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Grecia, l’ex troika mette sul piatto 15,5 mld fino a novembre in cambio del suo piano di riforme. Tsipras: «Non accettiamo ultimatum o ricatti», e annuncia: «Il 5 luglio referendum sulle proposte dei creditori». Oggi l’Eurogruppo

26 giugno 2015 – Il premier greco Alexis Tsipra annuncia un referendum sulla proposts di accordo dei creditori: «Siamo obbligati a rispondere sentendo la volontà del popolo sovrano», ha spiegato. E ancora: «Ci hanno chiesto di accettare pesi insopportabibili che avrebbero aggravato la situazione del mercato del lavoro e aumentato le tasse. Ci vogliono umiliare».

Nel pomeriggio, Tsipras aveva rifiutato senza mezzi termini l’offerta – definita «generosa» dalla cancelliera Angela Merkel – di un finanziamento da 12 miliardi fino a novembre in cambio dell’accettazione di un accordo vicino alla proposta di riforme di Bce, Commissione e Fmi. In più, secondo quanto riportato dall’agenzia AFP, altri 3,5 miliardi sarebbero stati aggiunti dal Fondo monetario internazionale.

«La Grecia rifiuta ultimatum e ricatti», ha tuonato il premier greco. Una risposta dura, che fa eco al commento già espresso dal suo ministro delle Finanze, Yanis Varoufakis, che si è dichiarato contrario a firmare un accordo «non praticabile».

Le trattative continuano senza sosta da mercoledì pomeriggio, quando il premier greco Alexis Tsipras è arrivato a Bruxelles per incontrare i tre numeri uno delle istituzioni creditizie: il presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker, il presidente della Bce Mario Draghi e la presidente dell’Fmi Christine Lagarde. Nulla di fatto nell’incontro tra i leader e, di conseguenza, nulla di fatto all’Eurogruppo convocato in serata, interrottosi dopo un’ora per mancanza di punti comuni. Nemmeno la maratona notturna tra Tsipras, Juncker, Draghi e Lagarde ha prodotto risultati. E poi, il negoziato tecnico iniziato giovedì all’alba, anche questo fallimentare. Né si è raggiunta un’intesa nel nuovo incontro in mattinata tra il premier greco e i presidenti di Bce, Fmi e Commissione Ue.

L’ultima speranza è il vertice dei ministri delle Finanze Ue convocato per sabato. «Deve accadere domani altrimenti non c’è più tempo. Serve è un pacchetto di riforme che rimetta in piedi la Grecia, ma richiede un’azione più forte fronte delle riforme e su quello dei costi», ha avvertito il presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem, che mostra di aver perso definitivamente la pazienza nei confronti dell’esecutivo targato Syriza: L’intera società greca è a pezzi da qualche tempo. Basti pensare all’autorità fiscale, che non funziona più, agli investitori esteri che lasciano il paese, la gente – è l’affondo di Dijsselbloem – non ha più fiducia nel governo».

«C’è una grande differenza tra le posizioni. Non abbiamo fatto progressi». Passi indietro invece che in avanti, aveva lamentato il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble, al termine del fallimentare Eurogruppo di mercoledì. «Non siamo molto ottimisti», ha aggiunto. «Non ci sono ancora abbastanza progressi», aveva spiegato il presidente Jeroen Dijsselbloem.

La questione greca non è stata negoziata al vertice dei capi di Stato e di governo dell’Ue di giovedì sera. «Il Consiglio non s’immischierà, spetta all’Eurogruppo decidere», aveva avvertito Angela Merkel. La cancelliera ha poi aggiunto: «Per il momento» Atene «su alcuni punti ha fatto piccoli passi indietro».

Il governo greco, spiega una fonte vicina a Tsipras, «resta fermo sulle sue posizioni». «L’esecutivo ellenico – ha commentato una fonte – ha fatto sforzi enormi e dolorosi per arrivare ad un accordo fattibile, ora la palla è nel campo delle istituzioni».

I creditori, in particolare il Fondo monetario internazionale, trovano le proposte greche troppo incentrate su un aumento della tassazione sul lavoro e spingono per maggiori tagli alla spesa sociale allo scopo di rendere il sistema più sostenibile sul lungo periodo. «Non puoi costruire un programma soltanto sulla promessa di un miglioramento delle entrate fiscali, come abbiamo sentito negli ultimi cinque anni con risultati molto modesti», ha dichiarato mercoledì Lagarde al magazine francese Challenges.

In un documento pubblicato mercoledì dal Financial Times, che mostra la bozza greca con le relative correzioni dei creditori, è chiaro come l’oggetto del contendere siano principalmente le pensioni. In particolare, al posto di un aumento graduale dell’età pensionabile fino ad arrivare a 67 anni nel 2025 come proposto da Atene (in una delle prime bozze Atene proponeva il 2036), i creditori vorrebbero l’innalzamento già per il 2022.

