Ripubblichiamo l’intervista che ho rilasciato al magazine Vero, a firma Benedetta Sangirardi. Buona lettura!
10 marzo 2018 – Un’Italia divisa in tre. con nessuna maggioranza. Vincitore delle elezioni 2018 è il M5S, primo partito, che conquista Sud e Isole e arriva al 32.6 per cento. Il centrodestra è invece la prima coalizione con il 37 per cento e vince al Centronord, con la Lega che trionfa e supera Forza Italia. Con un forte calo nel Pd. il centrosinistra conquista solo Toscana e Trentino-Alto Adige. Alan Friedman, economista, è arrivato da pochi giorni nelle librerie con Dieci cose da sapete sull’economia italiana, un libro che spiega in modo semplicissimo temi come pensioni, debito pubblico, tassazione, mercati finanziari, prendendo come modello una famiglia italiana. E con la stessa semplicità, a Vero, racconta a caldo che cosa ci dobbiamo aspettare – dopo il voto.
Movimento 5 Stelle primo partito e per la Lega un trionfo a destra. Che cosa pensa delle elezioni?
«Credo sia stato un voto contro l’establishment, profondamente euroscettico e che premia la politica anti migranti. Un voto, però, che crea anche un grosso punto interrogativo sulla gestione economica del Paese e sulla ripresa».
Quindi, in sostanza, un voto di protesta.
«È un chiaro segno di rigurgito contro il vecchio, contro i partiti tradizionali, contro tutto quello che abbiamo conosciuto nella politica italiana fino a questo momento. È accaduto quello che abbiamo visto nel 2016 negli Stati Uniti con la vittoria di Donald Trump: un risultato che capovolge lo stato delle cose. Inizia una nuova era della politica, in Italia».
Che cosa dobbiamo aspettarci a suo avviso?
«Ci aspetta, purtroppo, ancora più incertezza rispetto a quella che abbiamo avuto finora. E si aprono nuove sfide».
Anche in ambito economico? Lei crede, per esempio, nel reddito di cittadinanza, uno dei cavalli di battaglia della campagna elettorale del M5S?
«Non posso credere in una misura che, nei fatti e visti i conti dello Stato, non è realizzabile. Dare un reddito garantito a tutti i cittadini, oltretutto, non sarebbe comunque una buona soluzione per l’economia. Bisogna tagliare il costo del lavoro e creare occupazione. Salvini, sulle pensioni, parla di abolire la legge Fornero: se davvero l’Italia cassasse questa riforma, il sistema pensionistico andrebbe in bancarotta. Dobbiamo augurarci che le misure estremiste che sono state proposte in campagna elettorale da Di Maio e Salvini non vadano mai in porto».
Chi sono gli sconfitti di questo turno elettorale?
«Berlusconi e Renzi. Quest’ultimo è stato sconfitto in modo disastroso: secondo me è la fine della sua carriera politica. E Berlusconi sorpassato da Salvini significa che non solo è finita l’era dell’ex Cavaliere, ma anche che si va verso la progressiva estinzione di Forza Italia».
Torniamo all’economia delle famiglie. Quali sono le tre misure più urgenti per risollevare il Paese?
«Primo: cercare di dare più incentivi alle assunzioni, detassazione per chi assume e sgravi fiscali. Secondo: affrontare il grande problema del debito pubblico, 2.300 miliardi di euro, che è il più grosso ostacolo alla crescita. Terzo: ottenere dall’Europa la massima flessibilità per fare più investimenti pubblici».
Ha vinto, anche, l’anti europeismo. È vero che siamo i più tartassati d’Europa fiscalmente parlando?
«Tra i big d’Europa sì, siamo messi peggio di tutti. La pressione fiscale, che non è dettata da Bruxelles, è a livelli insostenibili e il sentiero è stretto. L’Italia si trova come legata in una camicia di forza a causa dei trattati di Maastricht e di tutti i vincoli europei. E questo spiega anche perché chi ha fatto una campagna elettorale contro la Ue, come Salvini e Di Maio, ha visto crescere il consenso. Il concetto che hanno venduto è: state con noi, rompiamo con l’Europa e tutto andrà bene. Purtroppo, la realtà è diversa e più complicata».
Ma in definitiva, l’Europa ci aiuta o ci danneggia?
«La moneta unica è stata fatta male e ha certamente dei problemi. Ma se l’Italia uscisse dall’euro gli interessi sui mutui e i prestiti per le imprese tornerebbero al di sopra del 10 per cento. Ci sarebbero una crisi del debito e una speculazione dei mercati finanziari pesantissima. Ma l’Europa va riformala, senza dubbio, perché sta vivendo una crisi».
In che modo l’euro ci fa bene e ci fa male?
«Ci fa bene perché garantisce tassi più bassi, ma ci fa male perché restringe la possibilità di fare più investimenti pubblici. Ma di fatto, se uscissimo dall’euro, i mercati finanziari “attaccherebbero” l’Italia e il debito pubblico porrebbe avere una crisi come nel 2011 (quella che fece cadere Berlusconi, ndr). Un disastro».
Fonte: Vero 09/03/2018