L'ICONOCLASTA

Per l’Italia chance unica

Il mio editoriale, pubblicato mercoledì su La Stampa

Qual è il modello di Next Generation per l’economia italiana? Adesso che l’Italia si è assicurata i finanziamenti europei necessari per far ripartire il Paese, quali sono le priorità?

A mio avviso l’Italia ha una di quelle chance che capitano una sola volta nella vita per premere il tasto “reset” e rilanciare il futuro della propria economia. Grazie all’Europa. Grazie ad Angela Merkel. E grazie alla solidarietà che finalmente l’Ue ha saputo mettere in mostra ai tempi del Covid.

Non va sottovalutata l’importanza dell’iniziativa europea Next Generation. È il segnale che si può migliorare e riformare il progetto europeo, renderlo più funzionante per i cittadini. Anche se con parecchia fatica. Gli aspetti positivi del Vertice europeo che si è concluso lunedì all’alba sono molteplici.

Il fatto che l’Unione europea abbia deciso per la prima volta di accettare una limitata mutualizzazione del debito è un evento di portata storica. Potrebbe essere il più grande trionfo di Angela Merkel. Fino a pochi mesi fa sarebbe stato inconcepibile immettere sul mercato 750 miliardi di bond europei amministrati dalla Commissione.

L’Italia ha poi ottenuto 80 miliardi di euro circa di finanziamenti a fondo perduto. Un risultato eccellente, anche se il netto dei contributi sarà solo di 25 miliardi. Inoltre le sono stati messi a disposizione altri 127 miliardi di euro di prestiti, ed è più che probabile che siano a tasso zero, a scadenze lunghe, anche trentennali. Semi-sovvenzioni, in pratica. E anche questa è una grande vittoria.

Insomma, un successo di cui l’Italia può essere orgogliosa. Il Paese ne esce a testa alta. Ma è adesso che inizia la parte difficile: questi fondi devono essere spesi in modo saggio, ed è necessario dare la priorità alla modernizzazione dell’economia, mettendo a punto una serie di investimenti organici e puntuali per il futuro. Martedì il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, ha detto che il Piano di rilancio sarà presentato a ottobre. Bene. È necessario che in questo piano gli investimenti vengano accompagnati dalle riforme indispensabili per rendere più produttiva l’economia italiana – tra queste la riforma della burocrazia, quella della giustizia civile e quella fiscale, per premiare le piccole imprese e incentivare le assunzioni.

Per la prima volta dopo decenni l’Italia ha una vera chance per modernizzare la sua economia e diventare più competitiva. Può focalizzarsi sulla digitalizzazione, sull’economia green, sulla riduzione del cuneo fiscale, sulla sanità post-Covid, sull’istruzione post-Covid e su riforme e investimenti tesi a ridurre il divario di produttività che la separa dalla Germania. L’ Italia deve diventare un Paese moderno e anche un mercato più meritocratico, dove i premi salariali ai più bravi non sono visti con sospetto ma al contrario vengono impiegati per aumentare la produttività sul posto di lavoro. Deve rendersi più appetibile per gli investimenti diretti dall’estero riformando il proprio sistema di giustizia civile e affrontando finalmente con serietà le inefficienze della Pubblica amministrazione. Queste riforme dovrebbero essere accompagnate da veri tagli al costo del lavoro. Sarebbe un inizio.

Quali sono le priorità? Il governo ha ragione quando propone di partire dalla digitalizzazione. Un piano serio e completo in questo senso è fondamentale per il futuro della crescita economica. Stiamo già iniziando a comprendere che nel mondo post-Covid non tutto tornerà come prima. Per creare lavoro e crescita sarà fondamentale essere a pieno titolo un player digitale europeo, con una banda larga efficiente e funzionante su tutto il territorio nazionale e una nuova capacità di rafforzare l’e-commerce nel settore export.

Osservo l’Italia e la sua economia da più di trent’anni, e sono convinto che il Paese non abbia mai avuto un’occasione simile. Bisogna vedere se la saprà sfruttare. C’è il potenziale per raggiungere obiettivi importanti, e anche in tempi brevi. Anzi, sono a portata di mano, se il governo, Confindustria, i sindacati e i piccoli imprenditori riusciranno finalmente a unirsi, a fare squadra per una volta. Quanto sarebbe bello (e che nessuno dica che non è possibile) mettere da parte le beghe di bottega e fare un salto quantico, con un piano nazionale per spendere duecento miliardi ed elencare le riforme da fare. Un punto di partenza potrebbe essere il piano di Vittorio Colao, ma in realtà quello che c’è da fare si sa già.

Per il momento, comunque, tutto ciò che possiamo dire è che con 200 miliardi a disposizione l’Italia è salva. O almeno in teoria dovrebbe esserlo, a patto che la classe politica si mostri all’altezza, e a patto che il governo pianifichi una serie di politiche economiche e riforme concrete capaci di aiutare il Paese a rilanciarsi. Non tutti usciranno indenni dalla crisi. Molti ristoranti forse non riusciranno a riaprire. Alcuni settori dell’economia continueranno a soffrire più a lungo di altri. Ma questi 200 miliardi sono più o meno equivalenti all’11 per cento del Pil, che nel 2019 ammontava all’incirca a 1800 miliardi. Un dato che nel 2020 dovrebbe subire una contrazione dell’11-12 per cento. Stiamo quindi parlando di un pacchetto di salvataggio adeguato, che dovrebbe essere utilizzato nel corso dei prossimi anni come stimolo dell’economia e catalizzatore della modernizzazione.

Riassumendo, l’Italia ha un’opportunità più unica che rara. Più di 200 miliardi. La chiave è saperli spendere bene portando avanti anche una serie di riforme. —

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