L'ICONOCLASTA

L’economia italiana è in stagnazione. Il tasso di disoccupazione sta ancora crescendo. I gattopardi della sinistra del Pd, quelli vecchi di testa, vogliono stoppare Renzi. Signori, dopo il 25 maggio bisognerà fare una serie di riforme di vasta portata. E se non si riesce allora sarà meglio accelerare con la legge elettorale e poi tornare a votare nella primavera del 2015

17 maggio 2014 – Non è facile smentire i fatti, specialmente quando sono documentati. Mario Monti ha cercato di rimangiarsi le sue parole sugli eventi dell’estate del 2011, ma dopo il rilascio del video è stato più difficile smentire.

Ora abbiamo visto che nel primo trimestre del 2014 la crescita del Pil sia rimasta a poco più dello 0 per cento. Come ho scritto in Ammazziamo il Gattopardo, l’Italia è da tempo in stagnazione, non per colpa dell’euro ma per la mancanza delle riforme importanti per l’economia che altri grandi paesi hanno già fatto 10 o 20 anni fa. Il governo di centro sinistra di Gerhard Schroder ha fatto le riforme del mercato del lavoro, pensioni e welfare tra il 2003 e il 2005 e il tasso della disoccupazione in Germania è la metà di quello in Italia.

Ma in Italia i gattopardi cercano di bloccare la modernizzazione del Paese. La Cgil della Camusso è antistorica, problematica e irrilevante nel 21esimo secolo. I nemici di Matteo Renzi all’interno del Pd preferirebbero buttarlo giù che vedere una politica economica che metta insieme il concetto di equità sociale con quello di un mercato libero che tuteli gli interessi dei consumatori, dei cittadini. I corporativisti, i lobbisti e i politici vecchi di testa sono dappertutto.
Ora tutti sono concentrati sulla campagna elettorale per le europee del 25 maggio. Dopodiché sarebbe opportuno che Renzi cercasse di recuperare Berlusconi per fare almeno una nuova legge elettorale e la trasformazione o abolizione del Senato (visto che i franchi tiratori che hanno già tentato di stoppare Renzi vivono soprattutto all’interno del Pd, e secondo me sono quelli che non hanno ancora capito che il mondo è cambiato).

Poi sarebbe opportuno introdurre un Jobs Act che porti vera flessibilità nel mercato del lavoro, un programma di tagli dell’Irpef e dell’Irap pluriennale (finanziati da tagli della spesa pubblica), un minimo vitale per chi sta sotto la soglia della povertà, l’abolizione della cassa integrazione in deroga e la sua sostituzione con sussidi di disoccupazione uguali per tutti, incentivi fiscali per incoraggiare l’occupazione femminile, una riforma seria della P.a., una riforma della giustizia civile che renda l’Italia un paese con regole chiare (se vogliamo attirare investimenti esteri), e tante altre riforme.
Insomma, ci vorrà una serie di riforme di vasta portata, quell’elettroshock che ho proposto nel mio libro (e per chi non l’avesse ancora letto, la mia ricetta è tutta nei capitoli 8 e 9).

Se non si riesce ad avviare un programma serio di riforme economiche, e se Renzi non riuscirà a zittire quelli del suo partito che non hanno ancora digerito il risultato delle primarie del Pd dell’8 dicembre scorso, e se Renzi e Berlusconi non si mettono d’accordo su una legge elettorale e sulla trasformazione del Senato, allora avremmo davanti a noi un periodo di paralisi, una legge elettorale che ci riporterebbe alla Prima Repubblica e un stallo che ci porterà soltanto verso stagnazione, declino e impoverimento nel futuro. A quel punto sarebbe meglio tornare alle urne dopo il semestre europeo. Il problema è con quale legge elettorale?

Ed è per tutto questo che sono preoccupato, non tanto per il risultato delle europee, ma per quello che succederà dopo.

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