L'ICONOCLASTA

Berlusconi si racconta a Friedman: «Vuole vedere la famosa, famosissima sala del bunga bunga? È sicuro? Ha il coraggio?»

In esclusiva per i lettori di alanfriedman.it pubblichiamo un brano di My Way: BERLUSCONI si racconta a FRIEDMAN. Il brano è tratto dal capitolo 8: “Ah, le donne!”. Buona lettura.

4 gennaio 2016 – […] «Vuole vedere la famosa, famosissima sala del bunga bunga? È sicuro? Ha il coraggio?». Silvio Berlusconi ammicca e sta al gioco. Quando pronuncia le parole «bunga bunga» le B esplodono, le sillabe vibrano, scintillano nell’aria come i suoni delle corde pizzicate di un contrabbasso. Le note che provengono dalle sue labbra costringono a sorridere, o a ridere, con i loro insidiosi sottintesi onomatopeici.

Berlusconi decide
per la prima volta di parlare delle notti del bunga bunga, che lui descrive come «cene eleganti». Si difende dall’accusa di aver pagato per fare sesso con una minorenne, la bella e famigerata Karima Rashida El Mahroug, marocchina, ballerina di night-club, nota sui giornali col nome di battaglia di Ruby Rubacuori, non ancora diciottenne quando frequentava Arcore.

Adesso, con una sorprendente disinvoltura per un uomo che è stato accusato di prostituzione minorile, giudicato in un processo-spettacolo, condannato a sette anni di carcere e poi assolto in appello e in Cassazione, Berlusconi si offre come guida per una visita alla sala «cult». Si alza, sfodera tutta la sua spavalderia, ruota teatralmente verso sinistra e ordina: «Mi segua!».

Attraversa un altro soggiorno
, dove spiccano quadri antichi con elaborate cornici dorate, dà una rapida occhiata, oltre il portico, al parco della villa, si ferma davanti a una porta bianca. E lì, con un gesto degno di un d’Artagnan, o del presentatore di uno dei suoi varietà televisivi, Berlusconi apre la porta e tasta la parete alla ricerca dell’interruttore. Quando lo trova, migliaia di watt illuminano la volta affrescata del salone del bunga bunga, che in realtà è una grande sala da banchetti col soffitto altissimo, la sala da pranzo di un re, lunga una ventina di metri e larga sei. Berlusconi non è più timido né cauto, né preoccupato di rispettare le istruzioni ricevute dall’esercito dei suoi avvocati. No, è solo in casa sua, ed è diventato un matador, un one-man show, uno spettacolo di energia e di umorismo, mentre avanza orgoglioso nel magnifico salone.

È proprio questa la sala del bunga bunga? Non una camera da letto ma un tavolo extralarge circondato da quadri antichi e specchi barocchi?

«Eccoci qua» proclama Berlusconi indicando i trentasei posti, come per un pranzo di Stato. Lungo la tavola, colorati carillon rappresentano giostre in miniatura, paesaggi alpini, piste di pattinaggio e tori rampanti, per una decorazione degna di un film di Tim Burton.

Insomma
, la sala del bunga bunga sembra semplicemente una grande sala da pranzo. «Certo, e infatti è proprio una sala da pranzo: è il salone dove si svolgevano le mie soirées» spiega con un gran sorriso. «Io ero seduto qui e là sopra c’era l’orchestra. La tavola è sempre apparecchiata con eleganza, e in tutto questo tempo non è cambiato nulla: in effetti ho continuato per trent’anni e continuo ancora oggi a organizzare le mie cene proprio qui, in questo salone, con i miei ospiti».

