L'ICONOCLASTA

Donald Trump attacca la Germania, plaude alla Brexit e critica la Nato

«L’Unione europea rappresenta di base soltanto un mezzo per raggiungere gli obiettivi della Germania», la Nato è «obsoleta» e la Brexit «una grande cosa e io farò un accordo con il Regno Unito». E ancora: «Dobbiamo cominciare a fidarci di Vladimir Putin». Le parole del presidente eletto Donald Trump, che da questo venerdì sarà in carica a tutti gli effetti, sconvolgono l’Europa. Gli stessi concetti, l’allora candidato repubblicano li aveva espressi a me, in un’intervista pubblicata sul Sunday Times di Londra e sul Corriere della Sera. La ripubblichiamo.

Angela Merkel? «Ha fatto un errore madornale nel permettere l’ingresso degli immigrati in Germania. Un errore madornale!». Il Quantitative easing di Mario Draghi? «Francamente nessuno sa se funzionerà o meno… Potrebbe anche rivelarsi molto controproducente nel lungo termine». E la moneta unica? L’euro? «Non ho amato l’idea dell’euro fin dall’inizio del progetto. E non inizia a piacermi ora».

Un Donald Trump a tutto campo, seduto a bordo del suo Boeing 757-200 privato, parcheggiato nella zona cargo del George Bush Intercontinental Airport di Houston, in Texas. In questa intervista, scritta e pubblicata oggi nella sua versione originale in inglese sul Sunday Timesdi Londra, Trump non rifiuta di parlare di niente. Anzi, risponde anche alle domande sul suo rapporto (o meno) con Matteo Salvini e dà il suo parere sulle similitudini tra lui e Silvio Berlusconi.

L’intervista nasce per il giornale britannico perché venerdì prossimo, il 24 giugno, Trump arriverà in Scozia. Una visita non politica: il tycoon taglierà il nastro per inaugurare il suo lussuoso golf resort Trump Turnberry, dopo tante polemiche locali e una ristrutturazione costata oltre duecento milioni di sterline. E così mi sono ritrovato nel caldo texano (oltre 37 gradi all’ombra) per realizzare la prima intervista concessa da Trump a un giornale non americano da quando è diventato candidato repubblicano in pectore alla presidenza.

Chiedo a Trump un’opinione sulla cancelliera tedesca Angela Merkel e non ci pensa due volte: «Credo che abbia fatto un errore madornale nel permettere l’ingresso degli immigrati in Germania. Ho amici che vivono in Germania e non riescono a capacitarsi di come la loro vita sia cambiata. È stato un errore madornale, madornale!».

E non sembra molto ottimista circa le possibilità di riuscita del vasto programma di Quantitative easing lanciato lo scorso anno dalla Banca centrale europea, un’iniezione di liquidità nell’economia di un’eurozona in deflazione e ancora alle prese con una ripresa piuttosto debole. «Francamente nessuno sa se funzionerà o meno», sostiene Trump. «Potrebbe anche funzionare nel breve periodo, ma nel lungo termine potrebbe rivelarsi molto dannoso. Nel breve periodo, una cosa del genere tende a portare sollievo, ma può essere molto dolorosa sul lungo periodo».

Trump non è un fan dell’euro. «Non ho amato l’idea dell’euro fin dall’inizio. E non inizia a piacermi ora. Credo che renda le cose più complicate». Allora gli chiedo della Brexit. Ricordo a Trump come in diverse occasioni lui abbia dichiarato che la Gran Bretagna, che il 23 giugno andrà alle urne per decidere se rimanere o uscire dall’Ue, «starebbe meglio» fuori dall’Unione Europea. «Personalmente sarei più incline ad uscirne per diverse ragioni, ad esempio per avere molta meno burocrazia», spiega. «Ma non sono un cittadino britannico. Si tratta solamente della mia opinione». E quando affrontiamo la questione dell’omicidio della deputata laburista britannica Jo Cox, il suo sguardo si riempie di tristezza. «Terribile», dice con un sospiro, facendo poi una lunga pausa. «È orribile, non ci sono altre parole».

Rimanendo sui temi europei, spiego a Trump che l’anno scorso ho scritto e pubblicato la biografia di Silvio Berlusconi e ricordo come diversi giornali in America abbiano paragonato lui a Berlusconi. Che cosa ne pensa? «Non lo conosco personalmente ma so esattamente chi è e che cosa ha fatto. Senta, diciamo che in fondo siamo entrambi due uomini ricchi prestati alla politica».

A questo punto non posso non aggiungere una domanda sulle polemiche suscitate in aprile a seguito dell’annuncio fatto con un tweet da Matteo Salvini, quando il leader leghista ha raccontato di aver incontrato Trump a Filadelfia e come prova ha pubblicato una sua foto intento a stringere la mano al candidato repubblicano. «Matteo, ti auguro di diventare presto primo ministro in Italia» avrebbe detto Trump a Salvini, ricambiando l’augurio che il segretario della Lega avrebbe rivolto a sua volta al tycoon. E, soprattutto, sulle polemiche suscitate di recente dall’intervista rilasciata da Trump a Michael Wolff per l’Hollywood Reporter, nella quale Trump smentisce categoricamente l’incontro con il leader leghista («Non ho voluto incontrarlo») e prende le distanze non solo dal Carroccio ma anche da Marine Le Pen, l’amica francese di Salvini. Riassumo per Trump la polemica in Italia, la questione delle email che Salvini ha poi usato per difendersi e gli chiedo la sua verità su tutto questo. Ha avuto un incontro con Salvini o solo una photo-opportunity?

