L'ICONOCLASTA

Bce lascia tasso principale allo 0%. Draghi avverte: «I tassi potrebbero scendere ancora». Poi la stoccata ai tedeschi: «Lavoriamo per l’euro, non per Berlino»

21 aprile 2016 – Mario Draghi difende l’indipendenza della Bce e mette in chiaro che non obbedisce alla Germania ma ha un mandato per «l’intera Eurozona». E ancora: «Noi obbediamo alla legge non ai politici». Così il presidente dell’istituto di Francoforte, rispondendo a una domanda sulle critiche continue che arrivano da Berlino, in particolare dal ministro delle Finanze, il falco Wolfgang Schaeuble.

«Il consiglio direttivo – ha dichiarato Draghi – difende unanimemente l’indipendenza della banca centrale e l’adeguatezza» della sua politica monetaria.

Lapidaria la risposta di Angela Merkel. «La Bce – ha dichiarato a Bloomberg la cancelliera tedesca a margine di un evento in Olanda – è indipendente nelle sue decisioni di politica monetaria, ma è legittimo per i tedeschi discutere del basso livello dei tassi di interesse».

Draghi oggi non ha sparato altre cartucce, perché ne rimangono ben poche. I tassi d’interesse sono rimasti invariati: al minimo storico dello 0% il tasso principale, quello sui depositi bancari a -0,40% e quello di rifinanziamento marginale allo 0,25%. La Bce ha poi mantenuto gli acquisti di titoli nell’ambito del programma di QE a 80 miliardi di euro al mese.

Purtroppo, e non certo per colpa di una Bce che sta facendo tutto il possibile, il QE e tutti gli altri strumenti messi in campo da Francoforte non stanno avendo gli effetti sperati. Il prezzo del petrolio continua a restare basso e la deflazione non si arresta. Ci sono davvero poche possibilità che si riesca nel medio termine a rientrare negli obiettivi inflazionistici della Bce: vicino ma sotto al 2 per cento.

Anzi, Draghi ha avvisato che potremmo tornare ad avere un’inflazione in territorio negativo perché i rischi per l’economia mondiale sono al ribasso. Il consiglio Bce, ha spiegato Draghi, «continua ad aspettarsi che i tassi restino ai livelli attuali, o inferiori, per un periodo lungo e comunque ben oltre l’orizzonte» del Quantitative Easing.

Se la Cina sta tutto sommato tenendo botta, con una crescita che nei prossimi anni dovrebbe essere in media intorno al 6 e mezzo per cento, gli Stati Uniti stanno avendo una crescita più fievole del previsto. E poi c’è l’Europa, che non riesce rimettersi in carreggiata, costretta tra una crescita debole e la stagnazione e minacciata da diversi altri fattori, dalla crisi dei migranti, alla guerra in Siria fino all’Isis sull’altra sponda del Mediterraneo.

«La nostra politica monetaria – ha aggiunto Draghi – è stata l’unica politica che negli ultimi quattro anni abbia sostenuto la crescita». «Continueremo a farlo – ha concluso il presidente – ma chiaramente servono altre condizioni, prima di tutto le riforme strutturali».

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