L'ICONOCLASTA

I tedeschi sono arrabbiati con la Casa Bianca, che prima intercetta il telefonino della Merkel e poi (assieme all’Fmi) dichiara che la Germania fa troppi export e indebolisce l’eurozona. Ora ce l’hanno anche con Mario Draghi, che tagliando il costo del denaro fa «un regalo» a Italia, Francia, Spagna e Grecia, e un «esproprio» a danno dei risparmiatori tedeschi. E non piace neanche la critica di Barroso. Ma Berlino è davvero la capitale dell’Impero del Male?

9 novembre 2013 – Parliamo della Germania. Parliamo dello strapotere del Paese leader del Vecchio Continente. Per tanti critici a Washington, Londra, Bruxelles, Parigi, Roma, Madrid e Atene, Berlino è diventata la capitale dell’Impero del Male. Ma la Merkel è davvero così cattiva o si tratta semplicemente di un big misunderstanding?

Vediamo quali sono le accuse degli ultimi giorni (e ore).

Il Tesoro americano ma anche il Fondo Monetario Internazionale e il Financial Times di Londra criticano Berlino sulla politica dell’austerità, che avrebbe aggravato la malattia economica dell’Europa meridionale e porterebbe vantaggi solo alla Germania. E la Germania, che oramai ha un surplus di export più grande addirittura della Cina, dipenderebbe troppo dalle esportazioni e troppo poco dalla domanda interna.

Il risultato, secondo l’Fmi e la Casa Bianca, è che si crea un rischio deflazione in Europa e nel resto del mondo, e si indebolisce l’Eurozona.

Poi c’è la critica di Jose Manuel Barroso, presidente della Commissione europea, con il suo appello di pochi giorni fa alla Germania, prima potenza economica europea: «Il mercato unico europeo, cosi com’è oggi», dice Barroso, «permette alla Germania di approfittare in modo enorme del suo vantaggio di competitività tecnologica e industriale… e in cambio la Germania potrebbe fare di più per permettere agli altri Paesi membri dell’eurozona di far valere i loro rispettivi punti di forza, per esempio garantendo un accesso pienamente libero al mercato dei servizi».

Barroso ha ragione quando aggiunge che «la soluzione delle crisi europee non è che le economie forti paghino per le economie deboli», ma che si vadano a correggere gli squilibri economici all’interno dell’eurozona.

I tedeschi controbattono, senza batter ciglio, che le critiche sono ingiuste. In sostanza dicono: «Se siamo i migliori, è perché siamo i più bravi e i più disciplinati».

Muro contro muro, quindi.

Da ieri, intanto, arrivano attacchi senza precedenti contro Mario Draghi e la Bce da parte dei giornali tedeschi e dall’associazione delle casse di risparmio della Germania.

In sostanza, secondo le accuse, il taglio del costo del denaro annunciato giovedì scorso dalla Bce sarebbe un regalo ai Paesi più deboli (comprese Francia, Italia, Spagna, Portogallo e Grecia) mentre per i buoni risparmiatori tedeschi si tratterebbe di una specie di esproprio perché il tasso di interesse di riferimento nell’eurozona (0,25%) è ora sotto il livello dell’inflazione (0,7%).

La Frankfurter Allgemeine scrive che il taglio del tasso d’interesse è una risposta alle insistenti richieste di Parigi e Roma. Cosa che alla fine è anche vera, se si pensa che pochi giorni fa Fabrizio Saccomanni sollecitava proprio questo in un’intervista col Financial Times.

Ma il quotidiano più importante della Germania poi sostiene che con questo abbassamento del tasso di interesse «le banche possono finanziarsi in pratica a costo zero per comprare titoli di Stato» e che «in questo modo la politica di Draghi contribuisce ad un conveniente finanziamento di Stato ai Paesi in crisi».

E allora? A me sembra un risultato serio e concreto, ma evidentemente non per i tedeschi.

La critica più dura nei confronti di Draghi che ho letto stamane (in un ottimo rendiconto fatto dal Sole 24 Ore), non viene però dalla Frankfurter Allgemeine, che è di centrodestra, ma dal Suddeutsche Zeitung, giornale di centro-sinistra. In un articolo dal titolo «Risparmiatori espropriati e azionisti ricchi» si sostiene che «a chi porta i soldi in banca, da anni il denaro scivola dalle mani. L’inflazione è più elevata degli interessi serviti dalle banche». L’articolo cita anche il presidente delle Casse di Risparmio tedesche, Georg Fahrenschon, che dichiara che «i bassi tassi d’interesse causano ai risparmiatori perdite durevoli che assomigliano quasi ad un esproprio».

Ora, io capisco tutto, ma parlare di esproprio è una cazzata. È comprensibile che i tedeschi temano che spetti sempre a loro dover salvare la Grecia o gli altri Paesi fragili del sud dell’Europa (quegli stessi Paesi dove amano trascorrere le loro vacanze), che siano preoccupati dal dover finanziare i cosiddetti Paesi “irresponsabili”. Ma esproprio? No.

E chi in Germania fa demagogia contro Draghi non si rende conto che Draghi ha pochissime armi per difendere l’eurozona proprio per la resistenza dei tedeschi a lasciare che la Bce abbia troppo spazio di manovra. Ora, presto, ci sarà anche un’altra battaglia tra la Germania e la Bce sul mandato di quest’ultima a sorvegliare le banche dell’area euro.

La Germania non è l’Impero del Male, ma è sicuramente miope.

Alla fine, le critiche di Washington, dell’Fmi e di Barroso, per me, sono ragionevoli a metà. Mi spiego meglio: l’austerity della Merkel, questo è verissimo, è un errore colossale in un momento di difficoltà e debolezza storica per l’eurozona. È sbagliato e dannoso, non solo per noi ma per tutta l’Europa. Ed è anche sbagliato che la Germania pratichi un protezionismo di fatto nel settore dei servizi, come ha detto Barroso.

Ma bisogna anche ricordare che la Germania continua ad essere il mercato numero uno per il made in Italy, e che una Germania ricca fa bene anche alle nostre imprese che esportano. E possiamo lamentarci della mancanza di gusto del turista tedesco che beve un cappuccino dopo cena o taglia gli spaghetti con il coltello, ma non del denaro che questi turisti portano in Italia.

Il tema è complesso e la polemica è soltanto all’inizio. Parleremo in futuro anche del fiscal compact e delle altre dure regole imposte al resto dell’Europa dai falchi di Berlino. Ma ricordiamoci una cosa: l’Italia avrà più titolo e più potere contrattuale con la Germania quando a Roma si comincerà a realizzare una politica economica degna di questo nome. Ben diversa dalla non-politica che ancora vediamo in questa legge di stabilità piccola e inefficace.

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