L'ICONOCLASTA

Il punto non è Fassina. Il punto è che il Paese è ancora alle prese con la fine della recessione e una ripresa fragile e debole. Il punto è che il tasso di disoccupazione potrebbe salire ancora in questi mesi. Il punto è che bisogna rilanciare l’economia.

5 gennaio 2014 – Ho seguito tutto l’ambaradan che si è creato intorno alla vicenda del viceministro dimissionario nonché “giovane turco” del Pd. E ho sbadigliato.

A parte il fatto che sarebbe stato più interessante e più bello vedere le dimissioni della Cancellieri, il punto non è Fassina.

Il punto è che il Paese è ancora alle prese con la fine della recessione e una ripresa fragile e debole. Il punto è che il tasso di disoccupazione potrebbe salire ancora in questi mesi. Il punto è che bisogna rilanciare l’economia.

Adesso, se si riesce a fare una nuova legge elettorale, e in tempi veramente brevissimi (che vuol dire nell’arco di un mese o due nel Parlamento italiano), questo sarebbe un gran bene. Ed è positivo che si parli del Job Act, perché la disoccupazione giovanile e generale nella società italiana rappresenta la sfida più importante ed anche la più difficile.

Per creare occupazione attraverso la crescita ci vorrebbe un tasso di crescita del Pil intorno al 2 percento, almeno. Si potrebbe (e si dovrebbe) invece intraprendere una serie di riforme di vasta portata che diano stimolo all’economia, alla domanda interna e alla creazione di posti di lavoro. Ci vorrebbe un piano molto più ambizioso di quello che abbiamo visto finora. Il lavoro svolto dal governo sul fronte dell’economia finora è stato, come sappiamo, insufficiente, e poco coraggioso. I conti sono stati tenuti come avrebbe fatto un contabile, facendo il minimo indispensabile ma in modo davvero minimalista. Il governo Letta-Alfano ha fatto finora poco per l’economia e l’ha fatto anche con una lentezza notevole.

È positivo che si risolva la questione della legge elettorale. È positivo che il 16 gennaio si vedrà dal Pd una proposta di nuove iniziative legislative sul fronte del lavoro, il cosiddetto Job Act. Ma non ci illudiamo: ci vorrà molto di più nel campo dell’economia, un programma di riforme di vasta portata finora neanche discusso nel dibattito pubblico, e ben più importante per le sorti del Paese che l’orgoglio di Fassina.

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