Il Vertice del G-20 appena concluso in India potrebbe aver segnato una svolta negli equilibri mondiali del potere o essere quantomeno un segnale di ciò che verrà. Gli Stati Uniti non hanno ottenuto quello che desideravano.
Il mio editoriale su La Stampa
Tutt’altro. Brasile e India si sono schierati con Russia e Cina sulla questione della guerra in Ucraina. Il summit ha evidenziato i limiti del potere e dell’influenza americana in un mondo nuovo e sempre più pericoloso, e ha messo in risalto anche che l’efficacia e l’importanza stessa del G-20 sono messe in discussione da dentro. Il presidente Xi Jinping e Vladimir Putin sono rimasti a casa, ma Cina e Russia hanno ottenuto in ogni caso alcuni successi. Quello appena concluso è stato un vertice in cui Cina e Russia hanno collaborato per smorzare le espressioni forti pronunciate da Washington nel condannare la Russia per la sua aggressione dell’Ucraina. India e Brasile hanno sostenuto la Russia contro gli Stati Uniti. Di fatto, il G-20 ha adottato una dichiarazione consensuale che ha evitato in ogni modo possibile una condanna esplicita della Russia per la guerra in Ucraina, offrendo invece prediche a vuoto e banali luoghi comuni. Jake Sullivan, consigliere per la Sicurezza nazionale di Biden, ha dichiarato che gli Stati Uniti sono soddisfatti della formulazione di compromesso.
Con maggiore schiettezza, il Primo ministro giapponese Fumio Kishidaha ha detto che «l’aggressione russa all’Ucraina sta facendo mettere in discussione i presupposti stessi della cooperazione nel G-20». Nel frattempo, il Ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, ha elogiato con vigore: «Il testo del G-20 non cita nemmeno la Russia. Siamo riusciti con successo a impedire i tentativi dell’Occidente di ucrainizzare l’agenda del summit». Il nuovo amico di Russia e Cina, il Presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva, ha quindi spiegato perché il Brasile non permetterà un’energica condanna della Russia. «Non possiamo permettere che l’agenda del G-20 sia asservita ai problemi geopolitici» ha detto Lula, alludendo in modo implicito alle controversie sulla guerra in Ucraina.
Il Brasile assumerà la presidenza a rotazione del G-20 nel 2024, e Lula si sta atteggiando a paladino del Sud Globale, proprio come Modi. Dal canto suo, il Sud Globale non intende lasciare solo Putin. Nel caso Joe Biden non avesse recepito il messaggio, il leader brasiliano ha comunicato che Putin sarà il benvenuto al prossimo G-20 fissato a Rio de Janeiro. «Se il presidente del Brasile sarò io, Putin non sarà arrestato se arriverà in Brasile», ha promesso Lula. Lo scorso marzo, la Corte Penale Internazionale (Cpi) ha spiccato un mandato d’arresto per Putin, accusandolo di crimini di guerra per la deportazione illecita di bambini dall’Ucraina. Il padrone di casa dell’evento, il Primo ministro indiano Narendra Modi, è un altro leader mondiale emergente che non ha alcun interesse a condannare Putin. Modi è una versione indiana di Orban. Forse, si potrebbe dire che è un mix di Orban, Netanyahu ed Erdogan tutti insieme. È un nazionalista induista autoritario; in pratica, ha abolito la libertà di stampa e dei media in India, e sta cercando di assumere il controllo del sistema giudiziario.
Ciò nonostante, Joe Biden sta giocando una partita di realpolitik con l’India e corteggia Modi come meglio può. Se non altro una cosa l’hanno ottenuta, l’annuncio di quella che l’Amministrazione Biden spera che possa essere la risposta dell’Occidente all’iniziativa cinese denominata Nuova Via della Seta (Belt and Road). Il progetto Partnership for global infrastructure investment è stato presentato da Biden, Modi e Mohamed bin Salman, che si sono stretti la mano davanti alle telecamere. Stringere la mano all’uomo da lui stesso dichiarato responsabile dell’omicidio di un giornalista del Washington Post non deve essere stato facile.
Il piano India-Medio Oriente-Europa è un ambizioso corridoio ferroviario e marittimo che potrebbe incrementare in maniera significativa gli scambi commerciali tra India ed Europa, contribuendo anche a normalizzare le relazioni tra Israele e gli stati del Golfo. In particolare, Israele è uno dei Paesi ammessi come partner nel progetto insieme all’Arabia Saudita. Washington spera che il Principe Mohamed bin Salman vada avanti a normalizzare le relazioni con Israele. Sembra che quella stretta di mano sia l’inizio del prezzo da pagare per quella cooperazione.
Traduzione di Anna Bissanti