L'ICONOCLASTA

Trump, Musk e i miliardari cortigiani. È l’ascesa della nuova oligarchia Usa

A partire dal 20 gennaio assisteremo a qualcosa di diverso dalla democrazia liberale e dal leale alleato Nato. A Washington potrebbe affermarsi un governo di tipo autocratico con fedelissimi sulla falsariga di quelli di Putin

Il mio articolo su La Stampa

L’importanza sempre maggiore di Elon Musk nelle vesti di consulente numero uno di Donald Trump non ha messo in luce soltanto il considerevole potere e l’ascendente dell’uomo più ricco del mondo, ma anche il ruolo che i miliardari hanno a Washington di questi tempi.

Musk ha tutte le caratteristiche dell’oligarca americano, si è comprato un posto al tavolo, vuole conseguire alcuni obiettivi per sé, come la deregulation dei settori industriali nelle quali investe, sgravi fiscali che gli apporteranno vantaggi sul piano personale e un’espansione a livello internazionale della sua azienda Starlink grazie al suo ruolo di consulente della Casa Bianca. Siamo in presenza di un oligarca che appare dispostissimo a trattare con Putin o Xi o chiunque altro a patto di trarne profitto. Ne consegue che l’interesse di Musk non è compatibile con gli interessi per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti. Perché mai preoccuparsi di simili dettagli, tuttavia? Nella Washington di Trump l’idea di un conflitto di interessi non si presenta nemmeno. O meglio, si presenta tutti i giorni e con ogni nuova nomina, ma la politica di Trump consiste nell’ignorare perfino i conflitti di interesse più eclatanti o le questioni morali come le accuse per molestie sessuali.

L’oligarca Elon Musk non è benevolo. Si compiace nell’usare la sua ricchezza per far progredire i suoi obiettivi politici e imprenditoriali, anche se ciò significa favorire i teorici della cospirazione, i suprematisti bianchi, i razzisti conclamati, i suonati Maga e Vladimir Putin. Si diverte a riempire la sua piattaforma di social media di menzogne trumpiane, propaganda russa, falsità No Vax e idiozie di QAnon. Quanto si dà da fare! Ha preso un aereo per stare accanto a Trump a Parigi, era a telefono con Zelensky, sceglie i ministri di governo tra i suoi compari, si è comprato addirittura un attico a pochi passi da Mar-A-Lago, controlla il 90 per cento circa del budget annuale del programma spaziale della Nasa. Ah, a proposito, verosimilmente sarà il vero tramite dietro le quinte che Trump userà per parlare in modo riservato con Pechino. Proprio così, il futuro delle relazioni tra Cina e Stati Uniti potrebbe dipendere da quest’uomo, l’oligarca americano che costruisce il cinquanta per cento delle sue automobili Tesla in Cina.

Altri due oligarchi di spicco in questa Washington trumpiana sempre più pittoresca sono Jeff Bezos, il secondo uomo più ricco del mondo, proprietario di Amazon e del Washington Post, e Mark Zuckerberg, il miliardario di Meta, l’eterno antipatico. Bezos era solito criticare Trump ma, poco prima delle elezioni del 5 novembre 2024, ha cancellato un editoriale del Washington Post in cui ai lettori si spiegavano le ragioni per votare Harris, perché Trump era veramente pericoloso per la democrazia americana. Il motto in cima alla testata del giornale di Bezos dice: “La democrazia muore nell’oscurità”. Beh, al Washington Post la democrazia è defunta. Bezos ricava miliardi di dollari dai contratti di Amazon con il governo federale e, a quanto pare, sente di non potersi inimicare il presidente eletto. Quando Trump ha vinto le elezioni, Bezos si è messo in ginocchio e ha mandato un pavido tweet scoppiettante di ammirazione. Zuckerberg, che Trump una volta ha minacciato di voler spedire in galera, si è messo in ginocchio prima ancora di Bezos.

Entrambi gli oligarchi junior hanno annunciato una donazione di un milione di dollari per il Ballo di insediamento di Trump. Entrambi sono ossequiosi verso di lui in modo imbarazzante. Anche Tim Cook di Apple è corso a Mar-A-Lago l’altro giorno e ha baciato l’anello di Trump. Dopotutto, a Trump piace così. Dopotutto, è lui l’oligarca originale, se preferite Il Padrino, l’ex latifondista proprietario di casinò, il palazzinaro-arrampicatore sociale delle periferie del Queens che è riuscito a eludere il carcere per le accuse penali del 2024 facendosi eleggere presidente. Più oligarca di così!

Oggi sono circa undici i miliardari nominati per entrare a far parte del Gabinetto di Trump: alcuni sono sodali di Trump, altri amici di Musk. Ci sono lobbisti del settore petrolifero intenzionati a smantellare le normative ambientali; cripto-estremisti intenzionati ad assumere il controllo dei mercati azionari; No Vax e miliardari squilibrati che dovrebbero dirigere le istituzioni sanitarie; un manipolo di miliardari tech della Silicon Valley guidato da Peter Thiel. A pochi passi di distanza, ci sono donatori miliardari e sicofanti di settori industriali particolari che Trump vuole disfare e deregolamentare, come quello petrolifero, delle armi, delle finanze, delle criptovalute e delle banche. E poi c’è l’Intelligenza Artificiale. L’oligarchia tech di Trump fermerà qualsiasi tentativo volto a regolamentare seriamente l’IA. Deciderà anche a quale oligarca affidare il Servizio delle Poste degli Stati Uniti, fondato nel 1775 da Benjamin Franklin. Trump vuole architettare la privatizzazione e la liquidazione delle Poste. Nemmeno Putin si è spinto a tanto!