Sul viso di Trump ora vedo solo perplessità, una specie di «Salvini chi?» e sembra davvero che Trump non abbia nessuna idea della persona di cui sto parlando. «Boh, tutto è possibile ma non ricordo» risponde incerto, e aggiunge: «Io faccio ogni settimana migliaia di foto ai comizi, con migliaia di persone. Ma lei, Alan avrebbe una foto di questo signore assieme a me?». Dico a Trump che non sono solito portare in giro con me delle foto di Matteo Salvini, no, ma ricordo che in Italia era stato riportato che lui avrebbe augurato a questo Salvini di diventare presto primo ministro in Italia. Trump scuote la testa e dice prima «No» e poi «Beh, forse ho detto “Good Luck” a questo signore, ma io faccio migliaia di foto ogni settimana».

Sposto quindi la conversazione su Vladimir Putin, che nel corso di un summit economico a San Pietroburgo giovedì ha elogiato Trump descrivendolo come «brillante» e evidenziando il suo essere pronto «a una completa ripresa dei rapporti russo-americani».
«Credo che quel che ha detto sia corretto — è la replica di Trump —. Credo che dovremmo intrattenere rapporti. Credo che andare d’accordo con la Russia sarebbe un’ottima cosa, che avrebbe ripercussioni positive in tutto il mondo». Inviterebbe Putin a Washington? «Non avrei assolutamente alcun problema a farlo, davvero nessuno». Crede che l’America e la Russia dovrebbero unire le forze per sconfiggere l’Isis? Trump annuisce. «Credo che sarebbe molto utile se ci coordinassimo per raggiungere questo obiettivo comune. Anche loro vogliono battere l’Isis. La Russia è una potenza. Credo che uno sforzo coordinato sarebbe una cosa positiva, non negativa».

Ma quando lo incalzo, chiedendogli se questo può voler dire che l’America e la Russia dovrebbero inviare delle truppe sul terreno, Trump misura le parole. «Vuol dire che, come minimo, i Paesi che si trovano in quella regione dovrebbero mettere truppe sul terreno».

Ma cosa dovrebbe fare l’America riguardo all’Isis? «Dobbiamo battere l’Isis, a maggior ragione con quel che sta succedendo ora, con quello che riescono a fare attraverso Internet, reclutando persone che, in molti casi, sono male informate, sciocche, stupide, giovani e chissà cos’altro. Così tante persone si stanno affiliando all’Isis. Usano il web meglio di noi. Il coordinamento con la Russia e con altri è un fattore positivo, non negativo».

Chiedo di nuovo se invierebbe truppe americane di terra.Trump offre nuovamente una risposta misurata. «Mi piacerebbe vedere altri inviare truppe di terra per primi, perché ne subiscono le conseguenze più di noi». Quindi questo sarebbe un no? «Piuttosto», risponde Trump, «è un “vedremo”».

Cambiando argomento, gli chiedo come si comporterebbe con la Cina nel caso in cui venisse eletto presidente. «Stringerei migliori accordi commerciali», è la sua risposta. «Stiamo perdendo miliardi e miliardi di dollari nei nostri accordi commerciali con la Cina, rinegozierei questi accordi. Questa è una delle prime cose che farei». Gli chiedo poi delle critiche che ha ricevuto per aver dichiarato la sua volontà di invitare il leader nordcoreano Kim Jong-un a Washington per un colloquio. «Parlerò con tutti», spiega l’autore de «L’arte di fare affari». Ma riuscirà ad avere una conversazione razionale con lui? «Forse, forse no. Probabilmente no. Ma sa cosa? Non si perde nulla a provare. Non c’è nulla di male nel parlare e non ci si perde nulla».

Quanto all’America, chiedo a Trump della Clinton Foundation e della controversia, alimentata da lui e da altri, sui contributi finanziari a questa versati dall’Arabia Saudita e da altri Paesi che hanno una storia ambigua di finanziamenti a gruppi terroristici. Cos’è realmente accaduto? «Se guardi ai soldi che sono stati versati, ai favori che venivano accordati da Hillary Clinton quando era segretario di Stato, i conflitti… Sono accadute molte cose terribili», mi dice. «La Clinton Foundation ha preso tanti milioni di dollari ma tanti. La signora Clinton dovrebbe restituire quei soldi, tutti i soldi che ha raccolto da questi Paesi, dovrebbero essere restituiti, per il modo in cui trattano le donne e i gay e per come alcuni di questi Paesi finanziano il terrorismo». Osservando la veemenza con cui Trump parla dell’Arabia Saudita e degli altri finanziatori della Clinton Global Initiative, appare chiaro come intenda battere su questo tasto da qui fino al voto presidenziale a novembre.

Durante tutto il corso della nostra conversazione a bordo del suo jet privato, Trump appare rilassato, a suo agio e lucido, e ad essere sincero sono rimasto piuttosto colpito (in particolare dalla facilità con cui Trump è riuscito a muoversi sulle questioni complesse che coinvolgono l’Europa). Appena poche ore dopo sarebbe già tornato nelle vesti di combattente, sul palco di un raduno a Houston, di fronte a circa 5 mila sostenitori, ad attaccare il presidente Obama e Hillary Clinton, dicendo alla folla che, se eletto presidente, sarebbe un deciso sostenitore del diritto a possedere armi.

Qual è il vero Donald Trump? Me lo sono chiesto quella sera, mentre guardavo i telegiornali locali texani. Il Trump tranquillo e rilassato sul jet o quello scalmanato del comizio in Texas? Entrambi, sembrerebbe.

Alan Friedman

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