L'ICONOCLASTA

Ma Trump non pagherà caro

Il presidente degli Stati Uniti sembra essere proprio infuriato con Rupert Murdoch. Il motivo? Il tycoon dei media si è rifiutato di censurare una notizia che lo riguarda, pubblicata venerdì dal “Wall Street Journal” di cui è proprietario. L’articolo è esploso come una bomba nel cuore della base politica di Trump, attirando l’attenzione della nazione sullo scandalo Epstein.

Il mio articolo su LaStampa

Secondo il WSJ, Ghislaine Maxwell – la factotum di Epstein che procurava ragazze minorenni agli ospiti VIP della sua villa – ha conservato una serie di lettere degli amici di Epstein. In un album di compleanno risalente al 2003, compare una lettera oscena indirizzata a Epstein che riporta il nome di Trump. Contiene alcune righe di testo dattiloscritto incorniciate dal disegno a mano libera di una donna nuda, tracciato con uno spesso pennarello nero. Due piccoli archi delineano i seni, mentre la firma del futuro presidente è un “Donald” scarabocchiato sotto la vita, a imitare la peluria pubica. La lettera si chiude con queste parole: “Buon compleanno — e possa ogni nuovo giorno essere un nuovo meraviglioso segreto.”

La reazione di Trump è stata isterica, perfino per i suoi parametri. Ha avuto il suo solito scatto d’ira sui social e ha licenziato la procuratrice di Miami che aveva indagato e fatto processare sia Ghislaine Maxwell sia Epstein. Si tratta, guarda caso, di Maurene Comey, figlia dell’ex direttore dell’FBI James Comey, licenziato da Trump nel 2017 per aver svolto indagini sui suoi legami con la Russia.

Ghislaine Maxwell, a sua volta, è figlia del controverso barone della stampa britannica Robert Maxwell, scomparso in mare in circostanze misteriose e sospettato di legami con il Mossad. Al momento Ghislaine Maxwell è detenuta e deve scontare una condanna a 20 anni nella prigione federale di Tallahassee, in Florida. Nel dicembre 2021 è stata riconosciuta colpevole di vari capi d’accusa legati alle operazioni di traffico sessuale di minorenni di Jeffrey Epstein, tra cui cospirazione per adescare minorenni da destinare a traffico sessuale. Tra i suoi reati, commessi tra il 1994 e il 2004, figurano il reclutamento, l’addestramento e il coordinamento di ragazze minorenni — alcune di soli 14 anni — per incontri sessuali con Epstein e talvolta lei stessa.

Ghislaine Maxwell ha presentato ricorso alla Corte Suprema, generalmente favorevole a Donald Trump. Ha dichiarato di possedere un elenco di ospiti VIP di Epstein che avrebbero abusato di ragazze di 13 e 14 anni. Il governo americano è in possesso di quegli elenchi, ma il ministro della Giustizia, Pam Bondi — fedelissima tirapiedi di Trump — si rifiuta di divulgarli, nonostante mesi fa avesse promesso di farlo. Adesso, invece, Trump ne smentisce addirittura l’esistenza, contraddicendo la promessa fatta in campagna elettorale di divulgare i dossier Epstein. Pochi giorni fa, ha cambiato ancora versione: sì, un elenco esiste, ma sarebbe stato redatto da Hillary Clinton e da Barack Obama. Potrebbe tranquillamente chiosare che l’ha compilato Topolino.

In linea di massima, metà America dà per scontato che Trump compaia tra i nomi di quell’elenco o che ci siano filmati in cui lo si può vedere mentre abusa di minorenni. L’altra metà dell’America non sa cosa pensare. Nessuno osa pronunciare la parola “pedofilo”.

L’articolo del “Wall Street Journal” e la tempesta politica che ne è seguita hanno indotto Trump a promettere ora la divulgazione di alcuni documenti dell’Epstein File, per esempio le testimonianze segrete davanti al Grand Jury. Poiché è un giudice indipendente a dover decidere se desecretare o meno questi documenti, è molto improbabile che accada. Quindi Trump sta prendendo tempo.

La base politica di Trump, intanto, è furibonda. Il movimento MAGA è spaccato e figure di primo piano come Steve Bannon, Tucker Carlson, Joe Rogan e persino il neonazista Nick Fuentes gli si sono rivoltate contro. Ciò dipende dal fatto che circa un terzo dei 77 milioni di americani che hanno votato Trump nel 2024 si riconosce nei Q-Anon, gli affiliati fuori di testa di una setta cospirazionista evangelica impegnata a combattere pedofili e trafficanti di esseri umani. Pretendono che Trump renda nota la lista Epstein come promesso, ma lui li ha mandati a quel paese e li ha definiti stupidi.

Vista la situazione, la presidenza Trump entra in quella che potrebbe rivelarsi una fase prolungata di scandali e indagini.

Quali saranno le probabili conseguenze di tutto questo?

Ormai a Washington è opinione diffusa che nelle elezioni di metà mandato, nel novembre 2026, i democratici riconquisteranno la maggioranza della Camera dei rappresentanti e questo permetterà loro di procedere all’impeachment di Trump. È opinione diffusa anche che il Senato resterà probabilmente in mano repubblicana, nonostante Elon Musk possa schierare candidati anti-Trump per espugnare uno o due seggi. In pratica, quindi, la presidenza Trump non rischia di cadere a causa dello scandalo Epstein.

Lo scandalo Epstein non cambierà le sorti dell’Ucraina, che forse riceverà più armi dagli alleati NATO del Nord Europa per difendersi dall’offensiva russa. Con Trump, però, non si sa mai.

Lo scandalo non influirà nemmeno sulla guerra commerciale a spizzichi e bocconi di Trump contro Europa, Canada, Giappone e altri alleati. Non fermerà il suo gioco dei “dazi pazzi”. L’economia mondiale ne risentirà in ogni caso.

Neanche la sua stretta autoritaria sulla libertà di stampa subirà l’influenza dello scandalo Epstein.

Venerdì, Trump ha ringraziato ufficialmente Paramount, la casa madre di CBS Television, per aver cancellato il leggendario The Late Show with Stephen Colbert. Lo show era al primo posto per gli ascolti, ma Paramount ha parlato di una “decisione finanziaria”. Il vero motivo dell’interruzione dello show sembra essere il fatto che Colbert, critico feroce di Trump da anni, aveva irritato il presidente disapprovando in pubblico un controverso pagamento di 16 milioni di dollari da Paramount a Trump. La somma serviva a chiudere un’assurda causa per diffamazione intentata dal presidente contro CBS. Paramount avrebbe vinto di sicuro, ma ha preferito pagare, anche perché Trump aveva minacciato di congelare una fusione da otto miliardi di dollari tra Paramount e Skydance Media. Nello show, Colbert ha definito quel pagamento a Trump una “grossa, grassa tangente”. Tre giorni dopo quel monologo, CBS ha cancellato The Late Show with Stephen Colbert.

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