E la prima volta
che si è presentata Ruby? «In quella particolare occasione c’erano diverse belle ragazze che venivano dal mondo della tv e del cinema… Io produco film, produco spettacoli televisivi, chi aspira ad avere un ruolo nel mondo dello spettacolo è ben felice di essere invitato a cena e di poter incontrare Silvio Berlusconi, l’editore della televisione, il produttore di cinema, l’editore di “Chi” e, tra l’altro, anche presidente del Milan e primo ministro. E a parte questo, credo si debba ammettere che io sono un tipo piuttosto divertente, ero un primo ministro abbastanza anomalo, uno cioè che non si ha la fortuna di incontrare facilmente!».

E qual era il posto di Ruby?
«Ah, non me lo ricordo. Un posto diverso ogni volta». Ma era un’ospite? «Sì, sì». Niente sesso, solo cene e musica? Anche se lei è tornata ad Arcore una dozzina di volte? Berlusconi si impunta, ma solo per un attimo, un microsecondo, e poi fa lampeggiare di nuovo il suo sorriso holly­woodiano. «Potrei aggiungere» ribatte con l’aria di chi è stato ferito nell’orgoglio «che anche se ci fosse stato sesso, qui in una casa privata, non sarebbe stato un delitto. Perciò dove sta il reato? Quale reato è stato commesso qui?» Berlusconi è stato processato per prostituzione minorile, è stato accusato di aver pagato per fare sesso con una minorenne, ma ha sempre sostenuto di non conoscere la vera età di Ruby.

«Ruby,» afferma Berlusconi «be’, intanto ha sempre detto a tutti di avere ventiquattro anni. E di sicuro dimostrava quell’età, perché era molto intelligente e molto furba, e perché ha vissuto una vita difficile. Ma non esiste che io abbia avuto rapporti intimi con lei.»

Niente sesso? «Ho sempre detto di non aver mai toccato Ruby, nemmeno con un dito, e Ruby ha sempre dichiarato la stessa cosa, e nessuno ha mai visto niente. Per dimostrare che ci sia stato del sesso bisognerebbe avere una fotografia, un video, o almeno un testimone credibile. Ma non c’è nulla di tutto questo. È una pura invenzione!»

Adesso sorride, rilassato e a suo agio, l’uomo che vuole essere amato e ammirato, che vuole divertire e affascinare le persone attorno a sé. È sempre e ancora il Berlusconi originale, quello che è diventato un magnate televisivo tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli Ottanta, l’uomo il cui debole per le ragazze tutte curve e gambe lunghe era condiviso da decine di milioni di concittadini, che proprio per quello guardavano i luccicanti varietà della sua televisione. A partire dagli anni Ottanta e fino a oggi, Berlusconi ha sempre amato organizzare quelle che considera cene eleganti e divertenti, spesso con musica. I gusti personali e la definizione di «divertente» sono questioni soggettive.

Il caso Ruby, tuttavia, è stato più di uno spettacolo mediatico: si è dimostrato ben presto una faccenda molto seria per Berlusconi, una fonte di imbarazzo dal punto di vista sia personale sia politico. Quando esplose la storia, con la pubblicazione, a fine ottobre 2010, delle prime indiscrezioni provenienti dalla procura di Milano, Berlusconi si vide messo in ridicolo in metà delle cancellerie d’Europa; in numerose città, da Mosca a Manchester, da Berlino a Bali, furono aperti dei Bunga Bunga Bar; quelle due parole fecero apparire Berlusconi una via di mezzo tra il buffone e il satiro, e in Italia i suoi avversari di sinistra si gettarono avidamente sulle nuove accuse di concussione e di sesso a pagamento con una ballerina marocchina minorenne. Quando, a fine 2010, Berlusconi venne informato di essere sotto inchiesta, sembrò che lo scandalo potesse far cadere il governo e portare a nuove elezioni.

Mentre dalla procura di Milano finiva direttamente sulla stampa italiana un flusso continuo di intercettazioni telefoniche, deposizioni di testimoni e informazioni sui regali generosamente distribuiti a decine di aspiranti modelle e starlette televisive che avevano partecipato alle serate di Arcore, Berlusconi era costretto a mettersi sempre più sulla difensiva.

