L'ICONOCLASTA

Il crepuscolo dell’impero americano di fronte al nuovo disordine mondiale

Nel suo nuovo libro “La fine dell’impero americano. Guida al Nuovo Disordine Mondiale” per La nave di Teseo, Alan Friedman ci porta dentro la stanza dei bottoni per svelare i passaggi più critici (e criticabili) che hanno caratterizzato la gestione della Pax Americana

L’influenza di Washington è in declino da prima del ritiro da Kabul. Oggi Biden non riesce a frenare Netanyahu

L’articolo su La Stampa

È davvero la fine del “secolo americano”? Ci stiamo dirigendo verso un nuovo disordine mondiale, sempre più pericoloso e instabile, in cui dittatori come Putin e Xi sfideranno sempre più a viso aperto le democrazie occidentali? Credo proprio di sì.

È evidente da tempo che l’influenza degli Usa sul palco internazionale è in declino, ben prima del disastroso ritiro da Kabul nell’agosto 2021, ben prima della goffa gestione della Primavera araba di Barack Obama e ben prima del capovolgimento dei principi della politica estera americana imposto dalla presidenza di Donald Trump. Oggi è chiaro anche nel Medio Oriente, dove Joe Biden non è riuscito a tenere sotto controllo l’impeto guerrafondaio di Netanyahu).

Viviamo nel crepuscolo dell’impero americano. La Pax Americana ha vissuto una parabola fulminea di un “impero” dalla durata brevissima, poco più di 80 anni. Ci sono stati gravi errori commessi da una serie di amministrazioni – da Franklin Delano Roosevelt a John F. Kennedy, da Jimmy Carter ai due Bush, da Barack Obama a Joe Biden fino a Trump – e li stiamo pagando ora.

Noi americani non siamo mai stati molto bravi a gestire l’impero che ci siamo ritrovati nel 1945, alla fine della Seconda guerra mondiale. Più che sul cinismo o su una presunta cattiveria, la politica estera statunitense negli ultimi decenni si è nutrita di falsa moralità, caratterizzata a tratti da superficialità, molta incompetenza, ipocrisia, e una generale mancanza di sensibilità culturale.

Io sono americano. Amo il mio Paese. Però a mio avviso c’è stato un fallimento della leadership americana in alcuni snodi cruciali della storia, e oggi il nostro declino è accelerato perché siamo un paese con gravi problemi di coesione sociale, un Paese diviso come mai prima era accaduto. E tutto questo non promette nulla di buono per l’Europa e per il resto del mondo, che vincesse Harris o Trump. Gli effetti del Nuovo Disordine Mondiale, assieme con l’ascesa dei dittatori e leader illiberali, metteranno alla prova i nostri valori, in America come in Europa. Come sempre, il destino dell’una determinerà il destino dell’altra.

Come nacque l’impero americano? E quali sono stati gli errori principali? Nato nel fuoco della rivoluzione alla fine del XVIII secolo, l’impero americano venne guidato da uomini che avevano capacità e visione e seppero gettare le fondamenta di una democrazia infante. Ma il secolo successivo fu quello dell’espansione imperiale verso ovest, e il carburante che la alimentò fu la schiavitù, fu il genocidio di gran parte della popolazione indigena.

Gli errori di Woodrow Wilson nella gestione della Conferenza di pace di Versailles del 1919 e la scelta di adottare un approccio punitivo nei confronti della Germania sparsero i semi del rancore e dell’instabilità in Europa, preparando il terreno per l’ascesa dei regimi totalitari prima e per la seconda guerra mondiale poi.

Durante la Guerra fredda Truman si adeguò al mantra del containment e sposò lo Stato di sicurezza nazionale, gettando le basi per decenni di militarizzazione e interventismo. In questo modo i sovietici furono prima tenuti a bada e alla fine sconfitti, ma è anche vero che l’America si lasciò cadere in una serie di guerre sbagliate, rimbalzando di fallimento in fallimento, vittima di ignoranza e di pessima leadership. La retorica aggressiva, da muro contro muro, di John F. Kennedy e il tragico coinvolgimento in Vietnam minarono l’autorità morale del paese. Vite e risorse preziose andarono perdute per sempre, sprofondate nel fango di un inutile pantano.

A causa dell’approccio miope con cui George Herbert Walker Bush cercò di affrontare la fine della Guerra fredda, in un mix di autocompiacimento e di incapacità di mettere a fuoco una visione strategica di lungo periodo, le tensioni geopolitiche si acutizzarono e i conflitti globali proliferarono. L’entusiasmo cieco con cui Bill Clinton si lanciò tra le braccia della globalizzazione, senza prendere in considerazione le ingiustizie e le criticità che le erano connaturate, esacerbò le disuguaglianze economiche e fu corresponsabile della crisi finanziaria del 2008, delle disparità di reddito e della perdita di posti di lavoro che fecero divampare il populismo del XXI secolo.

