Ripubblichiamo l’intervista che ho rilasciato a Isabella Colombo per Donna Moderna sul mio ultimo libro: Dieci cose da sapere sull’economia prima che sia troppo tardi (Newton Compton Editori). Buona lettura!
8 marzo 2018 – La famiglia Giorgetti, cameriere lui, ausiliaria in un asilo nido lei, guadagna in tutto 2.000 euro al mese. Che non bastano mai: hanno 2 figli alle soglie dell’età adulta e devono alle banche 32.000 euro. Sono nella stessa situazione dell’Italia, con i suoi 2.300 miliardi di debiti che corrispondono al 133% del Pil, cioè dei suoi guadagni. Spiegare la crisi economica con le vicende dei Giorgetti, un tipico nucleo familiare di oggi, è il segreto del successo di Dieci cose da sapere sull’economia italiana (Newton Compton), l’ultimo lavoro del giornalista e scrittore Alan Friedman. Un saggio economico che scala fino al 2° posto la classifica dei libri più venduti è una novità. Vuol dire che tutti gli italiani, e non solo gli esperti, oggi si interrogano sui misteri economici che tengono in stallo in Paese.
Continuerà a mancare il lavoro?
Se la domanda di beni e servizi non è abbastanza alta, le imprese hanno difficoltà ad assumere. Per questo Stefano, il figlio grande dei Giorgetti, finiti gli studi è rimasto a casa. «Bisognerebbe stimolare le assunzioni detassando il costo del lavoro, rendendo flessibili i contratti collettivi, introducendo il sistema dei bonus che premia la meritocrazia» spiega Alan Friedman. «Soluzioni attuabili solo da un governo forte e stabile che al momento non è in vista».
Siamo davvero i più tassati d’Europa?
Non più di Francia o Danimarca. Ma con i servizi pubblici meno efficienti la sensazione è di pagare troppo. «Peggiorano il quadro gli sprechi pubblici e l’evasione fiscale, da combattere per invertire la rotta» dice Friedman. «C’è però un problema a monte: ridurre le tasse a fronte del debito pubblico non è facile. E una politica sulle imposte fatta di piccoli bonus e regali all’elettorato, senza interventi strutturali, è irresponsabile e non porta benefici duraturi».
Come mai le banche fanno meno prestiti?
Perché devono mettere da parte la liquidità necessaria a gestire le cosiddette “sofferenze”, cioè i crediti non rientrati, causa dei crac del recente passato. Quindi per concedere il mutuo della casa a una famiglia o il prestito a una piccola impresa vogliono molte più garanzie che in passato. «Le “sofferenze” potrebbero costare altri 20 o 30 miliardi per i salvataggi da parte dello Stato, soldi dei contribuenti. Questo salverà alcuni italiani, soprattutto i correntisti che hanno conti nelle banche in difficoltà, ma si tratta sempre di denaro pubblico trasformato in debito, e quindi di una nuova responsabilità che ricade sulle spalle di ogni italiano».
Andremo mai in pensione?
I contributi che versiamo oggi servono a pagare non la nostra pensione futura ma gli assegni ai vecchietti di oggi. Un sistema insostenibile. «Intorno al 2030 i milioni di nati negli anni Sessanta busseranno alla porta dell’lnps. Senza la riforma Fornero, odiata ma inevitabile, il sistema sarebbe andato in default. E, nonostante la riforma, quella data è attesa ancora con apprensione. Il periodo critico arriverà fino al 2038. Poi la situazione dovrebbe stabilizzarsi entro il 2060».
Fonte: Donna Moderna 07/03/2018