L'ICONOCLASTA

Alan Friedman: “Fake news e mezze verità, così la disinformazione sopprime i fatti”

La società occidentale è sempre più esposta a una continua propaganda populista

Il mio editoriale pubblicato oggi su La Stampa

L’articolo sarà letto dall’autore stasera 27 luglio a Livigno, alla Milanesiana di Elisabetta Sgarbi.

Una prospettiva completa, o tutto il resto è desolazione». È questa la massima con cui si apre Daniel Martin, il romanzo introspettivo e semi autobiografico pubblicato nel 1977 da John Fowles.

«Una prospettiva completa, o tutto il resto è desolazione». Desolazione, sì, perché con una prospettiva solo parziale non possiamo comprendere il contesto né del nostro universo né della nostra società. Senza una prospettiva completa siamo afflitti da una distorsione automatica e spesso miope della realtà, della fattualità. La nostra capacità di percepire quella che un tempo veniva chiamata realtà è pesantemente limitata. È come essere ciechi, in pratica.

Il raggiungimento della “prospettiva completa”, nel romanzo di John Fowles, era incentrato sulla ricerca e sulla realizzazione di un quadro esistenziale. Sulla possibilità di recuperare ciò che era stato omesso, per caso o per un preciso disegno. Per omissione o per azione.

Oggi, più che in qualsiasi altro periodo della storia recente, c’è bisogno di vedere con chiarezza, di parlare di un’informazione che sia basata su fatti documentati, e poi di comunicare con la più nuda trasparenza che il linguaggio possa garantirci. Oggi, nell’età dell’intelligenza artificiale e delle proxy-realtà alternative come il Metaverso, il peccato di omissione è mortale, tanto quanto l’intenzione volontaria di disinformare, diffondere fake news e mezze verità, o post verità, o propaganda.

Maturare la “prospettiva completa” è di importanza critica, oggi che buona parte della società occidentale è sotto attacco, esposta al fuoco di sbarramento di una deliberata propaganda populista, tra teorie del complotto, esplosioni di vera e propria follia e talvolta un ritorno di mentalità che possono essere definite quasi medievali. E fin qui parliamo più di opere che di omissioni. È il peccato di non limitarsi a non sapere o ignorare, ma invece di spingersi a sopprimere, distorcere, mascherare i fatti, fino a smarrire i valori più fondamentali su cui è stata costruita la nostra civiltà, almeno nelle democrazie occidentali.

Viviamo oggi in una fase epocale di guerra, demagogia, populismo ed estremismo, persino di negazione della scienza stessa da parte di una fetta consistente della società. Un momento che vede la degradazione degli standard morali e istituzionali più rinomati e stabili, quelli che hanno caratterizzato la democrazia liberale di stampo occidentale negli ultimi 75 anni. Sotto certi aspetti sembriamo instradati verso un ritorno al futuro: dritti dritti agli anni Trenta della Germania, dell’Italia.

Com’è successo? Com’è possibile che solo una minoranza relativamente esigua in seno alle società occidentali, in particolar modo negli Usa e in Italia, sia sufficientemente istruita e goda di privilegi sufficienti da avere una prospettiva completa del mondo in cui viviamo? Perché un terzo dell’elettorato americano – diciamo una cinquantina di milioni sui 150 che hanno votato alle elezioni del 2020 – non si fa scrupoli ad abbracciare le teorie del complotto di QAnon o la retorica razzista e nativista di Trump e dei suoi lacché, che ormai rappresentano la maggioranza del partito repubblicano del mio Paese? Di solito sono no-mask e no-vax. E sono anche grandi fan di Orbán e Putin.

A causa dell’omissione di fatti e informazioni chiave, a causa della diffusione di notizie adulterate, questa gente accoglie con favore la decisione della Corte suprema di rimuovere i diritti civili del 50 per cento della popolazione – ovvero il diritto di una donna di decidere da sola cosa fare del proprio corpo.

Questa stessa gente, una parte influente e attiva del corpo politico americano, spera adesso che la Corte si adoperi per rendere illegale il matrimonio gay e la contraccezione. Questa sostanziosa minoranza della popolazione statunitense crede che l’insurrezione del 6 gennaio non sia stata davvero un’insurrezione, e che in realtà non ci fosse proprio nulla di sbagliato in quei disordini; crede che Trump dovrebbe ancora essere presidente, che non sia un problema se poliziotti bianchi sparano a teenager neri disarmati, che dovrebbe essere ancora più facile acquistare fucili d’assalto, e che tutti quei sudici immigrati vengono spediti in America a ondate, una dopo l’altra, di continuo, perché fa tutto parte di una sinistra cospirazione per la sostituzione etnica dei bianchi cristiani con gente di colore. È un utilizzo cruciale delle politiche identitarie e della strategia delle guerre culturali da parte dei suprematisti bianchi e di Steve Bannon, per esempio.

