L'ICONOCLASTA

Il FT: «Papa Francesco contro Donald Trump nel dibattito sui migranti»

Martedì prossimo, Papa Francesco metterà piede per la prima volta negli Stati Uniti, e in molti da lui si aspettano che interverrà sul delicato tema dell’immigrazione. Un argomento cavalcato, con toni diametralmente opposti a quelli del pontefice, dal favorito alla nomination dei Repubblicani per le presidenziali 2016, il controverso Donald Trump.

L’analisi del Financial Times, tradotta in italiano.

16 settembre 2015 – Quando Papa Francesco visiterà per la prima volta gli Stati Uniti, la prossima settimana, riuscirà dove i candidati alle presidenziali del 2016 hanno fallito: mettere in ombra Donald Trump, il favorito per la nomination dei Repubblicani.

Le televisioni americane assicureranno una copertura totale della visita, compreso il primo discorso di Papa Francesco di fronte al Congresso. Il pontefice ruberà un po’ di attenzione mediatica a Trump, e ci si aspetta che intervenga anche nel dibattito sull’immigrazione, un argomento che ha aiutato a catapultare lo sfrontato magnate dell’immobiliare alla testa dei Repubblicani.

Dopo aver perso le elezioni del 2012, i leader del partito avevano parlato della necessità di conquistare gli ispanoamericani, il segmento dell’elettorato Usa in maggiore crescita. Ma Trump ha mandato all’aria questo piano facendo una campagna contro i migranti messicani irregolari, chiamandone alcuni “stupratori” e riaprendo un dibattito polarizzato che i Repubblicani avevano sperato di evitare nel 2016.

I funzionari vaticani hanno anticipato che, durante la sua visita, Papa Francesco si concentrerà molto sull’immigrazione, cosa che lo collocherà nel bel mezzo del dibattito tra i candidati per la Casa Bianca e che potrebbe scuotere i conservatori molto più delle sue critiche al capitalismo o la sua retorica ambientalista.

«Il Papa ha ovviamente molto a cuore gli immigrati», spiega una persona vicina alla Santa Sede. «Non dirà “aprite tutte le frontiere” ma, certamente, dirà “diamo ai nostri fratelli e alle nostre sorelle migranti un’equa opportunità”».

Il pontefice argentino settantottenne, che non ha mai messo piede negli Usa, aveva programmato di entrare nel paese attraverso il Messico. Ma questa idea è stata scartata a causa di preoccupazioni di tipo logistico e, forse, per paura che questo fosse visto come un gesto eccessivamente politico. Tuttavia, il Papa avrà moltissime opportunità di discutere del dramma dell’immigrazione, dal discorso al Congresso fino a quello all’Onu. Incontrerà anche dei migranti in una chiesa di East Harlem e all’Independence Hall di Filadelfia.

Fatta eccezione per l’intervento al Congresso e altri tre discorsi, il Papa parlerà principalmente nella sua lingua madre, lo spagnolo, creando una connessione con i latini negli Usa che da molto tempo aspettano una legge che metta in regola gli 11 milioni di immigrati irregolari del paese. Ma la sua decisione di parlare spagnolo in altri 14 discorsi ricorderà ai cittadini la disputa tra Trump e Jeb Bush, quando il tycoon ha messo alla gogna l’ex governatore della Florida, sposato con un’immigrata nata in Messico, per aver parlato spagnolo durante la campagna elettorale.

Bush e il senatore di origine cubana Marco Rubio – entrambi in competizione per il 2016 – stanno facendo campagna elettorale in spagnolo e inglese, mettendo in evidenza il cambiamento demografico in atto negli Stati Uniti. Negli ultimi tre decenni, il numero di ispanoamericani nel paese è balzato dal 6,5 per cento della popolazione al 17 per cento: 54 milioni di persone. I latini rappresenteranno il 29 per cento della popolazione entro il 2060.

«Il significato (di celebrare la messa in spagnolo, ndr) deriva dal fatto che questa è una delle lingue madri del Papa», ha detto il cardinale Donald Wuerl, arcivescovo di Washington, a un evento del Christian Science Monitor. «È più a suo agio a parlare in spagnolo. E si tratta inoltre di un riconoscimento di quanto sia numerosa la popolazione ispanoamericana negli Usa… È il primo Papa del nuovo mondo e la lingua principale in questo emisfero è lo spagnolo».

Discendente di immigrati italiani, Papa Francesco ha messo il destino dei migranti al centro del suo incarico alla guida della Chiesa Cattolica. Il suo primo viaggio pastorale fuori da Roma, nel 2013, è stato a Lampedusa, un’isola siciliana nel Mediterraneo, destinazione ordinaria per i migranti in arrivo da una Libia devastata dalla guerra. Ha recentemente rivolto un appello alle chiese, affinché ognuna di esse ospiti una famiglia di migranti, mentre un’ondata di siriani si dirigeva in Germania attraverso i Balcani.

Secondo Robert Mickens, caporedattore della rivista cattolica Global Pulse, la preoccupazione per i migranti ha rappresentato «uno dei temi centrali» della dottrina sociale di Papa Francesco. «Non ha bisogno di rimproverare i legislatori ma credo che li sfiderà a non abbandonare la lunga storia americana di accoglienza nei confronti dei migranti», commenta Mickens.

«Non sarei affatto sorpreso se il Papa citasse le significative parole della poesia di Emma Lazarus che adornano la Statua della Libertà: “A me date i vostri stanchi, i vostri poveri, le vostre masse infreddolite desiderose di respirare liberi, i rifiuti miserabili delle vostre spiagge affollate”».

Per il cardinale Wuerl, il Papa potrebbe ricordare agli americani la loro «storia positiva», il loro essere composti di molte e diverse persone e realtà. «Questa è una delle forze del nostro paese. Abbiamo diversi strati, non siamo un monolite».

«Il Santo Padre non farà che affrontare queste problematiche. L’ordine pubblico è uno dei modi di gestirle. Ma un altro modo è di porle in una dimensione spirituale e pastorale allo scopo di ricordarci che sono reali, che sono interessi legittimi e richiedono una risposta», aggiunge il cardinale Wuerl. «Continua a rammentarci che la persona umana è al centro di qualsiasi decisione venga presa riguardante qualsiasi politica pubblica».

Secondo Pablo Manriquez, del Democratic National Committee, gli americani dovrebbero ricordare come Papa Francesco, nel 2013, abbia detto che «i migranti e i rifugiati non sono pedine sulla scacchiera dell’umanità» e che le persone «dovrebbero tenere a mente e nel cuore questo sentimento quando si discute di riforme dell’immigrazione».

VIA/ The Financial Times

(traduzione di Luna De Bartolo)

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