L'ICONOCLASTA

Dopo il veleno, Donald Trump alla Casa Bianca: «È un onore, Obama è un uomo molto buono»

10 novembre 2016 – Dopo una campagna elettorale durissima, dai toni neanche troppo velatamente razzisti, in cui Donald Trump ha persino messo in dubbio la cittadinanza americana di Barack Obama insinuando che fosse nato in Kenya, il presidente eletto e il presidente uscente, come da tradizione, si sono incontrati alla Casa Bianca per il simbolico passaggio di consegne, prima tappa della transizione che si concluderà il 20 gennaio con l’insediamento del nuovo comandante in capo.

Nello Studio Ovale, i due uomini hanno avuto il loro primo faccia a faccia, durato circa un’ora e mezza invece della mezz’ora prevista. In seguito sono stati ammessi anche i giornalisti. «È stato un colloquio eccellente», ha dichiarato Obama. Poi parlando al suo successore: «Oltre le differenze e le appartenenze è importante unirsi e noi faremo di tutto per assicurarle di avere successo. Perché se lei ha successo anche l’America ha successo». Gli ha fatto eco il neo presidente: «È stato un grande onore e non vedo l’ora di continuare a collaborare con Obama in futuro, è un uomo molto buono».

Quindi, i toni aspri utilizzati in campagna elettorale erano solo una grande messa in scena? Tutto finito? Tutto perdonato? No. Si tratta unicamente di forma, di rispetto delle istituzioni. Allo stesso modo, non c’è nulla di più sbagliato del credere che Donald Trump sia improvvisamente diventato moderato dopo aver ascoltato il suo primo discorso la notte dell’election day, quando ringraziando la rivale Hillary Clinton ha detto che il popolo americano ha un’enorme debito di gratitudine nei suoi confronti.

Vedremo come si comporterà il nuovo presidente. Vedremo, delle promesse fatte in campagna elettorale, quali saranno mantenute e quali no (come il divieto d’ingresso negli Stati Uniti delle persone di fede musulmana, prontamente cancellato dopo le elezioni dal sito della sua piattaforma politica).

E i politici di cui si circonda non fanno bene sperare. A partire dall’ultra conservatore Newt Gingrich, ex speaker repubblicano della camera dei rappresentanti, in pole position per diventare segretario di Stato, o l’ex sindaco di New York Rudolph Giuliani, possibile ministro della Giustizia, che ancora ieri minacciava la nomina di un procuratore speciale per indagare sulla Fondazione Clinton. Si parla poi di ruoli per la Tea Party dura e pura Sarah Palin e per il banchiere ex Goldman Sachs Steven Mnuchin.

Intanto continuano le proteste in tutte le maggiori città americane, almeno 25, contro l’elezione di Donald Trump. A New York la polizia ha arrestato almeno 30 persone che manifestavano davanti alle Trump Tower sulla Fifth Avenue e a Columbus Circle. A Los Angeles a finire in carcere 15 manifestanti, a Chicago 13. A Oakland, in California, le proteste più dure con lancio di moltov e tre agenti feriti.

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