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IL FINANCIAL TIMES: IL PESO DEL DEBITO ITALIANO È UN PROBLEMA PER TUTTI

Abbiamo bisogno di politiche radicali e coordinate per far sì che l’Italia resti nell’eurozona: lo scrive Wolfgang Münchau del Financial Times in quest’articolo, tradotto in italiano per voi.

Forse è questo il più grande interrogativo che incombe sulla stabilità economica dell’Europa: cosa accadrà se l’Italia continuerà a stagnare come ha fatto negli ultimi 15 anni? Tutto continuerà semplicemente come adesso, solo con l’economia un pochino più depressa?

Credo che i tempi siano maturi per prendere in esame le possibili conseguenze di un fallimento con più chiarezza di come viene fatto di solito. Per dirla senza mezzi termini, la posizione economica dell’Italia non è sostenibile e avrà come risultato l’insolvenza del debito, a meno che non subentri un improvviso e duraturo cambiamento nella crescita economica. A quel punto il futuro dell’Italia nell’eurozona sarebbe in discussione, così come il futuro stesso dell’euro.

In Italia si sta osservando la dinamica brutale della deflazione da debito – dove la caduta del livello dei prezzi fa crescere il valore reale del debito. Tra il 2007 e il 2013, il rapporto tra il debito pubblico italiano e il prodotto interno lordo è salito dal 103,3 per cento al 132,6 per cento (dati Eurostat). Quest’anno, secondo le previsioni dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, il debito arriverà al 137,5 per cento.

Se l’Italia continua a stagnare nel 2015 e 2016, il rapporto debito/Pil si dirigerà verso il 150 per cento del Pil. Il problema non sono tanto i numeri quanto l’andamento. Un lettore recentemente ha chiesto: fino a che punto l’Italia è insolvente? La risposta è che non lo sa nessuno. Il Giappone è ancora in grado di pagare con un rapporto debito/Pil che supera il 200 per cento. Ma il Giappone, a differenza dell’Italia, ha la sua banca centrale. Se gli investitori credono che tu possa stabilizzare il rapporto del tuo debito indipendentemente dal livello, questi continueranno a rifinanziare il tuo debito. In caso contrario, non lo faranno.

La ragione principale per l’esplosione del rapporto debito/Pil è stata la caduta del Pil nominale, ovvero il valore in euro della produzione economica. Quando questo cade, il rapporto debito/Pil sale. E sale anche se il Paese non contrae nuovi debiti. L’unica via d’uscita da questa trappola consiste nel far sì che il Pil nominale salga più velocemente del debito. Ma l’Italia non dispone di strumenti politici. Non ha tassi d’interesse interni da abbassare. Non ha una banca centrale che possa monetizzare il suo debito. Non ha un tasso di cambio da svalutare.

Per tutto questo, ci sono degli equivalenti nell’eurozona. Ma i tassi d’interesse dell’eurozona sono già a zero. La Banca centrale europea non sta (ancora) comprando titoli di debito pubblico italiani. E l’euro dovrebbe svalutarsi di circa il 60 per cento perché l’Italia possa raggiungere una svalutazione di portata simile a quella del 1992, quando la lira lasciò temporaneamente il meccanismo di cambio europeo.

E le riforme economiche? Potrebbero aiutare a generare una certa crescita sul lungo periodo, ma è un po’ ingenuo credere che l’economia inizierà miracolosamente a crescere una volta che le aziende avranno la possibilità di licenziare il proprio staff. Gli aggiustamenti economici necessari vanno ben al di là di qualche riforma strutturale. L’Italia ha bisogno di cambiamenti nel sistema legale, ha bisogno di abbassare le tasse adeguandosi al livello europeo, di migliorare la qualità e l’efficienza del settore pubblico. In altre parole, ha bisogno di cambiare l’intero sistema politico.

E anche questo potrebbe non essere abbastanza. Ricordiamo che il Giappone ha un mercato del lavoro flessibile, un sistema legale ben oliato e tasse relativamente basse. E nonostante ciò, il Giappone ha continuato a essere deludente per più di due decenni.

Quindi, quali sono le opzioni realistiche? La più grande speranza risiede in un programma della Bce di acquisto di titoli, che comprerebbe tempo affinché il tasso d’inflazione europeo possa tornare alla normalità, l’economia dell’eurozona riprendersi e il governo italiano realizzare almeno qualche riforma.

La BCE comprerà probabilmente un ampio ventaglio di strumenti di debito. A cominciare, come annunciato, da titoli obbligazionari cartolarizzati e dalle obbligazioni garantite. Inoltre, potrebbe comprare altre tipologie di titoli finanziari: obbligazioni dal Fondo salva-Stati, il paracadute dell’Europa, e dalla Banca europea degli investimenti. La Commissione potrebbe usare la Bei per lanciare un grande programma di infrastructure bonds. La migliore speranza per l’Italia è che questo abbia una qualche ricaduta positiva sull’economia reale. Sono ottimista sul fatto che questi programmi avranno un notevole effetto positivo sull’eurozona nel suo insieme, ma non scommetterei sugli effetti in Italia.

In questa situazione abbiamo bisogno di un piano d’azione radicale e coordinato per far sì che l’Italia torni a crescere, ristrutturi il suo debito e resti nell’eurozona. Ma la linea politica finora non è stata né forte né coordinata. Matteo Renzi, il primo ministro italiano, ha promesso riforme radicali, ma ancora non le ha fatte. E comunque sia, non è abbastanza. Il debito italiano richiede politiche a livello europeo che finora sono state escluse. Da questo dipende il successo o il fallimento dell’eurozona.

(Traduzione di Luna De Bartolo)

VIA/ The Financial Times

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