Il pericolo deflazione c’è. Ed è oramai chiaro per tutti in Europa. Per un’Italia ancora in un periodo di stagnazione (o di fievolissima ripresa), e con il carico di un debito nazionale molto elevato, la trappola di prezzi in discesa, accompagnati da una crescita modesta se non inesistente, è particolarmente insidiosa. La morsa di deflazione e stagnazione potrebbe rivelarsi micidiale per l’intera zona dell’euro. Il presidente della Banca centrale europea (Bce), Mario Draghi, sta predisponendo le sue mosse in previsione del 5 giugno quando annuncerà la politica di Francoforte in merito a tassi e sostegni alla ripresa economica.
Lo scenario finanziario-economico è problematico: l’euro è troppo forte e la crescita è troppo debole, mentre le banche non aiutano le piccole e medie imprese. Ed è per questo che le attese sono perché tra pochi giorni si proceda a misure inusuali iniziando una guerra contro deflazione e stagnazione, possibilmente attraverso iniziative straordinarie, «bombe a grappolo» secondo la definizione anglosassone, firmate dalla Bce.
In Italia, l’economia rimane debole. La Banca d’Italia lo ha detto bene in questi giorni: «L’uscita dalla recessione è travagliata, la ripresa fragile e incerta». Nel nostro Paese, come altrove in Europa, un tasso di inflazione dello 0,5% o dello 0,7% è un problema. Un po’ di crescita di prezzi è salutare per l’economia. L’inflazione a bassi livelli funziona come un lievito, mentre La deflazione è nemica della crescita.
Una discesa dei prezzi marcata è particolarmente nociva per chi ha un debito elevato, come l’Italia: l’Ocse per il 2014 prevede il rapporto tra indebitamento e Prodotto interno lordo al 134,3%. E la deflazione funziona così: prima scendono i prezzi, poi i consumatori rinviano i consumi, poi la domanda interna scende ancora, e poi i prezzi scendono ancora. Ma i 2.100 miliardi del debito non calano, essi rimangono. E lo Stato avrà meno introiti dal Fisco perché la crisi è peggiorata ma deve pagare lo stesso gli interessi sul debito. Dovrà tagliare le spese rallentando ancora l’economia, in una spirale negativa continua. Tanto più se, come accaduto ieri, l’Europa chiede all’Italia «sforzi aggiuntivi» per tenere in ordine i propri conti pubblici.
Nel Belpaese il quadro è quindi quello di una domanda interna che rimane debole, mentre la forza dell’euro contro il dollaro rallenta le esportazioni e danneggia il Made in Italy, la disoccupazione è quasi il doppio del 2008 e alle imprese non resta che registrare una situazione dove di denaro ne gira poco e comunque non a sufficienza. Ecco spiegato un tasso di crescita del Pil nei primi due trimestri tra -0,1% e +0,3%: un periodo di sostanziale stagnazione, altro che ripresa.
Si aggiunga a questa realtà macro-economica la deflazione e si rischia davvero un «decennio perso» alla giapponese, un periodo prolungato di stagnazione, di elevata disoccupazione, di impoverimento e declino. Peggio: si rischia un secondo decennio perso, visto che possiamo quasi già cancellare il 2007-2017 come un periodo di sostanziale mancata crescita. Il presidente della Bce, Mario Draghi, ha parlato in questi giorni della «pernicious negative spiral», la perniciosa spirale negativa, di bassa inflazione e poco credito. Il tasso di inflazione nella zona euro è intorno allo 0,7 per cento, meno della metà dell’obiettivo posto dalla Bce del due per cento.
Francoforte è ben consapevole dei rischi che sta correndo l’economia dell’intera zona euro in questo momento, e presto Draghi dovrà agire in modo sorprendente quanto efficace. L’arsenale potenziale della Bce comprende: un taglio del tasso di interesse, forse in territorio negativo; (a un certo punto) l’iniezione di liquidità sui mercati attraverso l’acquisto di titoli; nuove linee di credito pluriennali alle banche a interessi favorevoli ma legati alla condizione che questi fondi vengano utilizzati in favore soprattutto delle piccole e medie imprese in difficoltà.
Il pericolo è reale. E senza una serie di azioni dure e massicce da parte della Bce, la morsa stagnazione e deflazione sarebbe garantita. Qualche forma di quantitative easing ci deve essere in Europa, quale che sia la strada bisogna iniettare liquidità. L’obiettivo di Draghi e dei suoi colleghi è far capire ai mercati che l’euro è sopravvalutato in questo momento, e incentivare o motivare le banche ad aiutare le piccole imprese che in mezza Europa stanno soffrendo. Per una banca centrale si tratta di misure radicali, e senza precedenti per quella europea. Ma proprio per questo si capisce quale pericoloso momento stiamo vivendo. Alla Banca centrale europea, stanno pensando di usare davvero il loro arsenale. E giovedì, quasi sicuramente, ne vedremo un’anticipazione.
Pubblicato sul Corriere della Sera del 3 giugno 2014
(Photo credit: Beppe Giacobbe)