L'ICONOCLASTA

Telefonata tra Obama e Putin: «Più cooperazione tra Usa e Russia per il cessate il fuoco in Siria»

14 febbraio 2015 – Un colloquio telefonico distensivo tra il presidente americano Barack Obama e il russo Vladimir Putin. I leader – informa l’agenzia di stampa russa Interfax – hanno concordato sulla necessità di intensificare la cooperazione tra i due paesi con l’obiettivo di attuare la dichiarazione di cessate il fuoco del Gruppo Internazionale di Supporto sulla Siria, un accordo raggiunto due giorni fa tra i diplomatici di alto livello riunitisi a Monaco per porre fine alla crisi nel paese mediorientale.

Uno scambio «franco», fa sapere il Cremlino, ci cui i presidenti hanno inoltre ribadito la volontà di stabilire stretti contatti di lavoro tra il ministero della Difesa russo e il dipartimento della Difesa statunitense per combattere l’Isis. Putin, riporta l’Interfax, è tornato a sottolineare «l’importanza di creare un fronte unito contro il terrorismo e di rinunciare alle politiche dei due pesi e delle due misure».

Non solo Siria sul piatto, ma anche la situazione in Ucraina. Putin e Obama si sono augurati «che le autorità di Kiev adottino misure pratiche per tener fede ai propri obblighi in tempi rapidi, incluso l’avvio di un dialogo diretto con il Donbass».

Una telefonata che arriva dopo le tensioni dei giorni scorsi. Sabato, in un’intervista rilasciata a Orient Tv di Dubai, il segretario di Stato americano John Kerry aveva usato parole dure: «Se il presidente siriano Assad non terrà fede agli impegni presi e l’Iran e la Russia non lo obbligheranno a fare quanto hanno promesso – aveva avvisato – la comunità internazionale non starà certamente ferma a guardare come degli scemi: è possibile che ci saranno truppe di terra aggiuntive». «Le decisioni delle prossime settimane – era stato il monito di Kerry – potrebbero significare la fine o l’inasprimento del conflitto». Poi la stoccata al ruolo della Russia in Siria: «Finora la maggior parte degli attacchi (russi, ndr) è stata volta a colpire la legittima opposizione siriana». Parole che hanno subito incontrato il disappunto del premier russo Dmitri Medvedev, che ha definito la dichiarazione del segretario di Stato Usa una «svolta errata».

In un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, l’Alto rappresentate Ue per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Federica Mogherini, ha spiegato che per fermare la guerra in Siria non c’è «una soluzione puramente militare». Mogherini afferma che «c’è stata una presa di responsabilità della comunità internazionale, che in un momento di stallo dei negoziati, avviati e sospesi a Ginevra, ha assunto su di sé il compito di dare una spinta a tradurre in pratica accordi già presi, verificando con le parti internazionali e regionali le condizioni per far cessare le ostilità e sbloccare l’accesso agli aiuti umanitari. Serviva che tutti, da Stati Uniti e Russia fino a Turchia e Arabia Saudita, si impegnassero in tal senso. Lo abbiamo fatto giovedì notte con la creazione di due task force». Per Mogherini è «prematuro parlare di successo», ma l’incontro del Gruppo internazionale di supporto sulla Siria «non è stato un fallimento», anzi.

«Credo che sarà più facile, anche se non scontato, far arrivare l’aiuto umanitario. Quanto al cessate il fuoco è più problematico ma non sono del tutto pessimista», ha sottolineato l’Alto rappresentante Ue. Il compito più difficile, ha aggiunto, è quello della task force per la tregua, «che comporta un coordinamento politico e militare tra i principali attori sul terreno per fissare le modalità del cessate il fuoco, quindi identificare i target da evitare e le linee di demarcazione sul territorio».

È tornato intanto a soffiare sul fuoco il ministro degli esteri saudita, Adel al-Jubeir, in conferenza stampa a Riad: la Russia, ha dichiarato, «fallirà nel suo tentativo di salvare Bashar al Assad», così come l’Iran. Mosca, ha aggiunto, «deve fermare i suoi raid aerei contro l’opposizione moderata siriana». La caduta di Assad «è solo questione di tempo, prima o dopo il regime cadrà, aprendo la strada per una nuova Siria senza Assad», ha concluso Jubeir.

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