L’oligarchia, come la definì Aristotele, è una forma di governo nella quale un piccolo gruppo di individui facoltosi detiene il potere, prendendo decisioni perlopiù per il proprio tornaconto personale, non per il bene comune. Questa concentrazione del potere nelle mani di pochi può provocare disuguaglianze significative, perché gli interessi dell’élite al potere spesso mettono in secondo piano quelli della popolazione nel suo complesso. Aristotele sosteneva che questo può destabilizzare i sistemi democratici che si reggono sulla partecipazione della cittadinanza.

L’America corre sul serio il rischio di diventare un’oligarchia? Parrebbe proprio di sì. Alcuni di voi forse scrolleranno le spalle, diranno che in fondo è stata sempre un’oligarchia, basti pensare alla famiglia Rockefeller, alla famiglia Kennedy. Invece no. Le leggi americane sono sempre state influenzate e modellate da lobbisti che lavorano per le grandi aziende, è vero. Prima d’ora, però, non c’è mai stata una simile sfrontata ostentazione del denaro usato per comprare le elezioni e il potere della Casa Bianca. Quella a cui stiamo assistendo a Washington è l’ascesa di una corte di oligarchi sulla falsariga di quella di Putin, con tanto di codardia generalizzata di miliardari pronti a genuflettersi ai piedi di Trump per ricavarne favori e soldi. Il modello è quello di Vladimir Putin. L’oligarca-in-capo è Donald Trump.

Aristotele ammoniva che, quando conquistano il potere, gli oligarchi poi manipolano e corrompono i processi democratici per servire i propri interessi. Questa strumentalizzazione può assumere varie forme, tra cui l’erosione della partecipazione civile, l’emarginazione delle classi socioeconomiche inferiori, la sovversione delle istituzioni democratiche. Quando gli oligarchi sfruttano la compagine democratica, mettono a repentaglio il principio essenziale di uguaglianza che è alla base della democrazia.

Sono molteplici le prove da cui desumere che gli Stati Uniti stanno diventando una vera oligarchia, e assai plausibilmente anche una democrazia illiberale. Verosimilmente, nei prossimi mesi i diritti civili saranno ridotti e una piccola manciata di oligarchi ricchi e potenti potrà decidere il futuro di tutte le spese di governo e influenzare anche la politica estera degli Stati Uniti, accelerando di conseguenza la rapida perdita di credibilità dell’America come faro della democrazia. A Washington la corruzione potrebbe dilagare e galoppare e i conflitti di interesse stanno già diventano la regola.

Per i prossimi due anni almeno, mentre i Repubblicani hanno il controllo della Casa Bianca, del Senato, della Camera dei rappresentanti e della Corte Suprema, la voce dei miliardari e degli oligarchi attorno a Trump potrebbe determinare gran parte della direzione della politica americana. Un primo esempio sarà il modo con il quale Musk e il suo braccio destro, il miliardario Vivek Ramaswamy dagli occhi stralunati, decideranno di tagliare la spesa pubblica e forse azzerare alcune agenzie governative. A questo lavorerà il Doge, il Dipartimento dell’efficienza governativa, il cui nome è usato scaltramente da Musk anche per guadagnare promuovendo le criptovalute. Musk e Ramaswamy hanno promesso di premere il tasto “Canc” per migliaia di miliardi di dollari di spesa pubblica annua. Non è possibile. Non succederà. Ma saranno senza scrupoli, radicali, aggressivi e in primavera il dibattito pubblico sarà lungo e penoso.

Insomma, l’America sta per essere sottoposta a una forma di terapia shock, che piaccia o no. Trump sta mettendo insieme un cocktail esplosivo, miscelando una parte di democrazia illiberale in stile Orbán, una parte di oligarchia in stile Putin e una parte di potenziale cleptocrazia.

Vale la pena ricordare che è questo ciò per cui l’America ha votato. Per la seconda volta, non per la prima. Hanno votato Trump. Sapevano chi fosse. Hanno votato a favore della sua promessa di deportare in massa gli immigrati. Hanno votato a favore della confusione e del cambiamento. Trump riempirà la Casa Bianca, l’Fbi, il ministero della Giustizia e la Cia di quinte colonne filoputiniane, leccapiedi, estremisti radicali di destra. Al Pentagono dovrebbe incontrare qualche difficoltà. Gli oligarchi, in ogni caso, resteranno attorno a lui a fargli da cornice, un vero circolo di oligarchi, un infuocato anello da girone dantesco dell’Inferno.

Questa non è assolutamente la democrazia liberale e il leale amico della Nato che potreste ricordare. Questa non è più quella America. Quella che vedremo a partire dal 20 gennaio 2025 è l’ascesa di qualcos’altro. Traduzione di Anna Bissanti

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