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Attentati di Bruxelles, gli errori delle autorità e delle forze dell’ordine del Belgio

Già criticate dopo gli attentati di Parigi per il loro lassismo nella lotta contro il terrorismo, le autorità belghe sono di nuovo prese di mira dopo gli attacchi che hanno colpito Bruxelles. Il quotidiano belga La Libre Belgique ha riassunto punto per punto tutti gli errori per cui l’apparato di sicurezza del Belgio è stato accusato. Qui la traduzione in italiano.

29 marzo 2016 – 1) La Turchia ha rimproverato il Belgio di avere ignorato delle informazioni trasmesse, sotto il profilo di foreign fighter, su Ibrahim El Bakraoui, uno dei kamikaze dell’aeroporto, arrestato a giugno alla frontiera con la Siria. Per la giustizia belga, El Bakraoui, il cui fratello è allo stesso modo implicato negli attentati di Parigi, all’epoca era un condannato per reati comuni in libertà condizionale. Quando i turchi, a luglio, lo espellono in direzione di Amsterdam, prevengono le autorità belghe e olandesi all’ultimo momento. El Bakraoui non era atteso e si ritrova in libertà. Prima della sua espulsione, lamenta il governo belga, l’ufficiale di collegamento belga a Istanbul, avvisato, non si sarebbe informato sul curriculum di El Bakraoui, che aveva violato i termini della sorveglianza giudiziaria. E, ancora più importante, Ibrahim El Bakraoui era da settembre su una lista antiterrorismo dell’FBI americano, secondo le autorità olandesi.

2) Dopo gli attentati di Parigi, il sospetto chiave Salah Abdeslam era stato controllato dai gendarmi francesi vicino alla frontiera con il Belgio. Ma senza preoccuparsene, il Belgio non aveva mai segnalato alla Francia che quest’uomo di nazionalità francese (ma nato e cresciuto a Bruxelles, ndr) era schedato come individuo radicalizzato.

3) Al di là di questa dimenticanza dalla pesanti conseguenze, viene spesso rimproverato al Belgio di comunicare informazioni frammentarie. “Quando qualcuno è sospettato di essere radicalizzato, bisogna che non appaia come un delinquente di reati comuni”, lamenta una fonte del governo francese.

4) E le informazioni non sembrano circolare nemmeno all’interno delle frontiere: il personale di una scuola bruxellese frequentata da un kamikaze aveva segnalato la sua radicalizzazione, ma questa segnalazione non è mai arrivata alla polizia.

5) La fuga di Abdeslam dopo il 13 novembre è durata tre lunghi mesi, e verosimilmente sembrerebbe che non abbia mai lasciato Bruxelles, nascondendosi prima nel comune bruxellese di Schaerbeek, poi a Forest e Molenbeek, dove è stato catturato il 18 marzo. I poliziotti belgi sono stati criticati per il loro scarso controllo del territorio, e il fuggitivo ha disposto di una rete locale di sostegno.

6) In seguito, alcuni media belgi hanno rivelato che la polizia di Malines (nel nord) conosceva da mesi l’indirizzo dell’ultimo rifugio di Abdeslam. La polizia si è difesa dicendo di aver avuto come unica indicazione la presenza di una persona radicalizzata a questo indirizzo, ma ha riconosciuto che avrebbe dovuto trasmetterla (alla polizia di Bruxelles, ndr).

7) Un’altra informazione che ha destato scalpore: Salah Abdeslam è stato interrogato solo brevemente dopo il suo arresto il 18 marzo, mentre erano in preparazione gli attentati di Bruxelles del 22 marzo. Gli investigatori non sono forse stati poco pronti, precludendosi la possibilità di sventarli? I magistrati hanno assicurato che Abdeslam è stato interrogato il 19 marzo per tre ore in totale. Ma che quel giorno, nel corso della sua terza audizione, ha iniziato a “usufruire del suo diritto a restare in silenzio”. Ascoltato ancora il 22 marzo, dopo la strage di Bruxelles, non ha detto una parola.

8) Un altro rimprovero ricorrente: il Belgio avrebbe fatto prova di lassismo di fronte alla radicalizzazione di parte dei suoi giovani. Il paese è quello che conta in Europa – in proporzione alla sua popolazione – il più grande numero di jihadisti partiti a combattere in Siria e Iraq.

9) Il comune bruxellese di Molenbeek ne è emerso come un vivaio. Salah Abdeslam e suo fratello Brahim, kamikaze a Parigi, ci sono cresciuti. Uno dei presunti organizzatori di questi attentati, Abdelhamid Abaaoud, ne era originario. Gli assassini del comandante Massoud (combattente contro il regime talebano afghano, ndr) ci hanno soggiornato nel 2001, così come uno degli ideatori degli attentati del 2004 a Madrid.

10) A livello locale certi amministratori, come l’ex borgomastro di Molenbeek, Philippe Moureaux, sono stati tacciati di compiacenza di fronte alla diffusione di un islam sempre più radicale. A livello nazionale, il rimprovero è spesso rivolto alle autorità, accusate di aver lasciato che l’Arabia Saudita diffondesse la dottrina salafita, considerata come l’ideologia fondante del jihadismo.

11) Una polemica è nata anche a proposito della reazione delle autorità il 22 marzo. Secondo il ministro dell’Interno, l’evacuazione delle stazioni della metro e ferroviarie della capitale sarebbe stata decisa alle 8:50, meno di un’ora dopo le esplosioni all’aeroporto di Bruxelles ma prima dell’attentato alla metro delle 9:10. La Stib, la società che gestisce il trasporto pubblico, ha tuttavia dichiarato di non aver ricevuto alcuna istruzione in questo senso. E un sindacato di ferrovieri ha inoltre assicurato che intorno alle 10 ancora circolavano treni.

12) Per numerosi analisti, soprattutto all’estero, lo stratificato assetto istituzionale belga complicherebbe la lotta al terrorismo. La divisione di Bruxelles in sei diverse zone di polizia suscita incomprensione. Ma i partiti francofoni restano reticenti a effettuare cambiamenti su questo terreno.

(Traduzione di Luna De Bartolo)

VIA/ La Libre Belgique

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