L'ICONOCLASTA

Chi paga i costi di questa crisi

Quale sarà l’impatto sull’economia italiana della guerra in Ucraina? Possiamo aspettarci una serie di previsioni nelle prossime settimane, e tutte mostreranno delle riduzioni delle precedenti stime della crescita globale, europea e italiana.

Il mio editoriale pubblicato su La Stampa

I rischi sono tutti al ribasso a causa degli effetti sull’economia reale derivanti dall’aggressione della Russia. L’impennata dei prezzi dei generi alimentari e dell’energia, l’impatto negativo delle sanzioni sugli esportatori italiani e i danni causati a intere filiere di settori industriali sono un cattivo auspicio per l’economia. Questo perché simili problemi potrebbero perdurare per diversi mesi, anche se la fine della guerra porterebbe senza dubbio al ribasso dei prezzi.

Per Carlo Bonomi, presidente di Confindustria, gli effetti dell’invasione di Putin saranno «devastanti» e «durissimi» per gli imprenditori italiani. Secondo lui l’incertezza e il nervosismo causati dalle tensioni geopolitiche significano che gli investimenti del settore privato stanno rallentando, dopo aver goduto lo scorso anno di un solido aumento del 15%. E la sua più grande preoccupazione è per quelle aziende che hanno dovuto chiudere i battenti a causa di costi energetici impossibili. «Già la settimana scorsa hanno sospeso le produzioni le acciaierie, la ceramica e le cartiere. L’effetto sarà molto serio, e soffriremo le conseguenze per un lungo periodo», lamenta Bonomi. Ieri Ocse e Bce hanno avvertito dell’impatto negativo della guerra sulla congiuntura e dei rischi di un’elevata inflazione. Dopo l’avvertimento di Paolo Gentiloni della scorsa settimana sul fatto che le previsioni prebelliche di una crescita del 4% nell’eurozona «non siano più realistiche», ora l’Ocse dice che la crisi ucraina potrebbe intaccare più di un punto percentuale della crescita globale quest’anno e aggiungere due punti e mezzo percentuali all’inflazione. L’inflazione nella zona euro si sta ora dirigendo sopra il 5%. L’inflazione elevata distrugge il potere d’acquisto delle piccole imprese e delle famiglie e tende ad avere l’impatto più devastante sulle fasce più deboli della società. Sfortunatamente sembra che l’eurozona sia già entrata in un periodo (temporaneo) di stagflazione in stile anni ‘70, con un’impennata dell’inflazione che sta sopprimendo la crescita economica. Ciò significa che sulla scia di uno spettacolare rimbalzo nel 2021, quest’anno vedrà la ripresa danneggiata, e parecchio, dagli alti costi energetici, dall’aggravarsi dei problemi di filiera e da scarsità e aumento del costo delle materie prime.

La maggior parte degli economisti del settore privato con cui ho parlato stanno riducendo le previsioni per la crescita del pil italiano nel 2022 a circa il 3%. Questa stima, tuttavia, dipende dalla premessa che la guerra in Ucraina sia in qualche modo conclusa entro giugno, cosa che tutti possiamo sperare ma che ancora non sappiamo. Questa previsione prevede un primo semestre 2022 che mostra una crescita nulla nel primo semestre, e un modesto miglioramento nella seconda parte dell’anno. Il segreto di tale fiducia tra gli economisti è che c’è un riporto dal 2021 di +2,3%, quindi anche se il tasso di crescita dovesse essere zero in ogni trimestre quest’anno il pil italiano crescerebbe comunque del 2,3%. Quindi l’economia dovrebbe crescere solo di un piccolo importo nel terzo e quarto trimestre per superare il 2,3% dell’anno. Chiaramente, se ci fosse un’escalation della guerra o una continuazione delle ostilità dopo l’estate, allora tutte le scommesse sarebbero chiuse. La sfida per il governo Draghi, e per il resto d’Europa, sarà cercare di rispondere alle richieste delle famiglie e delle imprese per un’assistenza finanziaria maggiore di quella consentita dai bilanci nazionali. L’Ocse raccomanda l’utilizzo di una spesa pubblica ampliata, in particolare sugli ammortizatori sociali, per contrastare gli effetti dell’impennata dei costi dell’energia e delle materie prime. Ieri ha affermato che i trasferimenti di denaro temporanei destinati ai consumatori vulnerabili sarebbero un modo efficiente per mitigare l’impatto dell’aumento dei prezzi dell’energia. Ma per essere efficace un piano del genere richiederebbe lo scostamento di bilancio, che come sappiamo è un problema per Draghi. Separatamente, è in corso una ricerca per alcuni meccanismi europei in grado di fornire risorse, ma è improbabile che assomigli al “Recovery 2” che alcuni ottimisti cercano. I leader europei stanno discutendo l’idea di concordare un tetto massimo ai prezzi dell’energia, e l’Italia è tra coloro che guidano la proposta, ma resta forte l’opposizione dei Paesi del Nord. Insomma non esiste una soluzione facile, un sentiero in discesa, a livello nazionale o europeo, che possa garantire risorse sufficienti per tutte le famiglie e le imprese. Questo nonostante la buona volontà del governo Draghi di cercare dei rimedi. Il rischio è che la coperta sia troppo corta. 

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