3 febbraio 2015 – Sono le 10 in punto: «Giuro di essere fedele alla Repubblica e di rispettare fedelmente la costituzione». Nell’aula di Montecitorio suonano le campane, inizia il settennato di Sergio Mattarella.
Accolto dal lungo applauso del parlamento, riunito in seduta comune, il neo capo dello Stato inizia il suo discorso: «Avverto pienamente la responsabilità del compito che mi è stato affidato». Il primo pensiero è rivolto all’unità del paese, che «rischia di essere difficile, fragile e lontana, l’impegno di tutti è a superare le difficoltà degli italiani». In particolare di quelli più giovani, troppo spesso senza lavoro e speranze.
«La lunga crisi – è la constatazione del presidente – ha inferto ferite e prodotto emarginazione e solitudine, tante difficoltà hanno colpito l’occupazione e creato esclusione». Il focus è sull’economia: «Dobbiamo scongiurare il rischio che la crisi intacchi il patto sociale sancito dalla costituzione».
Quindi lo sprone a continuare sul cammino delle riforme, la cui urgenza «deriva dal dovere di dare risposte efficaci alla comunità». Bisogna «rendere più adeguata la nostra democrazia»: la riforma della costituzione deve «bilanciare le esigenza di governo con le garanzie di una corretta dialettica parlamentare».
«Mi impegno a confermare il patto Costituzionale che ha mantenuto il paese unito e riconosce i diritti costituzionali e il patto di unità sociale che impegna a rimuovere gli ostacoli che limitano le libertà e l’uguaglianza», ha promesso il capo dello Stato.
UN ARBITRO IMPARZIALE – Sergio Mattarella ha detto chiaramente che sarà il presidente di tutti gli italiani, senza alcuna partigianeria: «Nel linguaggio corrente si è soliti tradurre il compito del capo dello Stato nel ruolo di un arbitro, del garante della Costituzione. È un’immagine efficace. All’arbitro compete la puntuale applicazione delle regole. L’arbitro deve essere e sarà imparziale». Un’affermazione salutata dall’applauso fragoroso dell’intera aula di Montecitorio. «Ma i giocatori – è il monito del neo presidente – lo aiutino con la loro correttezza».
La garanzia più forte della costituzione, ha detto il capo dello Stato, «consiste nella sua applicazione, nel viverla giorno per giorno, significa garantire il diritto allo studio in una scuola moderna e in ambienti sicuri, diritto al futuro, riconoscere e rendere effettivo il diritto al lavoro, promuovere la cultura diffusa e la ricerca d’eccellenza, significa amare i nostri tesori ambientali e artistici, ripudiare la guerra e promuovere la pace». «Garantire la costituzione – ha sottolineato – significa garantire la giustizia in tempi rapidi». E ancora: «Garantire la costituzione significa che le donne non devono avere paura di violenze e discriminazioni».
Poi il ricordo «del sacrificio dei tanti che liberarono l’Italia dal nazifascismo». E la legalità: innanzitutto la battaglia contro la mafia – definita un «cancro pervasivo» – e la corruzione. Questo monito, accompagnato dal ricordo di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, complice la biografia del presidente, è stato salutato con un forte applauso dai banchi dell’emiciclo. Mattarella ha ricordato le parole del papa: «L’attuale pontefice Francesco che ringrazio per il messaggio di auguri che ha voluto inviarmi ha usato parole severe contro i corrotti, uomini di buone maniere, ma di cattive abitudini».
Fondamentale è la lotta al terrorismo internazionale, che richiede una «risposta globale». La violenza in nome della religione va «condannata e combattuta», ha sottolineato Mattarella, ricordando le recenti decapitazioni (di fronte alle quali «siamo inorriditi») degli ostaggi giapponesi compiute dal gruppo Stato islamico e citando la vicenda di Stefano Taché, il bambino di due anni morto nell’attentato del 1982 alla sinagoga di Roma. Importante è poi continuare nel processo d’integrazione europea («L’Europa rappresenta oggi ancora una volta una frontiera di speranza e la prospettiva di una vera Unione politica va rilanciata senza indugio»).
Infine un pensiero rivolto ai due marò detenuti in India, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, con l’auspicio di un «definitivo ritorno in patria». E «ai civili impegnati in zone spesso rischiose nella preziosa opera di cooperazione che aiuta lo sviluppo». «Di tre italiani, padre Paolo Dall’Oglio, Giovanni Lo Porto e Ignazio Scaravilli, non si hanno notizie in terre difficili e martoriate», ha ricordato Sergio Mattarella, rivolgendo «solidarietà» ai familiari e «l’augurio di un rapido ritorno a casa».
«Viva la Repubblica, viva l’Italia». Trenta minuti esatti, alle 10 e mezza in punto, Mattarella termina il suo discorso.
Alle 12, al Quirinale, è quindi iniziata la cerimonia d’insediamento. Il capo dello Stato aveva auspicato la presenza di tutti i leader e segretari delle forze politiche. Silvio Berlusconi ha raccolto l’invito, mentre il leader M5s Beppe Grillo ha disertato la cerimonia, così come il segretario del Carroccio Matteo Salvini.
Nel suo discorso d’insediamento, il capo dello Stato ha posto l’accento sul bisogno di «recuperare il senso dell’unità del nostro Paese che dia e consenta ai nostri concittadini di sentirsi davvero parte di una comunità. Un’azione che riesca a recuperare il senso della convivenza e del vivere insieme. In questo sono fondamentali gli organi Costituzionali». Il Quirinale è «un luogo storico» ma è soprattutto «la casa degli italiani, ed è bene che lo diventi sempre di più».
In ossequio ad una prassi istituzionale, il primo ministro Matteo Renzi è salito al Quirinale per presentare al nuovo presidente della Repubblica le “dimissioni di cortesia”, dimissioni che sono state respinte dal capo dello Stato.
Già oggi è in programma il primo incontro ufficiale del settennato di Mattarella, quello con il nuovo premier greco Alexis Tsipras, in visita a Roma.
Luna De Bartolo