L’omissione di informazioni, naturalmente, non porta solo all’incapacità di inquadrare un’argomentazione basata sui fatti, ma mina le fondamenta stesse di un dibattito intelligente su un qualsiasi argomento. Nel giornalismo, nei quotidiani, nei siti web, sui social o nei talk show televisivi, la credula accettazione di un’informazione parziale e faziosa comporta la perdita della prospettiva completa. O, come accade spesso, la deliberata falsificazione o distorsione dell’informazione.

E insomma eccoci qui: siamo arrivati alla terza decade del ventunesimo secolo in un mondo in cui si ha spesso l’impressione che nulla più abbia importanza. Abbiamo perso la capacità di restare scioccati. Obnubilati dall’ininterrotta sequenza di violenza in tempo reale e di malattia che si è diffusa nel mondo intero. In questo contesto globale Vladimir Putin ricorda il cattivo di un film di James Bond, intenzionato a tenere il mondo intero sotto scacco, prigioniero del suo ego e delle sue insicurezze. Purtroppo Putin è molto più pericoloso di qualsiasi supermalvagio che abbia mai impreziosito la saga di 007. E non sto parlando delle armi nucleari. I contributi finanziari che con grande efficacia Putin ha garantito a vari partiti di estrema destra in tutta Europa; le spese che ha sostenuto per riempire i social di news, pubblicità e bot fake; la sua decennale guerra cibernetica; l’interferenza costante che prosegue ancora oggi e che la Commissione europea ha smascherato; la campagna di disinformazione; gli sforzi documentabili e documentati per utilizzare fattorie di troll a San Pietroburgo per polarizzare gli elettori americani e incitare alla violenza: tutto ha contribuito all’attuale stato di confusione e sovraccarico di informazioni.

Noi americani siamo arrivati a un punto della nostra breve storia in cui l’omissione di informazioni, di fatti e di qualsiasi nozione di storia hanno creato decine di milioni di fanatici, pericolosamente antidemocratici e neofascisti all’interno del partito repubblicano. Ormai dominano il partito. I pazzi hanno preso il controllo del manicomio.

Nel frattempo a Berlino ci si deve chiedere: un’omissione fatale di portata storica può essere frutto di seduzione? È questa la domanda che gli storici del futuro dovranno porsi quando si accingeranno a rivalutare l’era di Angela Merkel e le sue conversazioni con Vladimir Putin. Merkel ha omesso qualsiasi considerazione relativa ai rischi insiti nel bloccare fisicamente buona parte della dipendenza energetica nazionale in un gasdotto con la Russia. È stata sedotta o manipolata da Putin, con le sue lusinghe e il suo raffinato tedesco? Come ha potuto la cancelliera sbagliare così clamorosamente i calcoli? E come ha potuto l’Europa intera omettere dalle proprie riflessioni la terribile realtà che la fissava dritto negli occhi da Mosca?

E che dire dell’Italia? Gli ultimi eventi hanno dimostrato che molti dei leader di partito hanno omesso qualsiasi preoccupazione relativa agli interessi nazionali nelle loro pensose ponderazioni e nella decisione di accoltellare alla schiena lo statista più illustre che l’Italia abbia avuto dai tempi di De Gasperi.

Conte, Salvini, Berlusconi. La storia li ricorderà come i tre che hanno fatto cadere Mario Draghi, mettendo l’ego al di sopra degli interessi nazionali, per risentimento o per gelosia, per paura o per insicurezza, o per un desiderio ostinato e vendicativo di riscattarsi. Nel caso di uno dei tre, per ritrovarsi senatore in quel Senato che una volta l’ha espulso, se non addirittura il presidente, la seconda carica dello Stato – sarebbe un bel tocco nella trama di quel glorioso film che narra la storia della sua vita e scorre in loop all’interno della mente di quell’uomo.

Prospettiva completa; o il resto è desolazione. Temo che l’Italia sia giunta a un bivio, al momento della verità per molti cittadini. Vogliono che a guidarli siano coloro che urlano più forte, che promettono di dare mille euro a ogni pensionato, di stracciare le cartelle esattoriali di chi ha difficoltà col Fisco, di cancellare la legge Fornero e tenere Quota 100 forever?

Se il 40 percento dell’elettorato non vota non è certo perché non è intelligente. Il vero motivo dev’essere che si tratta di persone ciniche, rassegnate, disgustate. Persone, inoltre, a cui mancano gli strumenti per capire la politica, che a loro non interessa proprio. Se il restante 60 per cento che è chiamato alle urne il 25 settembre riuscirà a ottenere una prospettiva più ampia della realtà concreta della loro nazione, forse una maggioranza di italiani non voterà per una visione oscurantista e reazionaria.

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