Checché ne dica Salvini, l’Italia il 27 maggio si sveglierà con lo stesso debito pubblico, le stesse prospettive economiche e la stessa instabilità politica interna. Nessuna bacchetta magica, purtroppo. Il mio editoriale, pubblicato mercoledì da La Stampa.
23 maggio 2019 – All’indomani delle elezioni europee, qualunque sia il risultato e a prescindere da chi avrà raccolto più voti, tre fatti della vita economica del Paese resteranno immutati.
Innanzitutto, l’Italia avrà ancora di fronte a sé delle prospettive economiche incerte: le previsioni di crescita del Pil per il 2019 si collocano tra lo 0,1 e lo 0,5%, al meglio. Anche se si osservasse un leggero miglioramento rispetto allo striminzito 0,2% del primo trimestre, cambierebbe poco. Nel 2019 il Belpaese è destinato ad essere il fanalino di coda dell’Europa.
Secondo, poi, l’Italia sarà sempre schiacciata dal peso del suo enorme debito pubblico da 2300 miliardi, un gravame che si appesantirà ancora nei prossimi mesi a causa della decisione del governo di finanziare una serie di politiche assistenziali ricorrendo al deficit, il quale si trasformerà in debito addizionale. Questo, assieme all’instabilità politica, renderà il Paese più vulnerabile e soggetto ad attacchi speculativi contro i suoi titoli, cosicché i tassi d’interesse pagati dallo Stato su questi titoli si alzeranno ulteriormente o non si muoveranno dagli attuali livelli, già abnormemente elevati. Il costo sarà di diversi miliardi, e a pagare, come sempre, saranno i contribuenti italiani.
La terza cosa che non cambierà, in termini economici – ipotizzando che il governo arrivi all’autunno e non si vada verso una crisi e un nuovo voto – è il fatto che la Lega continuerà, molto probabilmente, a premere perché venga fatto altro deficit allo scopo di finanziare una qualche forma di flat tax. Questo creerà la convinzione tra gli investitori internazionali, gli analisti di Moody’s, Fitch e tutti gli economisti di ogni angolo del globo che il governo italiano sta andando nella direzione sbagliata in termini di politiche economiche. Se si rafforzasse la percezione che Roma sia determinata a creare altro deficit, e quindi a contrarre nuovi debiti, per introdurre la flat tax, si potrebbero innescare le condizioni per un’altra tempesta perfetta, alla fine dell’estate o subito dopo. Anche se Salvini smettesse, di punto in bianco, di gridare ai quattro venti la sua volontà di violare tutte le regole dell’Eurozona sul deficit e sul debito, difficilmente gli investitori internazionali si sentirebbero rassicurati. Il crescente potere politico del leader leghista e i suoi reiterati attacchi all’Unione sono fattori sufficienti, di per sé, a preoccupare i mercati. Immaginiamo cosa accadrebbe se il leader del Carroccio provasse a utilizzare un ottimo risultato dell’estrema destra alle europee per tentare di stracciare unilateralmente le vecchie norme di Maastricht.
Temo fortemente che chiunque creda che il 27 maggio Salvini si darà una calmata e inizierà a comportarsi da statista si sbagli. Le sue radici euroscettiche sono profonde, e la sua cerchia di consiglieri è composta di militanti antieuro, due dei quali ricoprono posizioni chiave in Parlamento come presidenti delle commissioni Bilancio della Camera e Finanze del Senato.
È per questo che sono convinto del fatto che, una volta archiviate le elezioni europee, l’Italia, purtroppo, resterà in balia di una grave incertezza economica ed esposta al rischio di nuova volatilità nei mercati. L’atteggiamento sempre più spiccatamente antieuropeo del governo e la sua volontà di ingaggiare una lotta senza quartiere contro le regole finanziarie comunitarie, unite a probabili turbolenze politiche nei prossimi mesi, innescheranno maggiore volatilità nei mercati e pericolose oscillazioni dello spread, creando più opportunità di speculazioni al ribasso contro il debito italiano. La ciliegina sulla torta è rappresentata da una crescita del Pil così soffice che è come se non esistesse.
Spero sinceramente di sbagliare nelle mie previsioni, perché questi sono gli ingredienti che compongono la ricetta del disastro economico.