Trovato un accordo, invece, sia sull’iva al 6% per i medicinali e per i libri, sia sull’iva al 13% sull’energia elettrica (inizialmente i creditori chiedevano che venisse inserita nell’aliquota più alta, al 23%). Tsipras avrebbe invece ceduto sull’iva speciale per le isole turistiche, che nel piano viene abolita come su domanda dei creditori. Una disfatta per i Greci indipendenti, alleati di governo di Syriza, per i quali il mantenimento di questa eccezione rappresenta un punto importante. Tsipras potrebbe perdere così il loro sostegno quando si tratterà di votare un eventuale accordo.

E ancora: per evitare una recessione ancora più profonda, i creditori vorrebbero limitare l’aumento delle imposte sulle società, suggerendo invece nuove tagli di budget, come l’abolizione di alcuni sussidi e una maggiore riduzione della spesa militare.

Il problema principale tra le parti, tuttavia, sembra essere la mancanza di fiducia reciproca: i creditori non credono che Atene sarà in grado di garantire i risultati che promette.

«Il rigetto continuo di misure equivalenti da parte di alcune istituzioni non si era mai visto prima, né in Irlanda, né in Portogallo», aveva scritto su twitter il primo ministro greco Alexis Tsipras prima di arrivare a Bruxelles. Poi un secondo tweet: «Questo strano atteggiamento potrebbe voler dire due cose: o non vogliono un accordo, o sono al servizio di specifici gruppi d’interesse in Grecia».

Sabato, quando si terrà un nuovo Eurogruppo, si tenterà, probabilmente per l’ultima volta, di trovare un accordo tecnico per sbloccare i 7,2 miliardi di cui Atene ha disperatamente bisogno per non andare in bancarotta a fine mese – quando dovrà rimborsare 1,6 miliardi all’Fmi.

Il tempo è pochissimo: martedì prossimo scade la proroga decisa a febbraio del secondo programma di aiuti e, senza un’intesa entro la fine della settimana, i parlamenti europei non avranno il tempo di approvare l’accordo entro quella data.

Inoltre, Tsipras si trova in difficoltà anche sul fronte interno. il suo partito, la formazione di estrema sinistra Syriza, non approva la proposta di compromesso inviata dal governo ellenico ai creditori: troppi aumenti di tasse, lamentano i frondisti («Questo programma così come ci è stato presentato è difficile che passi», ha dichiarato il deputato di Syriza Alexis Mitropoulos). Un problema non da poco, che potrebbe impedire a Tsipras di far passare in parlamento un eventuale accordo. Il primo ministro greco, riportano diverse fonti europee, vorrebbe delle concessioni su un alleggerimento del debito che potrebbero aiutarlo a ottenere la maggioranza quando si tratterà di votare a casa le nuove misure. Un compromesso che non trova il favore dei partner europei, che prima di parlare di ristrutturazione del debito ellenico vogliono vedere realizzate le riforme promesse da Atene.

«Ci sono due o tre questioni molto specifiche, tre sulle cinquanta su cui abbiamo già raggiunto un’intesa», aveva spiegato ieri mattina il ministro greco dell’Economia George Stathakis alla televisione ellenica Mega. Tra queste, aveva spiegato Stathakis, figurano l’alleggerimento sul debito e la fine dell’esenzione dell’iva nelle isole greche, richiesta dai creditori.

Sull’impasse ellenica è intervenuto mercoledì anche il presidente del Consiglio Matteo Renzi: «Il Consiglio europeo di domani si svolge a qualche ora di distanza da un summit straordinario sulla crisi greca. È presumibile che il tema di maggiore impatto, accanto a quello dell’immigrazione, sarà quello del rapporto della permanenza della Grecia nella zona euro», ha dichiarato corso di un’informativa all’aula del Senato sul Consiglio europeo di giovedì e venerdì. «I greci – ha avvisato Renzi – devono sapere, e glielo diciamo con l’affetto degli amici, che esiste una forte pressione da parte dell’opinione pubblica per utilizzare questa finestra che si apre per chiudere i conti con la Grecia ed eliminare una volta per tutte la questione greca dall’Europa, in particolare da parte dei paesi entrati dopo e che vedono la necessità di dare risposte». E ancora: «Esiste anche una larga parte di dirigenti in Ue che faranno di tutto per aiutarla perché c’è un obbligo storico e morale, ma anche nel caso del governo greco lo sforzo deve essere reciproco».

Poi mette in guardia l’Eurogruppo. Secondo Renzi, deve esserci «una forte consapevolezza dei rischi ove l’accordo non si realizzasse».

Luna De Bartolo

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