Il giornalista americano: questo linguaggio squalificherebbe chiunque, non sono tempi normali. “Tanti repubblicani moderati voteranno Harris, ma un elettore su due è pronto ad appoggiarlo”
Alan Friedman intervistato da Quotidiano Nazzionale
Un candidato presidente senza freni, la campagna elettorale più squallida di sempre e un voto che verrà deciso da poche migliaia di persone. Alan Friedman, giornalista americano, fa il punto della situazione a 48 ore dal voto.
Friedman, con Tucker Carlson (giornalista noto per le sue simpatie trumpiane, ndr) Trump ha detto che Liz Cheney, la figlia dell’ex vicepresidente repubblicano Dick Cheney, dovrebbe finire davanti a un plotone di esecuzione. Che lettura dà di queste parole?
“Sono gli ultimi giorni della campagna elettorale più brutta di sempre. Trump ha voluto volare ancora più in basso del solito. Ha iniziato accusando i migranti di Haiti di mangiare cani e gatti in Ohio, ha continuato dicendo cose razziste contro afroamericani e ispanici e mimando un gesto volgare con il microfono. L’uscita su Liz Cheney è solo l’ultimo esempio di una retorica senza freni e molto popolare nella base del suo elettorato”.
La Procura Generale dell’Arizona, però, ha chiesto l’apertura di un’inchiesta perché si tratta di una frase che sembra una minaccia di morte. Non rischia di avere passato il segno anche con il suo elettorato?
“Questo linguaggio incendiario, razzista e violento normalmente squalificherebbe qualsiasi candidato. Ma non siamo in tempi normali. Fra il 40 e il 50% degli americani sono pronti ad appoggiare Trump. Un uomo che ha aizzato la rivolta di Capitol Hill il 6 gennaio 2021, che esprime apprezzamento per Putin e Orban. Rappresenta una minaccia per la democrazia americana e per quelle occidentali e vorrei sottolineare un altro aspetto”.
Dica.
“Per mesi sono state criticate le facoltà cognitive del presidente Joe Biden, perché è visibilmente invecchiato, è più rigido e lento di prima, fa gaffe. Ma quello che Donald Trump sta facendo e dicendo negli ultimi mesi fa sorgere seri dubbi sulla sua lucidità e se davvero dovesse essere eletto, avere un presidente squilibrato sarebbe un grosso problema”.
Ma molti elettori non la pensano così.
“Io sono certo che alcuni repubblicani non voteranno per Trump, ma per Harris. Molti repubblicani moderati non lo accettano perché vedono in lui un uomo impazzito, esagerato e improponibile. Dall’altra parte, ci sono uomini bianchi senza la laurea che non solo non accettano una donna alla Casa Bianca. Non possono tollerare il fatto che questa sia anche di colore. Il risultato delle elezioni, comunque, dipenderà da due fattori”.
Quali?
“Quanti vanno a votare e quale gruppo demografico vota di più. Io penso che il 99,9% di chi vota abbia già le idee chiare su che cosa scrivere nell’urna. Queste elezioni verranno decise da poche decine di migliaia di voti negli Stati chiave. Ci sono fra i 500mila e il milione di voti, forse meno, divisi in sette Stati che faranno la differenza”.
Su chi devono sperare Trump ed Harris?
“Trump sicuramente sulla sua base estremista e arrabbiata. Harris sulle donne che sono contrariate dalle politiche di Trump sull’aborto. Ma, torno a ripeterlo, non conta solo quanti votano, ma anche il mix. Hillary Clinton nel 2016 aveva cinque punti più di Trump e poi ha perso”.
Per chi voteranno i giovani?
“Bella domanda. Potrebbero non andare a votare proprio. Non dimentichiamo che il tasso di astensionismo negli Stati Uniti si aggira fra il 35 e il 40%. E Harris su alcuni argomenti ha cercato troppo di accontentare tutti. In Michigan ha fatto trasmettere spot elettorali molto critici nei confronti di Netanyahu. Poi però in Pennsylvania, dove ci sono più ebrei americani, ha fatto spot elettorali sulla violenza degli attacchi di Hamas ed Hezbollah contro Israele. Rischia di non accontentare nessuno e su Israele la posizione di Trump è molto chiara. Siamo davvero sul filo e ora dobbiamo semplicemente aspettare i risultati, e sperare che non ci sarà violenza dopo il 5 novembre”.