L'ICONOCLASTA

Presidenziali Usa, il team Harris-Walz parte all’assalto

Sembra difficile credere che Joe Biden abbia annunciato la sua decisione di ritirare la sua candidatura poco più di due settimane fa.

Il mio aricolo pubblicato oggi su La Stampa

Trump era in alto nei sondaggi di opinione e i democratici sembravano un partito diviso e stanco in procinto di perdere le elezioni. Quello che in pochi si aspettavano era che la vicepresidente Kamala Harris – schernita per anni come perdente, insignificante e deludente – quasi immediatamente, nel volgere di pochi giorni, si trasformasse in una leader nazionale carismatica che adesso ha una chance ragionevole di sconfiggere Trump.

Il balzo nei sondaggi nazionali d’opinione era atteso, ma il fatto che Harris adesso corra più forte di Trump in alcuni dei sei “swing States”, gli Stati chiave che decideranno l’esito delle elezioni, è assolutamente straordinario. Altrettanto straordinarie sono le centinaia di milioni di dollari in nuove donazioni alla campagna Harris. Incredibile è altresì il fatto che nello Stato in bilico dell’Arizona il partito repubblicano abbia ufficialmente abbandonato Trump e deciso di sostenere Harris.
La campagna di Harris è stata efficace e brillante fin dall’inizio, i suoi spot elettorali sono stati prodotti molto bene. Ciò dipende, forse, dal talento di molti suoi amici di Hollywood, dove suo marito Doug Emhoff ha lavorato per anni come legale nel settore dei media e dello spettacolo. La maggior parte delle star più famose del cinema americano appoggia Harris, non soltanto chi ha una casa sulle sponde del lago di Como. Taylor Swift sta per dare il suo endorsement a Harris, e Beyoncé ha già fatto una donazione significativa alla campagna di Harris, cedendole i diritti della sua canzone “Freedom” da usare come inno ufficiale della campagna.

Se l’arrivo di Kamala Harris ha cambiato le dinamiche della campagna per le elezioni del 2024 per la presidenza in sole due settimane, adesso la scelta del governatore del Minnesota Tim Walz come candidato alla vicepresidenza sta creando ancora più entusiasmo, esaltazione e slancio. Il tour-de-force nelle zone rurali della nazione che il Team Harris-Walz ha intrapreso vedrà i due candidati fare comizi nella maggior parte dei cruciali Stati in bilico in meno di una settimana. Il livello di energia che si è sprigionato al comizio di Filadelfia di martedì, dove Walz ha debuttato come candidato, è stato positivamente sorprendente, l’entusiasmo è stato molto più grande di quanto ci si potesse aspettare. È stato un evento di grande energia, uguale ai tempi in cui Barack Obama gridava «Yes, we can!».

Tim Walz è una persona vera. Non usa giri di parole. Chiama Trump e Vance “persone davvero strane strambe?” e lo dice sul serio. Walz è Middle America. È perfetto. Se si cercava qualcuno che attirasse i voti dei swing State del Midwest, lui è l’uomo giusto, forse anche più del governatore della Pennsylvania Josh Shapiro che, probabilmente, voleva un po’ troppo l’incarico. Walz è un uomo del popolo, uno della classe operaia fan di Bruce Springsteen, è cresciuto in una fattoria del Nebraska e si è arruolato nei Marines a diciassette anni. Walz capisce le esigenze dei colletti blu americani. Ha insegnato vent’anni educazione civica alle superiori ed è stato coach della squadra di football di un liceo. Ha lo stile umile e cordiale tipico dello Stato di cui è governatore, il Minnesota, è un vero esempio di “Minnesota nice”. Non è di sinistra, nonostante la campagna di Trump cerchi di dipingerlo come un “socialista radicale”. Crede in ogni caso nella difesa dei diritti riproduttivi delle donne, nei diritti civili della comunità Lgbtqiaplus, dei disabili e delle minoranze. A differenza del suo rivale sul versante repubblicano, JD Vance, che è un povero filoputiniano, Walz inoltre è dalla parte dell’Ucraina ed è contro Putin. È filo-Nato, filo-Europa e filodemocratico.

