L'ICONOCLASTA

DEF – Pil 2019 allo 0,2%, impatto quasi nullo di Quota 100 e Reddito di cittadinanza, sale il debito, solo promesse sulla flat tax. Bagno di realismo per il governo Lega-M5S

9 aprile 2019 – Dopo un lungo vertice tra il ministro delle Finanze Giovanni Tria, il premier Giuseppe Conte e i due vice Matteo Salvini e Luigi Di Maio, il Consiglio dei ministri, durato circa mezz’ora, ha approvato il Documento di economia e finanza. . Rompendo con la tradizione, il Def appena approvato non è stato presentato in sala stampa.

Una nota della presidenza del Consiglio afferma: «Confermati i programmi di governo: nessuna nuova tassa e nessuna manovra correttiva. Sono i punti principali del Def approvato oggi in Consiglio dei ministri che fissa la crescita per il 2019 allo 0,2%. Il documento conferma i programmi di governo della legge di bilancio e il rispetto degli obiettivi fissati dalla commissione europea».

Secondo quanto riportato nella bozza fatta circolare tra i giornalisti (prima, ovviamente, del passaggio in Cdm), il governo stima che il Pil crescerà nel 2019 dello 0,2% (un impatto positivo dello 0,1%, sostiene il governo, arriverà dai decreti sblocca cantieri e crescita, altrimenti il Pil si sarebbe fermato allo 0,1%), e dello 0,7% nel triennio 2020-2022; il deficit al 2,4%; mentre il debito è previsto salire al 132,7% (in rialzo dal 132,2% del 2018, aggiornato martedì dalla Banca d’Italia) nonostante siano state inserite nel conteggio delle dismissioni di patrimonio pubblico pari a 15 miliardi, ancora da realizzare. L’esecutivo stima poi che il tasso di disoccupazione resti invariato, rispetto al quadro tendenziale, all’11% quest’anno, all’11,2% il prossimo e dovrebbe scendere al 10,9% nel 2021. Per quanto riguarda invece il rapporto deficit/Pil, è stato rivisto al rialzo, al 2,4% del Pil rispetto al 2,04% previsto a dicembre, dopo un lungo braccio di ferro con la Commissione (il governo lo aveva fissato al 2,4% già allora, rischiando di trovarsi oggi pericolosamente vicino alla fatidica soglia del 3%), mentre scenderà di nuovo al 2,1% nel 2020 e all’1,8% nel 2021. Il deficit strutturale invece partirebbe dall’1,6% nel 2019 (era previsto all’1,3% a dicembre) per poi arrivare allo 0,8% nel 2022.

Quota 100, emerge dalle tabelle di accompagnamento che compaiono nella bozza di Def, avrà effetti nulli sulla crescita e pressoché inesistenti sui consumi. L’anticipo pensionistico sostenuto dalla Lega avrà un impatto sul Pil nullo nel 2019; dello 0,1% nel 2020 e 2021, per poi tornare a impatto nullo nel 2022. Sul fronte dei consumi, l’impatto è ancora da prefisso telefonico: 0,1% quest’anno, 0,2% nel 2020-2021; e nessun effetto nel 2022. Quanto all’occupazione, nel 2019 l’incidenza è negativo nel 2019 (-0,3%) e nel 2020 (-0,2%); per poi diventare leggermente positivo nel 2021 e 2022 (0,1%).

Quanto al reddito di cittadinanza, l’incidenza sul Pil sarà dello 0,2% nel 2019 e 2020; dello 0,1% nel 2021 e dello 0% nel 2022. Sul versante dei consumi, invece si stima un effetto positivo dello 0,5% quest’anno, poi 0,2% nel 2020, e 0,1% nel 2021 e 2022. La misura bandiera dei Cinque Stelle impatterà l’occupazione, secondo le previsioni del governo, dello 0,1% quest’anno per poi salire allo 0,2% nel 2020 e allo 0,4% nel 2021 e 2022.

Per quanto riguarda la flat tax, di cui si è tanto parlato nelle ultime ore, al momento troverebbe spazio solo nella bozza del Pnr, rinviata a un futuro indefinito: «Il sentiero di riforma per i prossimi anni – è scritto nella bozza – prevede la graduale estensione del regime d’imposta sulle persone fisiche a due aliquote del 15% e 20%, a partire dai redditi più bassi, al contempo riformando le deduzioni e detrazioni». L’obiettivo del Governo, si sottolinea nel Pnr, «è di ridurre la pressione fiscale su famiglie e imprese e di snellire gli adempimenti relativi al pagamento delle imposte. Il concetto chiave è la “flat tax”, ossia la graduale introduzione di aliquote d’imposta fisse, con un sistema di deduzioni e detrazioni che preservi la progressività del prelievo».

Spazio nella bozza per il salario minimo, ma solo come una misura che «potrebbe» essere «oggetto di valutazione». Una proposta governativa è attualmente in discussione al Senato, secondo la quale il salario minimo dovrà essere «non inferiore a quanto previsto dal contratto collettivo nazionale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro, e comunque non inferiore a 9 euro lordi l’ora».

L’ITER DEL DEF – Entro il 10 aprile, come ogni anno, l’esecutivo è chiamato a presentare in Parlamento il Def, il documento programmatico nel quale vengono esposte le principali variabili macroeconomiche del Paese (Pil, debito, deficit, disoccupazione, etc.), aggiornate le previsioni, ed esposti gli interventi necessari per raggiungere gli obiettivi economici e di finanza pubblica di medio termine del governo. Un documento estremamente importante, che è alla base della legge finanziaria e condizionerà le politiche economiche dell’Italia fino al 2022.

Dopo che entrambe le Camere avranno approvato i contenuti del Def, questo sarà inviato, entro il 30 aprile, alle autorità europee (Consiglio Europeo e Commissione Europea), affinché facciano la loro valutazione.

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