Per la stampa internazionale, tutto ruotava attorno a Ruby. Al di là del sesso, Berlusconi era anche accusato di aver abusato della sua posizione di primo ministro in carica telefonando nel maggio 2010 alla questura di Milano per far rilasciare Ruby, fermata per furto. La ragazza, minorenne, avrebbe dovuto essere affidata a una comunità, ma Berlusconi, al telefono da Parigi, chiese e ottenne che della custodia si occupasse un’altra amica del suo entourage, Nicole Minetti, già ballerina in un varietà delle reti berlusconiane, igienista dentale, eletta come consigliera regionale lombarda nella lista del presidente Formigoni, collegata al Popolo delle Libertà.

Per ottenere il suo scopo, disse al funzionario della questura che Ruby era parente del presidente egiziano Hosni Mubarak (sua nipote, secondo la vulgata pubblicata dai giornali). Si sarebbero evitate così complicazioni diplomatiche, se fosse stata consegnata alla consigliera Minetti, disposta a presentarsi in questura per prendersi cura di lei. In seguito, Berlusconi avrebbe riferito che non ricordava con precisione i termini della telefonata, ma negò con decisione di aver abusato dei suoi poteri con i funzionari di polizia.

Berlusconi ammise anche di aver aiutato finanziariamente Ruby, che si trovava in difficoltà. Entrambi negarono qualunque forma di rapporto sessuale. Ma gli articoli sui giornali e le fughe di notizie continuarono, e ben presto l’Italia si trovò a discutere di un harem di trentatré ragazze a disposizione del premier, molte delle quali ospitate in un residence di Milano 2, in via Olgettina (di qui il nome collettivo di «olgettine» con cui cominciarono a essere chiamate).

Berlusconi, come al solito, mise in ridicolo l’intera faccenda ricorrendo all’autoironia: «Ho settantaquattro anni e, anche se sono piuttosto birichino, l’idea di trentatré ragazze in due mesi mi sembra un po’ esagerata, anche per un trentenne».

Purtroppo per lui, il suo senso dell’umorismo non era condiviso dai magistrati della procura di Milano, molto più abbottonati e, nella testa di Berlusconi, soltanto l’ennesimo esempio di una magistratura di sinistra che da vent’anni gli fa una guerra senza esclusione di colpi. E nemmeno da una parte dell’opinione pubblica, specialmente femminile, che si mostrava scandalizzata dai suoi comportamenti. Già una volta, nel 2007, aveva dovuto pubblicare una lettera di scuse a causa di una battuta, quando la donna offesa era Veronica Lario. Ma Berlusconi è fatto così. «Non sono un santo» ha detto in varie occasioni con un sogghigno l’Uomo dalla Battuta d’Oro. O anche, come scherzò una volta: «Sono stato fedele, spesso».

Nell’agosto 2010, quando le notizie di altri scandali sessuali legati a Berlusconi occupavano le prime pagine dei giornali di mezza Europa, toccò a un primo ministro molto meno dotato di humour prendersi gioco del premier italiano. Il britannico David Cameron, da poco al governo, era in partenza per Roma, per una cena di Stato con Berlusconi. Quel pomeriggio, a Downing Street, ospitava per il tè, insieme alla moglie Samantha, uno street artist inglese, Ben Eine. Eine raccontò che a un certo punto il premier venne interrotto.

«Eravamo seduti a chiacchierare
, e arrivò un assistente: “David, dobbiamo andare” disse. Cameron saltò su e si rivolse alla moglie: “Samantha, devo partire per l’Italia, cena con Berlusconi. Comunque non ti preoccupare, ho detto a Tal dei Tali di tirarmi fuori dalla jacuzzi prima che si presentino le puttane”.»