Il prossimo appuntamento importante nella tabella di marcia della campagna sarà la Convention nazionale del partito, che si svolgerà dal 19 al 22 agosto a Chicago. Quell’evento sarà una festa di quattro giorni, costellata di discorsi degli ex presidenti Barack Obama e Bill Clinton e del quasi ex presidente Joe Biden. Il team Harris-Walz sarà presentato, consacrato, decantato e sostenuto. Gli addetti alla campagna Harris-Walz calcolano che, se tutto andrà bene, i due incasseranno una bella spinta in alto nei sondaggi di opinione entro la fine di agosto o i primi di settembre, quando mancheranno soltanto sessanta giorni all’Election Day.

Se il ticket Harris-Walz continuerà a guadagnare popolarità, se il fermento e l’entusiasmo di questa settimana riusciranno a protrarsi fino alla fine dell’estate, allora i democratici potrebbero trovarsi nella posizione di vincere il collegio elettorale, il 5 novembre. Vale la pena ricordare che, in una nazione nella quale votano circa 160 milioni di americani, la presidenza probabilmente sarà decisa da poche centinaia di elettori sparsi tra Arizona, Nevada, Pennsylvania, Wisconsin, Michigan, e Georgia.

Molto dipenderà dal successo di marketing del team Harris-Walz. Per il momento, Harris e Walz si stanno presentando come la nuova voce dell’ottimismo in America, un nuovo slancio di energia, in stridente contrasto con lo “strambo” Donald Trump e JD Vance, il suo candidato estremista alla vicepresidenza. Walz non ha avuto paura a chiamare Vance ipocrita, bifolco fasullo, voltagabbana e, insieme a Trump e ai Maga, semplicemente “strano”. Nel frattempo, si dice che Trump stia provando una sorta di “rimorso dell’acquirente” per aver nominato come suo vice l’antipatico Vance.

Si dice anche che Trump stia ribollendo di rabbia e che, forse, per la prima volta abbia sentore di quello che si prova quando si ha una fifa blu. Se Trump perderà le elezioni, infatti, perderà anche la possibilità di fermare i suoi processi penali, quindi sarà processato e probabilmente sarà condannato per aver istigato l’insurrezione del 6 gennaio 2021. Il processo potrebbe non svolgersi prima del 2025, ma se Harris sarà presidente, nessuno cercherà di interferire per fermarlo. Trump non potrà garantirsi un indulto.
Per adesso, non sembra esserci alcuna immediata strategia di contrattacco da parte di Trump che, quindi, ha fatto ricorso come al solito agli insulti, inveendo contro Harris a epiteti razzisti, a meme sui social media. A Washington, c’è chi crede che Trump potrebbe finire con l’autodistruggersi, che sia il peggior nemico di sé stesso, e che a un certo punto potrebbe semplicemente implodere. Forse è così. Forse no. Quello che è chiaro, tuttavia, è che tutti i sondaggi di opinione più attendibili al momento mostrano che Harris sta guadagnando terreno. La nomina di Walz di questa settimana, i prossimi comizi negli Stati in bilico, l’imminente Convention democratica a Chicago serviranno tutti a rafforzare il team Harris-Walz.
Per la prima volta quest’anno credo che ci sia un buon motivo per sperare di poter proteggere la democrazia americana, evitando che precipiti nell’illiberalità o peggio. Prima di cantare vittoria, tuttavia, dobbiamo vedere se a metà settembre lo slancio di Harris terrà ancora. Quello sarà anche il periodo in cui Trump dovrebbe ricevere la sentenza del giudice in seguito alla sua condanna per 34 capi d’accusa nel processo di New York riguardante i suoi pagamenti illeciti a Stormy Daniels, una pornostar. Traduzione di Anna Bissanti

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