L'ICONOCLASTA

Elezioni Usa: “Per noi è finito il lungo incubo”

7 novembre 2020 – «Il nostro lungo incubo nazionale è finito». Queste furono le storiche parole, pronunciate dal presidente degli Stati Uniti Gerald Ford nell’agosto del 1974 quando subentrò a Richard Nixon, che si era appena dimesso a causa dello scandalo Watergate. Oggi, con la vittoria di Joe Biden su Donald Trump, possiamo dire che il nostro lungo incubo nazionale è quasi finito.

Perché quasi? Perché Trump rifiuta ancora di accettare la sconfitta e sta inventando sempre nuove teorie complottistiche per frodi elettorali inesistenti. Inoltre, Trump non se ne andrà in pace e potrebbe rendere la sua partenza piuttosto imbarazzante. Non accetterà tutto a un tratto il suo destino e non collaborerà gentilmente con Biden che si prepara a prendere il potere il 20 gennaio 2021. È importante ricordare, infatti, che fino alle 11,59 della mattina del 20 gennaio Trump resterà in possesso dei suoi pieni poteri di presidente. E questo significa che nei prossimi due mesi può succedere di tutto. Per prima cosa, Trump è ancora perfettamente capace di continuare a inventare teorie del complotto e false narrazioni su presunti brogli elettorali, e i suoi più stretti collaboratori sono stati sentiti dire che potrebbe decidere di non presentarsi nemmeno alla cerimonia di inaugurazione di Biden. Non dimentichiamo che Tump è il primo presidente nella storia americana che si è rifiutato di confermare che ci sarà una transizione pacifica del potere se perde.

Ieri la campagna di Biden ha diffuso una breve nota in cui dichiarava a nome del presunto presidente eletto che “il governo degli Stati Uniti è perfettamente in grado di scortare gli intrusi fuori dalla Casa Bianca”. Pesante ma spiritoso, un perfetto esempio dell’atmosfera surriscaldata e surreale che si respira a Washington.

Vale la pena fare un passo indietro e citare nuovamente le parole del presidente Ford nel loro contesto: «Miei cari americani, il nostro lungo incubo nazionale è finito. La nostra costituzione funziona; la nostra grande Repubblica è un governo di leggi e non di uomini. Qui governa il popolo».

I ripetuti attacchi di Trump alle istituzioni e alle pratiche democratiche e i suoi recenti folli tentativi di ordinare al ministro della Giustizia Bill Barr di perseguire e mettere in prigione sia Biden sia l’ex presidente Obama ci hanno dimostrato che negli ultimi quattro anni abbiamo avuto un fuorilegge per presidente. Trump ha mostrato le sue tendenze autoritarie in molte occasioni. Non è un normale presidente americano, ma piuttosto un’anomalia. Non crede nello stato di diritto, ed è per questo che alla fine finirà nella pattumiera della storia. Se per molti americani l’arrivo di Biden segna la fine del nostro incubo nazionale, dobbiamo anche ricordare che Trump non scomparirà. Il suo narcisismo non gli permetterà di svanire. Controlla gran parte del Partito repubblicano, che ha riplasmato nel segno del suo culto della personalità. È anche significativo che 70 milioni di americani abbiano votato per lui, il che significa che quasi la metà dell’America è a suo agio con Trump come presidente, o per motivi economici (mantenere basse le tasse) o perché sono d’accordo con tutto ciò che rappresenta, incluso il razzismo, la supremazia bianca e la xenofobia. Questo di per sé è un motivo di profonda riflessione su che tipo di Paese sia diventata l’America.

La buona notizia è che più della metà dell’America crede alle nostre istituzioni democratiche e non condivide il virulento disprezzo di Trump per le donne, le minoranze etniche, i gay e gli immigrati. Queste elezioni hanno dimostrato che noi americani siamo migliori di Trump.

Nel frattempo, se l’incubo è quasi finito per noi americani, sospetto che lo stesso valga per l’Unione europea. Quando avevo intervistato Trump nel giugno 2016, aveva attaccato ferocemente l’euro, Angela Merkel e l’Unione europea. Aveva ripetutamente affermato che l’invenzione dell’Unione europea era un complotto dei cattivi europei per danneggiare l’America. Trump ovviamente ama Boris Johnson e la Brexit e ha detto che vorrebbe far saltare in aria l’Ue. Allo stesso tempo ha creato una crisi esistenziale all’interno della Nato, una crisi che fortunatamente Biden presto risolverà restituendo Washington alle sue radici atlantiste. Anche l’incubo di un presidente americano che minaccia costantemente guerre commerciali contro l’Unione europea finirà probabilmente a gennaio. È improbabile che Biden minacci dazi contro i prodotti europei, tra cui il vino italiano o la pasta o il prosciutto o il parmigiano. Quindi sia gli esportatori italiani sia quelli europei dovrebbero poter respirare più facilmente una volta che Biden sarà presidente. Biden non avrà vita facile, e non sappiamo quali guai potrà combinare Trump nei prossimi due mesi, e fino a gennaio non sapremo se i democratici o i repubblicani controlleranno il Senato (a causa di due ballottaggi per due seggi al Senato nello stato della Georgia). Ma come molti dei miei connazionali (non tutti) questa mattina sto tirando un sospiro di sollievo. Potrei persino concedermi un prosecchino a colazione.

Pubblicato su La Stampa del 7 novembre.

Traduzione di Carla Reschia.

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