Su Agenda Geopolitica Mauro Baccin intervista Alan Friedman
MB: L’Europa rischia di essere schiacciata dal confronto globale tra Stati Uniti e Cina.
Secondo lei, ci sono possibilità che gli europei riescano ad elaborare una strategia
comune e coerente per far fronte al processo di frammentazione innescato dalla
guerra in Ucraina? O a prevalere saranno i nazionalismi e sovranismi montanti?
AF: L’Europa ha mostrato una certa solidarietà con l’Ucraina: esiste oggi un’Europa (a parte
Orban) che vuole resistere e combattere l’aggressione russa all’Ucraina. Naturalmente sono stati
gli Stati Uniti a guidare la coalizione contro la Russia ma oggi l’Ue è chiaramente solidale con
Zelensky.
Per quasi tutto il resto la frammentazione e la mancanza di unità europea resta la narrativa
dominante. Più che “schiacciata” l’Europa farà parte della coalizione guidato dagli Stati Uniti,
con un atteggiamento sempre più ostile verso la Cina. La posizione di Biden è questa, e sarà
sempre più forte mentre si avvicinerà il voto per la Casa Bianca del novembre 2024. Un piglio
duro con la Cina, il rivale in ascesa, il competitore. E ora, dopo la condanna dura della Cina
lanciata dal G7 durante la recente riunione a Hiroshima, tutti i membri del G7, l’Italia compresa,
dovrebbero agire in linea con questo profilo più aggressivo con la Cina.
MB: Il decoupling tra economie occidentali ed economia cinese auspicato dagli Stati
Uniti può provocare una frammentazione delle filiere produttive e dividere il mondo
in blocchi contrapposti, rischiando di compromettere la crescita globale?
AF: Viviamo in un mondo di frammentazione, di deglobalizzazione parziale, di cambiamenti
profondi nelle catene di approvvigionamento, onshoring e reshoring e di guerre commerciali,
ancora in corso, tra l’America e la Cina. Al recente G7 Biden è stato fermo sulla minaccia percepita
dalla Cina, e ha ribadito l’impegno del G7 di fermare la vendita di microchip avanzati a Pechino.
“La Cina sta costruendo il suo esercito, ed è per questo che ho chiarito che non sono disposto a
commerciare determinati articoli con la Cina”, ha detto. “Non vogliamo “disaccoppiare” dalla
Cina, ma “de-rischiare” (ridurre il rischio) e diversificare”, ha affermato. “Dobbiamo diversificare
le nostre catene di approvvigionamento in modo da non dipendere da un solo Paese. Dobbiamo
proteggere un numero ristretto di tecnologie avanzate”.
E poi, poco importa se dopo dieci anni di “re-shoring”, ovvero di ritorno della produzione dei
semiconduttori nei paesi d’origine per diminuire i rischi di dipendenza, l’Occidente dipenderà
comunque dalla Cina per circa l’80 percento del suo fabbisogno.
MB: Nel nuovo quadro internazionale determinato dalla guerra in Ucraina, come
valuta le prospettive dell’economia italiana, a cui lei ha dedicato il libro “Il prezzo
del futuro “, e come giudica i provvedimenti e le politiche del governo Meloni anche
rispetto all UE?
AF: L’economia italiana non sta andando male, e la politica fiscale del nuovo governo italiano
sembra abbastanza prudente.
Il problema grande è che si rischia di sprecare l’occasione del secolo, il Pnrr. Sarebbe un miracolo
se si riuscisse a spendere la metà dei 200 miliardi dei fondi del Pnrr. E si rischia di vedere alcune
delle riforme chiave annacquate o posticipate. Per quanto riguarda la ratifica del Mes, faccio
notare che l’Italia è l’unico paese europeo che non l’ha ancora fatto. Sull’immigrazione non
aspetterei grandi soluzioni a livello europeo.
MB: Che conseguenze sull’economia mondiale sta avendo la guerra in Ucraina,che
si trova in una situazione di stallo senza che si intravedano possibilità per un cessate
il fuoco? Quali sono le prospettive per una tregua anche alla luce delle più recenti
posizioni cinesi?
AF: I prossimi sei mesi saranno un periodo chiave per capire se l’Ucraina riuscirà o meno a
respingere l’esercito russo, verso le confine internazionalmente riconosciuti. La pace, come ha detto
Zelensky, non sarà possibile finché non ci sarà una vittoria, almeno parziale, contro l’aggressore.
Credo che Putin potrebbe decidere dopo la contro-offensiva dell’Ucraina di attendere il voto
del novembre 2024, sperando in un ritorno di Trump. Finché ci sarà Putin al timone è difficile
immaginare la pace.
MB: Negli Stati Uniti, alle prese con la diffusione di documenti segreti rubati
all’intelligence americana e all’incriminazione di Donald Trump, Biden ha
annunciato la sua candidatura alle elezioni presidenziali del 2024. Come valuta
l’operato del Presidente americano e la sua decisione?
AF: So benissimo che l’età di Biden preoccupa tanti europei, e anche tanti americani. Circa il
60% degli americani preferirebbero che Biden non fosse candidato. Anche perché la sua vice
presidente non è considerata neppure nel partito Democratico una persona di grande spicco, anzi.
Ma Biden sarà il candidato, e Biden ha fatto un grande lavoro durante il Covid e dopo, e si è
impegnato a spingere lo sviluppo dell’economia verde, e a dedicare tante risorse alla questione
del cambiamento climatico. Per Biden la sua presidenza è basata molto sull’opposizione tra
le democrazie e le autocrazie, questo a livello internazionale. Intanto se Trump, come temo,
diventerà il candidato del partito Repubblicano nel 2024 allora significa che un voto per Joe
Biden, con tutte le sue imperfezioni, sarà l’unico modo di proteggere la democrazia negli Stati
Uniti.