L'ICONOCLASTA

G7, si chiude il summit. Le sfide principali: crescita, rifugiati e terrorismo

27 maggio 2016 – Tante belle parole ma poche misure concrete. Questo, in sostanza, è quanto si può ricavare dal comunicato finale dei paesi membri del G7 – Germania, Canada, Stati Uniti, Francia, Italia, Giappone e Regno Unito – al termine del vertice di Ise-Shima, in Giappone.

«La crescita globale è la nostra urgente priorità», scrivono le sette economie più avanzate del pianeta. Crescita che i leader definiscono «moderata e inferiore alle sue potenzialità. L’escalation di conflitti geopolitici, del terrorismo e dei flussi di profughi complicano il contesto economico globale», ma «oggi abbiamo dimostrato la nostra capacità di agire concretamente» su importanti questioni per «garantire la pace, la sicurezza e la prosperità nel mondo».

Nonostante nel comunicato si faccia riferimento a «strategie fiscali da adottare cooperando» per rafforzare la crescita, il primo ministro giapponese Shinzo Abe, padrone di casa, ha fallito nel suo obiettivo di convincere i leader mondiali ad annunciare maggiori investimenti per evitare il dilagare di una nuova crisi. Molto ha contato l’opposizione tedesca.

Largo spazio è stato dato anche ad altre due questioni fondamentali: la sfida posta dal massiccio flusso di migranti e rifugiati e il crescente rischio di attacchi terroristici. I «migranti e i rifugiati – è scritto nella nota comune – sono una sfida globale che richiede una risposta globale nel pieno rispetto dei diritti umani e in conformità con il diritto internazionale», e per questo bisogna «aumentare l’assistenza globale per sostenere le esigenze dei rifugiati, delle comunità che li ospitano».

Riguardo al terrorismo, i sette grandi della terra si sono detti «preoccupati dell’aumento degli attacchi». Una delle soluzioni, è scritto nel comunicato, consiste nel non pagare i riscatti allo scopo di combattere le fonti di finanziamento dei gruppi che seminano terrore. Poi sulla Libia, nel cui caos i jihadisti hanno trovato da tempo terreno fertile: «Lavoriamo accanto al governo di unità nazionale» di Sarraj come «il solo e legittimato governo della Libia e ci appelliamo a tutte le parti libiche affinché lo riconoscano».

E sulla Siria, i leader mondiali richiamano le parti in causa al rispetto del cessate il fuoco, condannando le violazioni «soprattutto nella zona di Aleppo da parte del regime siriano». Viene poi fatta richiesta al regime di Damasco di permettere il passaggio degli aiuti umanitari e viene sottolineata la preoccupazione per l’utilizzo di armi chimiche nel Paese. Per lo scenario iracheno si sottolinea l’importanza di accelerare le riforme politiche ed economiche, così come del processo di pacificazione nazionale. Viene anche fatta richiesta alla comunità internazionale di sostenere l’impegno dell’Iraq contro Isis.

Non poteva mancare un accorato appello ad evitare la Brexit, questione su cui i cittadini britannici si esprimeranno in un referendum tra meno di un mese. «Ci sono potenziali shock di origine non economica», scrivono i leader del G7, riferendosi a una possibile uscita del Regno Unito dall’Ue. Una circostanza che potrebbe «invertire il trend verso un maggiore commercio mondiale e investimenti, con i posti di lavoro collegati, e rappresenta un serio rischio per la crescita».

Da riportare, infine, la protesta del vice ministro degli Esteri russo Serghiei Riabkov, per il quale le dichiarazioni del G7 sulla necessità di prolungare le sanzioni contro la Russia sono «assurde, perché i partecipanti di questa struttura pongono l’esecuzione degli accordi di Minsk» per il conflitto ucraino «come condizione per abolire le sanzioni».

Il presidente Usa Barack Obama, a conclusione del vertice, ne ha anche approfittato per lanciare una bordata contro il candidato repubblicano alle presidenziali di novembre, Donald Trump. «I leader mondiali – ha detto – sono scossi da Trump, e a ragione. Perché molte delle proposte che ha fatto dimostrano o l’ignoranza degli affari internazionali, o un atteggiamento sprezzante e aggressivo, o l’interesse ad ottenere tweet e titoli di giornale, invece di pensare a quello che è davvero necessario per conservare l’America al sicuro». «Se i leader mondiali sono scossi da me – è stat la risposta del miliardario newyorkese, è una cosa buona».

ULTIMI ARTICOLI