Pubblichiamo la traduzione in italiano di un editoriale apparso sul britannico FT, secondo il quale la sostenibilità dell’Italia nella zona euro sarebbe molto incerta. Ho risposto all’analisi di Wolfgang Munchau in un videoblog pubblicato dal Corriere della Sera.
1 febbraio 2016 – Cosa dovremmo pensare del rischio sistemico nell’Europa di oggi? L’Ue ha avuto un moderato successo nella gestione delle crisi. Ma l’abilità di fare le cose alla meno peggio sta mostrando i suoi limiti nel momento in cui, come ora, diverse crisi si intersecano nello stesso momento.
Il problema è più chiaramente visibile in Grecia, un paese che sta combattendo allo stesso tempo il tracollo economico e la crisi dei rifugiati senza ricevere grande aiuto dal resto dell’Ue. La scorsa settimana, quando la Commissione europea ha pubblicato un report che criticava Atene per il suo fallimento nel controllare i propri confini, la Macedonia ha preso la decisione unilaterale di chiudere a sud il suo confine con la Grecia, lasciando migliaia di rifugiati sul lato greco del confine. Ad Atene, nello stesso tempo, il parlamento discuteva la riforma delle pensioni, imposta al paese dai creditori in cambio del sostegno finanziario.
La Grecia può essere l’esempio più estremo, ma non è l’unico paese che sta affrontando crisi sovrapposte. Non è nemmeno il più importante a trovarsi di fronte a questo dilemma. È l’Italia. Se i problemi di Roma sono diversi da quelli della Grecia, la sostenibilità a lungo termine del paese nella zona euro è allo stesso modo incerta, a meno che non si creda che la sua performance economica possa miracolosamente migliorare quando ne mancano i presupposti.
L’Italia è stata sopraffatta dalla crescita del flusso di profughi provenienti dal Nord Africa lo scorso anno. Come se non bastasse, l’Italia si trova ad affrontare problemi economici irrisolti: la produttività ferma da 15 anni, un grande debito pubblico che lascia il governo praticamente senza margine di manovra, e un sistema bancario con 200 miliardi di crediti deteriorati più altri 150 miliardi di debito classificato come problematico. Bisogna poi prendere in considerazione che i tre principali partiti di opposizione hanno tutti, in vari momenti, messo in discussione l’appartenenza del paese all’Eurozona. Anche se nessuna di queste forze politiche sembra avere speranze di prendere il potere nel prossimo futuro, è chiaro che l’Italia ha un tempo limitato per risolvere i suoi molteplici problemi.
La battaglia per rimettere in ordine il sistema bancario è un buon esempio di quanto gravoso sia il compito. La scorsa settimana, il governo italiano e la Commissione europea hanno concordato uno schema contorto per dare sollievo al sistema bancario italiano da alcuni asset tossici. Questo utilizza tutti i trucchetti sporchi della finanza moderna, incluso il famigerato credit default swap, un prodotto finanziario che mima un’assicurazione contro un’insolvenza obbligazionaria, molto popolare nel periodo precedente il 2007 e la bolla creditizia. Questi strumenti permettono agli investitori di tutelarsi dal rischio di default. Ma il più delle volte, il loro vero scopo è di occultare le informazioni, ingannare gli investitori o aggirare i vincoli normativi.
Nel caso dell’Italia, dietro questa struttura non c’è questo tipo di motivazioni malevole, ma l’idea che la crisi di solvibilità del paese possa essere risolta attraverso imbrogli finanziari è, certamente, assurda. Secondo me questo schema, più che un simbolo di ingegneria finanziaria deviata è segno di disperazione. L’Italia poteva fare poco altro sotto le severe regole dell’Ue sugli aiuti di Stato.
La Commissione europea aveva precedentemente bloccato una proposta di creazione di una classica “bad-bank”, una società di proprietà dello Stato, che avrebbe comprato il debito tossico direttamente dalle banche commerciali dando loro un sollievo immediato. Secondo le leggi dell’Unione europea, questo avrebbe configurato un aiuto di Stato illegale. Lo scopo dello schema CDS (Credit Default Swap, ndr) è più modesto. Non porterà sollievo immediato ma aiuterà a creare un mercato efficiente per vendere parte di questo debito tossico nel tempo. Dovremmo dunque aspettarci che l’Italia, e l’economia in senso largo, continueranno a faticare.
Rabbrividisco al pensiero di come l’Italia potrebbe far fronte a un ulteriore shock simile a quello che sta vivendo la Grecia dopo la decisione della Macedonia, un afflusso improvviso di migranti dalla Siria. Questo potrebbe accadere, per esempio, attraverso nuove chiusure dei confini sulla rotta balcanica, l’accesso preferito dai rifugiati siriani per andare in Germania. Un tale cambiamento potrebbe portare i rifugiati a deviare attraverso il mar Adriatico, verso l’Italia.
Ci sono segnali di come la pazienza dell’Italia con la Ue e la Germania, in particolare, si stia esaurendo. Il primo ministro Matteo Renzi ha attaccato apertamente le politiche della Ue in materia di energia, sulla Russia, sul deficit di bilancio e sul dominio tedesco dell’intero apparato. Non è solo la crisi dell’euro che ha portato l’Italia sull’orlo di mettere in discussione la sua posizione nell’Eurozona. Si tratta di una combinazione di più crisi ed è probabile che crescerà con il dibattito sulla Brexit.
La sfortuna ha fatto la sua parte. La politica europea di tirare avanti alla meglio, di fare il minimo richiesto sperando di poter poi spazzare i detriti in un secondo tempo, avrebbe anche potuto funzionare se i rifugiati fossero rimasti a casa loro. L’errore europeo non è stato di aver scelto un cammino che potrebbe portarla alla rovina, ma di essersi resa priva di difese di fronte al prossimo shock imprevisto.
(Traduzione di Luna De Bartolo)
VIA/ The Financial Times