi, i giornali hanno riportato che, come appreso dall’ufficio stampa del Quirinale, l’incontro tra il Presidente Giorgio Napolitano e il segretario del Pd Matteo Renzi ha riguardato «le prospettive di modifica della legge elettorale, partendo dalle decisioni della Consulta, e le priorità in materia di riforme istituzionali».

Mi ha colpito l’espressione usata da Renzi nell’intervista concessa a Federico Geremicca de La Stampa. Ha parlato di una «diffidenza decrescente» nel rapporto tra lui e il capo dello Stato. Ma Renzi ha anche aggiunto una frase che ancora rivela un po’ di diffidenza: «Credo che Napolitano vorrebbe che il governo andasse avanti, molto avanti, altro che 2015… Io non dico di no, però insisto: stabilità non può voler dire l’attuale immobilismo».

Ora, con tutta l’attenzione sui primi giorni della leadership di Renzi al Pd, le nuove promesse di riforme di Letta, la polemica con Beppe Grillo e la preoccupante crescita della protesta dei Forconi, c’è il rischio che ci si dimentichi di essere ancora davanti a una ripresa debole, da prefisso telefonico. C’è l’esigenza di ricordare la priorità di politiche più incisive (finora assenti nell’operato del governo Letta-Alfano) mirate alla crescita e all’occupazione.

Attenzione: ci sono forze di conservazione sia nella sinistra sia nella destra che puntano al logoramento di Renzi e a bloccare qualsiasi vera riforma. Nei vecchi schemi e nelle abitudini della politica italiana le trappole sono tante.

ULTIMI ARTICOLI