L'ICONOCLASTA

Due donne progressiste sul cammino dell’Italia sovranista

Che cosa vogliono dire, per l’Italia, l’elezione di Ursula von der Leyen a presidente della Commissione e la nomina di Christine Lagarde a capo della BCE? Il mio editoriale, pubblicato venerdì su La Stampa.

L’elezione di Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione e l’arrivo di Christine Lagarde alla Bce rappresentano un traguardo importante, una vera svolta progressista per l’Unione europea: per la prima volta nella storia del Vecchio continente ci sono due donne a occupare i posti di comando.

Quale tipo di rapporti potrà sperare di intrattenere l’Italia con queste due personalità? Ci si può forse aspettare che Von der Leyen o Lagarde guarderanno più favorevolmente alle politiche economiche del Belpaese dei loro predecessori?

Su temi svariati – dalla gestione dei conti pubblici alle politiche sui migranti – come saranno i rapporti tra il governo bicefalo e Bruxelles?

Entrambe moderate di centrodestra, possono contare su una vasta esperienza di governo in ruoli apicali nei loro rispettivi Paesi. La tedesca Von der Leyen è stata a lungo considerata una delle principali candidate a succedere ad Angela Merkel nella Cdu: ministra in tutti i suoi governi fin dal 2005, negli ultimi dieci anni ha guidato il dicastero della Difesa. Però, in patria, è molto impopolare. La sua biografia è spiccatamente europea. Figlia di un alto funzionario dell’allora Ceca, ha trascorso gran parte della sua infanzia a Bruxelles. Poliglotta e madre di sette figli, ha lavorato come medico prima di darsi alla politica. Per molti aspetti è la tipica democristiana tedesca. Tradizionalmente atlantista, supporta con vigore il progetto di una vera difesa europea comune in chiave antirussa. Nel campo dei diritti sociali è una progressista, e molto si è spesa per salvaguardare i diritti delle donne e della comunità Lgbtq all’interno dell’esercito.

Christine Lagarde è una statista sofisticata e un’autentica femminista. Dal 2007 è stata ministra delle Finanze sotto la presidenza di Nicolas Sarkozy, di cui era una fedelissima, per poi prendere, nel 2011, le redini del Fondo monetario internazionale. I suoi detrattori la considerano una rappresentante dell’élite liberal-chic.

Entrambe, alla fine, ricopriranno verosimilmente il ruolo di guardiane dell’ortodossia liberale occidentale e dell’unità europea, acerrime nemiche dell’estrema destra, del razzismo e del sovranismo.

Che contrasto, con la squadra di Salvini a Roma! Nel governo gialloverde c’è chi continua a proporre una valuta parallela, mentre il neonominato ministro degli Affari europei è famoso per essere un misogino e un omofobo, l’uomo che ha dato il benvenuto a Verona a una schiera di militanti di estrema destra antigay e antiabortisti accorsi da tutto il mondo. Quale terreno comune potranno mai trovare Von der Leyen o Christine Lagarde con personaggi del genere? Dopo tutto, l’elezione in Parlamento della nuova presidente della Commissione è passata attraverso l’isolamento della destra sovranista, e Von der Leyen ha persino rifiutato di incontrare la Lega prima del voto.

Certo, il suo ruolo le impone ora di ricercare un consenso politico all’interno di tutti i Paesi dell’Unione. Ma si tratta di capire se il nuovo esecutivo europeo, quando si tratterà di affrontare questioni relative ai conti pubblici italiani o al suo gigantesco debito, sarà così differente dalla squadra che l’ha preceduto.

Personalmente, credo che la prossima Commissione sarà a favore di maggiori investimenti pubblici per stimolare la crescita, ma solo se dall’altra parte troverà un governo che si comporterà responsabilmente e perseguirà politiche autenticamente a favore dello sviluppo e se presta attenzione alla questione del debito. Il fatto che il M5S abbia votato a favore della Von der Leyen, e spera in un reddito minimo europeo, è tutto sommato marginale: non cambierà il modo in cui l’Ue si relazionerà al Mef italiano.

Daniel Gros, direttore dello European policy centre di Bruxelles, crede che le cose continueranno più o meno come prima per l’Italia. «Per quanto riguarda le politiche economiche, non credo che il nuovo esecutivo europeo rappresenti un grande cambiamento». «La Commissione uscente – afferma – è stata estremamente accomodante nei confronti dell’Italia, e tutto fa credere che l’Italia sia pronta a conformarsi alle richieste di budget. Mi aspetto che quest’autunno faranno una mini flat-tax e qualche operazione cosmetica, un po’ di fumo negli occhi, ma nessun cambiamento reale».

Una visione cinica, quella del mio amico Gros. Cosa significherà per l’Italia – gli domando – il fatto che i due più importanti ruoli europei siano in mano a due icone progressiste, due donne di peso e di statura internazionale? La sua risposta mi lascia senza parole: «Possiamo aspettarci che la prossima volta che Salvini dirà qualcosa contro le donne, Von der Leyen e Lagarde diranno che non è compatibile con i valori europei, e questo porterà a Salvini ancora più voti in Italia». Probabilmente ha ragione, ma questo ci allontanerebbe ancora di più dall’Europa.

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