Per l’eurozona, si prevede un ritorno ai livelli di Più del 2019 solo alla fine del 2022 o nel 2023. Ad ogni modo, la ripresa dell’economia sarà strettamente legata alle sorti del virus. Il mio editoriale, uscito oggi su La Stampa.
È stato un annus horribilis, un anno che assumerà una rilevanza storica per tanti motivi, tutti sbagliati. La peggior pandemia del secolo e la più grave crisi economica dai tempi della Grande depressione, novant’anni fa e passa. Ecco il lascito del 2020.
Mentre ci dirigiamo verso il 2021 scorgiamo comunque una speranza all’orizzonte per l’economia globale, grazie all’arrivo del vaccino e di un nuovo presidente americano. Biden si è guadagnato il plauso di Wall Street per la nomina di Janet Yellen, ex presidente della Federal Reserve, come ministro del Tesoro – la più competente e più favorevole all’Europa della storia recente. È un segnale importante. Come lo è anche la scelta di John Kerry come Presidential Special Envoy per il cambiamento climatico. Un’altra ottima notizia per l’economia globale, insieme al proposito di Biden di riallineare Washington alle norme del sistema multilaterale di commercio.
Ma sia l’economia americana che l’eurozona rischiano ancora un recupero economico a zig zag, anche nei primi sei mesi del 2021. È questa la sfida principale, e forse la vera lezione che i tempi del Covid ci hanno impartito a livello economico. Il fattore zig zag. L’abbiamo visto all’opera tra il secondo, il terzo e il quarto trimestre del 2020. Potrebbe accadere anche nel 2021.
Le sorti dell’economia mondiale rimangono legate a doppio filo alle vicissitudini del virus e al successo delle vaccinazioni, ed è per questo che gran parte degli economisti predice che non ci sarà una forte ripresa in America o in Europa prima della seconda metà del 2021. Si parla spesso di ripresa a V, che in effetti pare rispondere bene a quello che stava succedendo durante il terzo trimestre del 2020, con una forte crescita industriale e un recupero deciso dei consumi tra luglio e settembre. Ma adesso ci troviamo di nuovo di fronte a una curva a U, a voler essere ottimisti. Una ripresa più graduale.
Il vero rischio ora è piuttosto una curva a W, che segue le ondate del virus. In teoria, se più del 70 percento della popolazione si sottoponesse alla vaccinazione entro l’autunno del 2021, la crescita economica alla fine del 2021 potrebbe davvero rafforzarsi. Tutto dipenderà dal virus, dal livello di attività economica che potrà svilupparsi in condizioni ragionevoli e sicure, mentre sempre più persone vengono vaccinate.
In America il danno economico del lockdown è stato meno marcato che in Europa: la contrazione del prodotto interno lordo statunitense per il 2020 si aggirerà probabilmente intorno al 3%, 3,5%, mentre la Bce prevede per il PIL dell’eurozona una decrescita dell’ordine del 7,3%. In altre parole le sofferenze dell’economia americana saranno meno della metà rispetto a quelle dell’eurozona, dove l’ultimo trimestre del 2020, caratterizzato dalla seconda ondata del virus, ha causato un’altra contrazione economica, stimata intorno al 2 percento, anche di più.
Lo scenario più diffuso tra gli economisti prevede per il 2021 una crescita intorno al 4 percento del PIL nell’eurozona, mentre in America tutto dipenderà dagli stimoli immessi dall’amministrazione Biden, anche se è probabile che il range spazierà tra il 4 e il 5 percento.
Nel frattempo la società americana è stata dilaniata dal Covid: famiglie, imprese e lavoratori sono rimasti senza fondi governativi, e milioni di americani poveri non sono più stati in grado di pagare l’affitto e si sono trovati di fronte allo spettro dello sfratto dalle loro case. Una situazione terribile per il terzo della popolazione americana che versa nelle peggiori condizioni economiche. Quasi 100 milioni di individui. Tra loro, i lavoratori poveri dell’America profonda. A tutt’oggi l’America ha perso quasi dieci milioni di occupati rispetto allo scorso febbraio, all’inizio del Covid.
Il presidente eletto Joe Biden ha detto con chiarezza che insisterà per avere un pacchetto di stimoli stile bazooka per affrontare il danno economico causato dalla pandemia. Il 5 gennaio si saprà se il suo partito riuscirà a conquistare il controllo del Senato; un esito a lui favorevole potrebbe permettergli di ottenere l’approvazione di nuovi pacchetti di stimoli economici per un valore di forse duemila miliardi di dollari, insieme a nuove spese per infrastrutture pari a mille miliardi di dollari. È anche per questo che Wall Street saluta con favore la nuova era Biden.
Qualche giorno fa ho chiesto al commissario europeo Paolo Gentiloni cosa pensa riguardo all’impatto che avrà l’arrivo di Biden sull’economia mondiale. Mi ha detto che sarà un bene avere un presidente statunitense che considera l’Ue come «un partner piuttosto che un concorrente» commerciale. Ha anche dichiarato che la nomina di John Kerry è un fattore positivo perché «John Kerry è un leader importante sul tema del cambiamento climatico, e perché ancora una volta tra Europa e America c’è unità di vedute e intenti sull’importanza di investire nella Green Economy».
Il portfolio di investimenti per l’economia sostenibile è un elemento cruciale dei fondi Next Generation dell’Unione europea. Ma i governi intraprenderanno le azioni necessarie per sbloccare appieno tutto il loro potenziale? Nel caso dell’Italia, parliamo di 209 miliardi di euro. Ho chiesto a Gentiloni se si sente fiducioso in tal senso.
Mi ha detto che i fondi Next Generation sono «non solo una grande occasione ma forse, per l’Italia, un’occasione che non si ripeterà, perché può dare alla nostra economia quel “boost” che è necessario». Ha quantificato quel “boost” tra lo 0,5% e lo 0,7% di crescita extra del PIL su base annuale. Potrebbe sembrare poco, ma in realtà significherebbe raddoppiare il tasso di crescita annuale italiano.
Gentiloni ha sottolineato che l’attuazione del piano sarà la sfida principale per accedere ai fondi. «I fondi Next Generation funzionano tramite erogazioni due volte all’anno, in seguito al raggiungimento di “target” e “obiettivi”: significa che se tu non raggiungi quei “target” e quegli “obiettivi” il bonifico del finanziamento non ti arriva. E questo riguarda non solo gli investimenti ma anche l’attuazione delle riforme, come per esempio la sostenibilità delle pensioni, o i tempi della giustizia civile. La capacità di attuazione sarà la chiave».
Ho pensato alle parole di Gentiloni mentre riflettevo sull’anno difficile che ci attende. L’Italia riuscirà a sfruttare appieno i 209 miliardi di euro di fondi Next Generation solo se il governo dimostrerà di essere in grado di disegnare un piano strategico di investimenti e riforme; ma dovrà anche dare prova di efficienza nell’attuazione di questo piano, rispettando scadenze e regole. Ho pensato al rapporto lungo e spesso travagliato che lega l’Italia all’accesso ai fondi europei. E temo che abbiamo davvero bisogno di fare di meglio. Perché questa volta l’opportunità è storica e irripetibile, da non sprecare.