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Casa Bianca, la scommessa di Bloomberg inizia nel super-martedì

Mike Bloomberg sta per fare il suo debutto alle primarie democratiche. Ne vedremo delle belle. Il mio editoriale, pubblicato su La Stampa.

Nell’estate del 2018, chiesi a Mike Bloomberg se stesse pensando di candidarsi alla presidenza. Lui sorrise, e diede una risposta interessante: «Ci ho pensato, ma non credo che lo farò. Agli occhi di alcuni democratici potrei risultare troppo repubblicano, troppo pro-business. E, allo stesso tempo, credo di essere troppo pro-choice, troppo a favore di un maggior controllo sulle armi, troppo vicino alle istanze di chi si preoccupa del cambiamento climatico, ovvero, troppo progressista per piacere ai repubblicani. Aspetto di vedere se ci sarà un candidato, moderato e credibile, in grado di competere con Trump. Deciderò in base a questo».

Oggi sappiamo come Bloomberg non creda che l’ex vicepresidente Joe Biden – a lungo considerato il favorito democratico – sia l’uomo capace di battere Trump. Ed evidentemente è convinto che nemmeno Pete Buttigieg, il primo candidato gay (dichiarato) alla presidenza, o la senatrice moderata del Minnesota, Amy Klobuchar, siano le figure ideali. Ma, soprattutto, non vuole che Bernie Sanders conduca i democratici a una disfatta a novembre. Così, ha messo da parte le iniziali esitazioni e ha deciso di provare a rastrellare i voti dei moderati, mostratisi freddi nei confronti Biden, per ottenere una clamorosa vittoria nel Super Tuesday.

Bloomberg sta conducendo una campagna anticonvenzionale, senza precedenti: ha saltato a piè pari i caucus in Iowa e le primarie nel New Hampshire, aspettando sulla riva del fiume il passaggio dei suoi competitor, Biden in primis. Una strategia molto rischiosa e costosa, ma che potrebbe funzionare. L’ex sindaco di New York intende giocarsi tutto al Super Tuesday del 3 marzo, presentandosi per la prima volta in quindici Stati contemporaneamente, tra i quali ne figurano di grandi, come la California, il Massachusetts, il Colorado, la North Carolina, la Virginia e il Texas.

Il Super Tuesday per Mike Bloomberg è imprescindibile. Ha puntato tutto su un unico giorno di primarie. Se vuole ottenere la nomination, deve stravincere o almeno arrivare secondo. La posta in gioco è altissima, e il fatto che il miliardario stia finanziando da sé la propria campagna la rende ancora più elevata. Ma proprio questa circostanza – è la nona persona più ricca al mondo, con un patrimonio personale che supera i 60 miliardi di dollari – gli dà una notevole libertà. Fin dall’inizio, ha optato per una strategia che potrebbe essere considerata decisamente controintuitiva, o innovativa, dipende dai punti di vista: inondare l’etere di pubblicità in suo favore, ingaggiare alcuni dei migliori creatori di contenuti virali per il web, chiedendo loro di focalizzarsi in particolare su Instagram, e riporre tutte le speranze in una grande vittoria al Super Tuesday, dove è in ballo un terzo di tutti i delegati necessari per portare a casa la nomina democratica. La spesa, di cui quasi la metà impiegata in spot televisivi negli Stati del Super Tuesday, ha già superato i 400 milioni di dollari.

Bloomberg ha affermato di essere disposto a spendere un miliardo di dollari, o persino di più, per sconfiggere Donald Trump. Anche se non sarà lui il candidato democratico. È interessante notare come, fatta eccezione per Sanders, Bloomberg non abbia mai attaccato gli altri partecipanti alle primarie; il suo messaggio si concentra piuttosto sui pericoli per la democrazia, tali da metterne a rischio la stessa esistenza, in caso di una rielezione dell’attuale presidente. No, Bloomberg non è uno che ci va piano con le parole.

Ciò che è veramente notevole, infatti, è la ferocia con la quale Bloomberg sta attaccando Trump, forse come solo un altro newyorkese è in grado di fare. Conosce la vanità di Trump, i suoi punti deboli, i suoi segreti più oscuri. Dopotutto, lo incrocia nei circoli newyorkesi da decenni. Sa bene come irritarlo, come fargli perdere la testa. E questo rende il presidente molto nervoso. Quando Trump ha iniziato a chiamarlo “Mini Mike”, riducendo di proposito la sua altezza per farlo sembrare un nano, e mettendo in giro la voce che per i futuri dibattiti democratici a cui prenderà parte abbia fatto richiesta di una scatola su cui salire per arrivare al microfono, non se l’è fatto ripetere due volte. Ha fatto leggere alla sua portavoce un comunicato nel quale descrive il presidente come un «bugiardo patologico che mente su qualsiasi cosa: i suoi capelli finti, la sua obesità e la sua abbronzatura spray». L’ex sindaco di New York sa bene come The Donald tenda a ingigantire il suo patrimonio. E sa dove colpirlo per fargli male. Quando gli è stato chiesto se consideri appropriato il fatto che due miliardari siano in lizza per la Casa Bianca, ha risposto: «Due miliardari? Chi è il secondo?».

Più recentemente, Bloomberg ha mostrato di non avere remore nell’usare l’arma più potente nei confronti di Trump, l’unica cosa che non questi non è in grado di sostenere: il ridicolo. La scorsa settimana, il presidente ha twittato: «Mini Mike è 1,62 metri (in realtà è più alto di oltre dieci centimetri, N.d.R.) di energia morta che non ha il coraggio di salire sul palco per sfidare questi politici di professione. Nessuna scatola, per favore. Odia Bernie il Matto e, spendendo il denaro necessario, potrebbe fermarlo. I fan di Bernie impazziranno». Bloomberg ha ribattuto: «Conosciamo le stesse persone a New York. Ridono alle tue spalle e ti chiamano “il pagliaccio che abbaia”. Sanno che hai ereditato una fortuna ma che l’hai sperperata in affari stupidi e dando prova di incompetenza. Ho una storia e le risorse per batterti. E lo farò».

Forse un newyorkese è davvero quel che serve per battere un newyorkese. Il presidente sarebbe entusiasta di avere “il socialista” Bernie Sanders come rivale. Bloomberg sembrerebbe invece il candidato che Trump teme di più. Gli ultimi sondaggi mostrano come l’ex sindaco di New York stia guadagnando terreno tra i democratici; la più recente rilevazione di Quinnipiac lo vede al 15% su base nazionale, al terzo posto; in testa, con il 25% di preferenze dichiarate, il democratico di sinistra Bernie Sanders, mentre Biden è sceso al 17%. In Florida sarebbe addirittura in cima ai sondaggi. E ricordiamo che Bloomberg non ha ancora partecipato a nessuna delle primarie: si tratta di un risultato che si basa unicamente sulla sua strategia mediatica, sulla potente operazione di branding in atto, sulla sua infinita possibilità di spendere soldi in contenuti di alta qualità per la TV e per i social media.

Affermare oggi che Bloomberg sconfiggerà Trump a novembre, sarebbe un vero azzardo. È prematuro pensarlo. Ma l’ex-sindaco di New York potrebbe rivelarsi l’avversario più potente del presidente. Mike Bloomberg potrebbe sorprendere tutti.

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