Il disastro della crisi degli ostaggi iraniani del 1980 non è imputabile a Jimmy Carter, ma di sicuro la sua umiliazione sottolineò quanto può essere pericoloso fare un passo falso nel mondo della diplomazia, e quant’è salato il conto quando si pagano gli errori di politica estera. La lunga prigionia dei diplomatici americani a Teheran mise in luce le vulnerabilità della leadership a stelle e strisce e gettò benzina sul fuoco dell’antiamericanismo in tutto il mondo. Fu un duro colpo per la presidenza Carter e per l’immagine dell’America come superpotenza.

L’incauta avventatezza di George W. Bush spinse l’impero troppo in là, con un’invasione decisa sulla base di falsi pretesti che sfociò nel disastro iracheno, e con un’altra guerra in Afghanistan. I suoi due conflitti fallimentari, lunghi e costosi, mostrarono tutti i limiti del potere americano. L’incompetenza sia di Bush sia del successore che ne prese il posto alla Casa Bianca nel 2009 causò l’ascesa dell’Isis e in ultima analisi consegnò l’Iraq nelle mani degli ayatollah iraniani.

L’incapacità mostrata da Barack Obama nell’impostare una risposta efficace alle rivoluzioni della Primavera araba diede un’altra picconata alla credibilità e all’influenza dell’America sul palcoscenico mondiale. L’isolazionismo di Donald Trump, le sue guerre commerciali e il disprezzo che ha mostrato verso il multilateralismo hanno incrinato l’ordine mondiale liberale e hanno lasciato un vuoto di potere globale facendo mancare la leadership degli Stati Uniti. La presidenza Trump ha rafforzato gli autocrati di tutto il mondo. Lo sdegno per le regole della democrazia in patria ha inasprito la polarizzazione interna ed eroso il piedistallo su cui l’America voleva ergersi come faro della democrazia e dei diritti umani.

La disastrosa ritirata di Joe Biden da Kabul nell’agosto 2021 ha messo a nudo la sconsideratezza dell’accordo che Trump aveva firmato con i talebani. Ma è stato sconsiderato anche Biden stesso, che non ha voluto dare ascolto ai suoi consiglieri e alla sua intelligence. E poi, se è vero che era stato Trump a dare inizio alla guerra commerciale con la Cina, è anche vero che l’escalation della primavera del 2024 è imputabile a Biden, e alla sua volontà di darsi un’aria da duro per non sembrare meno tosto di The Donald nell’anno delle presidenziali. Alla fine dei conti, è un’altra dimostrazione del fatto che il faccia a faccia con la Cina è ormai un caposaldo bipartisan della politica americana. Ed è improbabile che porti buoni frutti per gli Stati Uniti.

L’incapacità di Biden di tenere sotto controllo Netanyahu in Israele verrà ricordata anche come un segno di debolezza dell’America e una causa del notevole aumento dell’odio antiamericano in tutto il mondo arabo, e non solo. Mentre in Europa cresce l’onda della destra estremista, illiberale, giorno dopo giorno, anno dopo anno.

Siamo entrati, dunque, nella fase finale dell’impero americano. È vero, è una realtà. E a chi ha la sensazione che sia un’affermazione esagerata possiamo ribattere che l’impero americano non è ancora al capolinea, il sipario non è ancora sceso, ma di certo sembra che si stia avviando alle battute finali.

L’America è ancora forte e continuerà a essere la potenza predominante a livello globale per altri due o tre decenni almeno. Ma l’orizzonte della storia si intravede già. Nel Nuovo Disordine Mondiale siamo testimoni del collasso del vecchio sistema basato sulle regole. Possiamo vedere con i nostri occhi – lo viviamo sulla nostra pelle – cosa succede quando l’America si tira indietro e rinuncia alla sua posizione di leadership, o si richiude nell’isolazionismo, o si fa distrarre dalle divisioni interne. Il vuoto di potere viene presto riempito, e non mancano di certo gli sciacalli pronti ad abbrancare un pezzetto dell’impero. Il problema è che a dividersi le spoglie della pax americana nel prossimo decennio sarà con tutta probabilità una masnada di criminali, canaglie e dittatori. Nel Nuovo Disordine Mondiale non è detto che trionfi sempre il bene. A volte vinceranno i cattivi. I buoni potrebbero ritrovarsi in minoranza.

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