L'ICONOCLASTA

Un cittadino su tre giustifica la violenza: gli Usa “balcanizzati” allo scontro finale

L’America nel 2022 rimarrà un Paese spaccato dal punto di vista politico e culturale
Il mio editoriale pubblicato su La Stampa

L’economia sarà anche in ripresa ma l’America nel 2022 rimarrà un Paese spaccato dal punto di vista politico e culturale. La variante Omicron ha creato ulteriori divisioni nella società e ha aizzato con un vigore persino maggiore le proteste della folla no-vax e dei teorici del complotto di destra che ormai dominano buona parte del Partito Repubblicano. Vale la pena ricordare che mentre in Italia quasi il 90 per cento della popolazione ha completato il ciclo vaccinale, gli Usa sono fermi al 62 per cento, non di più. Si può ancora entrare in negozi, ristoranti e aeroporti, anzi, ci si può addirittura imbarcare su un volo senza aver ricevuto una singola dose. In Florida due settimane fa ho visto delle persone rifiutarsi rabbiosamente di indossare la mascherina in un supermercato.

Le «medaglie al merito»
Fattore particolarmente disturbante, essere un no vax è diventato ormai uno status politicizzato al massimo grado: per molti è una medaglia al merito, per quanto persino l’ex presidente in persona abbia raccomandato di farsi vaccinare.

Coloro che tendono a sposare le tesi anti vacciniste sono spesso, negli Stati del Sud, gli stessi esponenti della destra sociale che esultano e fanno il tifo per la Corte Suprema che marcia decisa verso la decisione di concedere ai singoli Stati la facoltà di rendere illegale l’aborto. Spesso sono i “nativisti” che vogliono chiudere i confini e sbattere la porta in faccia agli immigranti; sono coloro che temono che nel giro di pochi anni i bianchi non saranno più la maggioranza degli americani.

La Grande Bugia
Ancora più preoccupante per la democrazia è il fatto che uno stupefacente numero di repubblicani, decine di milioni di americani, credano ancora fermamente alla Big Lie, la Grande Bugia, ovvero l’accusa del tutto priva di fondamento lanciata da Trump secondo la quale ci sarebbero stati brogli alle elezioni e Joe Biden non sarebbe un presidente eletto in modo legittimo. Dai sondaggi più recenti emerge che il 71 per cento dei repubblicani sostengono le false rivendicazioni di Trump di essere il vero vincitore dell’elezione del 2020. Questo non è un Partito Repubblicano razionale: è una massa di adepti di una setta. I moderati vengono messi ai margini a forza di purghe. È passato un anno da quel 6 gennaio in cui i sostenitori di Trump hanno razziato il Campidoglio e adesso i repubblicani minimizzano l’insurrezione, si concentrano efficacemente sulle loro guerre culturali e sulle loro politiche identitarie, i temi elettorali con cui puntano a riprendere il controllo della Camera dei Rappresentanti e del Senato a novembre, con le elezioni di mid term. Ed è probabile che ci riusciranno.

Anche perché attivisti del calibro di Steve Bannon e trumpiani vari hanno svolto un’incessante ed efficiente opera di eradicazione dal Partito Repubblicano di chiunque criticasse l’insurrezione dello scorso gennaio. Un certo numero di Stati a trazione repubblicana ha anche introdotto “suppression laws” studiate per rendere più difficile alla popolazione nera povera esprimere il proprio voto alle urne. Stanno letteralmente riscrivendo e ridisegnando i collegi elettorali in modo da strappare seggi ai democratici nel 2022 e poi nel 2024.

La prova generale
La Grande Bugia e l’introduzione delle “suppression laws” sono le armi principali che vengono utilizzate per erodere i diritti civili, le prassi e le istituzioni della nostra democrazia. C’è chi teme che gli eventi del 6 gennaio 2021 non siano stati che la prova generale per altre violenze che ci aspettano in futuro. Potrebbero sembrare paure eccessive, ma riflettete su questo: un anno dopo che una folla pro Trump ha saccheggiato il Campidoglio un sondaggio effettuato dal «Washington Post» ha rivelato che all’incirca un americano su tre, il 33%, ritiene che la violenza contro il governo possa essere giustificata. Tra i repubblicani la percentuale sale al 40%.

Il leader debole
Ci sono ormai due nazioni separate: da una parte un’America che crede alle falsità e non percepisce alcuna minaccia alla democrazia, dall’altra parte i democratici. Ma Joe Biden si sta dimostrando un leader debole, incostante. Il suo partito è squarciato dal conflitto intestino che divide l’Estrema Sinistra dai moderati. La variante Omicron si è rivelata una sfida terribile. Il presidente annaspa.

Il suo indice di gradimento crolla mentre i repubblicani gli danno la colpa dell’inflazione galoppante, del tasso di criminalità, della cattiva risposta alla pandemia. Il Paese si starà anche godendo una fase di ripresa economica, ma più di due terzi dei suoi abitanti, il 69%, non approvano il modo in cui Biden sta gestendo l’inflazione, mentre più della metà, il 57%, condanna come sta gestendo l’economia nel suo complesso.

Il mese scorso Biden non è riuscito a far approvare il suo piano legislativo da 1.750 miliardi di dollari per aumentare la spesa sociale e finanziare la decarbonizzazione, ed è un fallimento che rappresenta un vero disastro per i democratici. Non che il presidente si sia distinto neppure in politica estera: per adesso i ricordi più vividi che ha lasciato sono la débâcle di Kabul e i goffi tentativi di contenere la Cina. E tra poco tutti potremo vedere come se la sarà cavata nella partita a scacchi geopolitica a cui sta giocando Vladimir Putin.

Il Congresso in bilico
È questo il contesto in cui l’America fa il suo ingresso nel 2022. Sarà il classico “anno vissuto pericolosamente”? Con ogni probabilità, sarà un anno in cui Biden perderà uno o entrambi i rami del Congresso, lasciandoli in mano a un partito che non crede più nei riti e nelle regole della democrazia. È vero che i presidenti possono sempre programmare un ritorno in grande stile, una “Fase Due” del loro mandato, ma di solito questo accade dopo una sconfitta alle elezioni di midterm. Provate a immaginare un anno che si chiude con una Camera e un Senato sotto controllo repubblicano, con un Biden ferito, ridotto a un’anatra zoppa, e con un Donald Trump o un qualche surrogato trumpiano che dalla plancia di comando del Partito Repubblicano lancia un’altra campagna elettorale in salsa nazionalista-populista per il 2024.

Non sarebbe per niente una buona notizia. Né per l’America né per il mondo. 

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