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MY WAY ON THE ROAD TOUR – Il Giornale di Vicenza intervista Alan Friedman: «Berlusconi non molla, tornerà»

In occasione della prima tappa del mio tour in Italia per presentare My Way: BERLUSCONI si racconta a FRIEDMAN, il Giornale di Vicenza mi ha dedicato una lunga intervista che pubblichiamo volentieri.

9 novembre 2015 – Quattrocento pagine è il volume di una vita. Quella di Silvio Berlusconi, riassunta per tappe salienti da Alan Friedman, edizioni Rizzoli, col titolo alla Sinatra, “My way”. L’americano di Roma, 59 anni, intervista l’italiano di Milano, 79 anni, più famoso dagli anni Novanta in poi. Da domani Friedman è in tour in Italia, 25 tappe, per presentare il suo saggio, in testa alle classifiche da tre settimane. Debutta al Golf di Brendola domani (lo scorso venerdì, ndr) alle 18.30, su invito dell’Ordine commercialisti e del Gruppo Galla 1880, a colloquio col direttore del Gdv Ario Gervasutti e col pubblico. «Mi piace partire da Vicenza, un’Italia vera, quella del lavoro» è la sua captatio benevolentiae.

Friedman, molti giornalisti sognavano il libro con Berlusconi. Ha fatto arrabbiare Bruno Vespa, come insinua Dagospia?
Ho il massimo rispetto per Vespa e i giornalisti della sua generazione, ma non ho rubato proprio nulla. Tra l’altro Berlusconi e Vespa sono amici, mentre io sono un giornalista internazionale indipendente e libero che ha convinto Berlusconi a raccontarsi. Gli sono molto riconoscente del fatto che ha parlato con me per 39 giornate in un arco di 18 mesi, producendo più di 100 ore di audio e 28 ore di video, intere giornate di faccia a faccia. È stato molto generoso del suo tempo.

Come lo racconta? Il politico, l’imprenditore, l’uomo che amava le donne…

È la storia onesta e vera di un uomo che ha cambiato la storia italiana. Ma io non sono né Marco Travaglio né Emilio Fede, quindi ne faccio un ritratto imparziale, a tratti molto intimo. Berlusconi ha firmato una liberatoria importante, ogni frase del libro è documentata dalle registrazioni e ho attribuito a lui solo ciò che ha pronunciato. Non è una lunga intervista, è una ricostruzione di fasi cruciali con documenti cercati a Bruxelles, a Washington, a Roma. Un giornalismo pratico e indagativo.

C’è uno stile Berlusconi in ogni cosa che fa? Qual è il suo tratto caratteristico, anche sotto il profilo umano?
È un grande ammaliatore, un grande venditore, dotato di forte simpatia. Molti mi chiedono se ha sedotto anche me. Io credo che sarebbe in grado di vendere ghiaccio ai Poli, ha una capacità rara di ottenere quello che vuole e soprattutto non getta mai la spugna. La sua determinazione è il tratto più importante. Ed è per questo che ora è in cerca di rivincita.

Cosa c’è nel futuro di Berlusconi?

Nell’ultimo capitolo si parla dei lunedì di Arcore, vi ho partecipato, quando s’incontra con Confalonieri, i fedelissimi, i figli. Gli ho chiesto cosa vuole fare ancora: lui aveva un bloc-notes davanti ed ha cominciato a scrivere così: «Me ne andrò dopo aver vinto un’altra volta». A un altro giornalista ha risposto che non vuole fare il padre nobile del partito, e credo abbia in mente il modello del partito repubblicano statunitense: mi ha descritto un partito “grande ombrello” che unisca destra e centro moderato, da Salvini e Meloni agli altri. Se ce la farà o meno è un punto interrogativo, ma il suo desiderio è di riportare al voto chi non è più andato a votare. Non uscirà di scena finché non avrà vinto ancora.

Nella parabola del politico, qual è stato il punto più alto in 20 anni di potere?

Senza dubbio la vittoria elettorale del 2008, ancora di più di quando è sceso in politica nel 1994. Ma ci sono altri trionfi di cui va fiero e se li attribuisce: come l’Expo a Milano, sostiene che è lui ad avercela portata; e così la rete ferroviaria italiana velocizzata proprio quando governava lui.

In politica internazionale invece?

Ci sono almeno tre rivelazioni che ho approfondito nel libro. La prima è l’intrigo del 2011, quando avevo scoperto e documentato la convocazione di Mario Monti da parte di Napolitano sei mesi prima di preparare il terreno alla sostituzione di Berlusconi. Ci sono i documenti in cui l’ex ministro del Tesoro Geithner rivela come si chiese la collaborazione della Casa Bianca per far cadere il governo ma Obama non l’accordò. Berlusconi al G20 di Cannes venne interrogato dai colleghi se fosse vero che stava per dimettersi… Lui rispose assolutamente di no, non accettò l’intervento del Fondo monetario internazionale sull’Italia, disse di no alla Troika e l’Italia non si trovò nelle condizioni della Grecia.

Il secondo ruolo internazionale lo ebbe…
Con Gheddafi. Furono anni di mediazioni. Fin dal 2003 Berlusconi rivela come cercò di organizzare l’esilio di Saddam Hussein in Libia per scongiurare la guerra contro l’Iraq, lui era del tutto contrario al conflitto. Berlusconi aveva visto giusto anche su Gheddafi nel 2011, era per transizioni graduali: Sarkozy manifestò il desiderio di veder cadere subito il leader libico, Berlusconi cercò di convincere anche la Clinton a non appoggiare i francesi, la Libia non avrebbe avuto futuro e sarebbe caduta in mano ai fondamentalisti. Sarkozy invece non sentì ragioni, spinse per l’attacco aereo e il risultato è quello che abbiamo sotto gli occhi.

Un terzo aspetto?
Il ruolo di Berlusconi come mediatore internazionale tra Washington e Mosca a partire dal 2001, ci sono pagine degne di un film di James Bond. Putin ne parla benissimo, sottolinea come in tutto quello che ha fatto “Berlusconi ci ha messo anima e cuore”.

Quanto al bunga bunga?
Chiarisce la sua posizione e mi ha aperto il salotto delle famose cene: niente di speciale.

Ma errori e difetti è riuscito a trovarne?

Ci sono alcune leggi che poteva risparmiare a questo Paese, anche se lui nega siano state fatte ad personam. Non gli piace parlare di questo ma la storia è molto chiara, dice dell’altro.

Come le ha descritto la sua famiglia allargata?

A differenza di come lo si immagina, dice di avere sempre avuto una famiglia ordinata, due mogli e due matrimoni, cinque figli. I suoi problemi – dice – sono iniziati nel 2009 quando era single, dopo l’addio di Veronica e prima dell’arrivo di Francesca Pascale. In quegli anni lì lavorava sempre, gli amici gli hanno detto “fai altro, divertiti” e sono iniziati i guai.

Lei scrive: è stato strabordante in tutto.

Un uomo senza mezze misure, convinto di farcela sempre. Il lettore può decidere di crederci o no, di leggere, sia che sia a favore sia contro di lui. È una vita romanzesca di per sé, non è facile raccontare Berlusconi da italiani perché è impossibile restare neutri davanti a lui.

Berlusconi che con le sue Tv commerciali battezzò la fiction, ora diventerà lui stesso una fiction?
Ho firmato un accordo con la Leone Film Group per trarre dai materiali raccolti un documentario di 90 minuti che uscirà nel 2016. Poi toccherà a una fiction europea in 12 puntate, dove sarò co-sceneggiatore.

(intervista di Nicoletta Martelletto per Il Giornale di Vicenza)

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