Nell’aprile 2011, quando cominciò il processo Ruby, per Berlusconi la storia aveva smesso da un pezzo di essere divertente. Di’ che non è così, Silvio! titolava il «New York Daily News». Il tabloid scriveva che Berlusconi sarebbe stato processato «con l’accusa di aver pagato per fare sesso con una ballerina minorenne e poi di aver tentato di coprire tutto». Un giornale svizzero, «Le Temps», parlò della «decadenza della politica italiana». Il «New York Times» scriveva con la consueta classe che Berlusconi aveva deciso di non essere presente in udienza a Milano ma si sarebbe fermato a Roma per una riunione sulla crisi libica. L’«Observer» di Londra parlava della «suspense» in Italia «mentre il processo del bunga bunga è destinato a sollevare il coperchio sulle buffonate di Berlusconi».

Nella più grande aula
del tribunale di Milano erano accreditati centodieci giornalisti stranieri. La Cnn trasmetteva il processo in diretta. Erano presenti Al Jazeera e la Bbc, il «New York Times», il «Washington Post», «Le Monde», «Der Spiegel», «Die Zeit», «Libération», «El País» e molti altri giornali e televisioni. Fuori dal tribunale, decine di carabinieri in assetto antisommossa dovevano evitare che i manifestanti pro Berlusconi, che cantavano l’inno di Forza Italia, Meno male che Silvio c’è!, entrassero in contatto con quelli che protestavano contro di lui al grido di «bunga bunga». Nelle varie udienze sarebbero sfilati duecento testimoni, tra cui trentatré presunte escort e il divo di Hollywood George Clooney, che disse di aver parlato con i legali di Berlusconi e di essere ben contento di testimoniare. Clooney rivelò che aveva passato una sera nel palazzo romano di Berlusconi, e la descrisse come «una delle serate più sorprendenti della mia vita». Clooney raccontò di essere stato condotto nella camera da letto per vedere il letto che si diceva fosse stato donato da Vladimir Putin.
Ad Arcore, nella sala del bunga bunga, Berlusconi sorride felice quando deve parlare di Clooney.

«Dopo essere venuto a casa mia a Roma
, George Clooney disse: “Sono stato a una cena e mi sono divertito molto. Il mio ospite è stato affascinante, ma non ho partecipato a nessun bunga bunga”. Certo che no: il bunga bunga era appunto la cena!»

Berlusconi ama pronunciare
le parole «bunga bunga» con un tono basso, come se le cantasse Louis Armstrong. Spiega l’origine del termine, che deriva da una vecchia storiella e ha a che fare con un suo vecchio amico, il defunto dittatore libico Muammar Gheddafi.

«Ogni anno, Gheddafi voleva che andassi in Libia per partecipare alla cerimonia con i centocinque capitribù che lo incoronavano Re dei re. In un’occasione non potei andare, perché avevo già preso un altro importante impegno, e così lui mi chiese di spedire due delegati al mio posto. E qui comincia la barzelletta. I miei due delegati, Bondi e Cicchitto, vengono catturati da una feroce tribù ribelle. Li legano a un palo, e intorno a loro si scatena una danza tribale. Si sentono urla gutturali, e le uniche parole che si distinguono sono “bunga bunga, bunga bunga”.

«Quando finisce la danza, lo stregone si avvicina a Cicchitto e gli chiede: “Tu, morire o bunga bunga?”. Come farebbe chiunque, tra la morte e il bunga bunga Cicchitto sceglie il bunga bunga. Così, tutti i guerrieri del villaggio se lo fanno.»

Qui Berlusconi non gesticola
. Bastano le parole per esprimere il concetto. Poi riprende. «Lo stregone si avvicina a Bondi, l’altro mio delegato, e anche a lui fa la stessa domanda: “Tu, morire o bunga bunga?”. E Bondi, dopo aver visto cosa è successo a Cicchitto, grida: “Morire!”. E lo stregone: “Ah, va bene morire, ma prima… un po’ di bunga bunga”. È questa barzelletta che ha dato il nome a tutto» conclude Berlusconi ridendo di cuore. […]

ULTIMI ARTICOLI