29 ottobre 2013 – Si può imparare molto da uno studio del linguaggio e dei riferimenti culturali usati dai politici nelle loro uscite pubbliche. C’è chi è empatico e chi è invece freddo, chi simpatico e chi antipatico. E poi c’è chi ragiona con una mentalità da Prima Repubblica, cercando di imitare quel battutista di razza che è stato Andreotti ma risultando invece stonato, aspro, acido.
Così, subito dopo una Leopolda coronata dal successo e che ha visto l’eclissi di Cuperlo, l’uomo cupo di Baffino, proprio Baffino ha deciso di contrattaccare. Con sarcasmo. E nemmeno dei migliori.
D’Alema, verosimilmente con una punta d’invidia, lamenta il «successo mediatico di Renzi», a suo dire non giustificato da «una straordinaria ricchezza e novità di contenuti». Poi, facendo sfoggio di sarcasmo maschilista e super datato, Baffino ha aggiunto: «Mi ricorda un po’ quella pubblicità con Virna Lisi, “con quella bocca può dire ciò che vuole”». Tradotto: il sindaco di Firenze ha più potere seduttivo che sostanza.
Un riferimento a Carosello, un tantino demodé (a meno che tu non sia Jo Condor) e che ha fornito a Renzi la sponda: «L’unico personaggio del passato che mi fa venire in mente D’Alema è D’Alema». Autogol di Baffino.
E non finisce qui: il Cool Kid di Firenze ha poi inviato dei fiori alla bella Virna Lisi: «scusandomi perché il paragone con me, è umiliante». E l’attrice ha apprezzato: «Per tanti anni hanno detto che solo io potevo dire quello che volevo “con quella bocca”, ma il paragone mi fa piacere, perché Renzi mi sta simpatico». Cappotto per Baffino.
Intanto Berlusconi, in attesa della decisione della Giunta, slittata a domani, torna ad accendere la miccia: «La legge di stabilità va cambiata, perché è inaccettabile l’idea di nuove tasse, o, peggio ancora, del ritorno della tassa sulla casa, addirittura aumentata». Ma Renzi, in un’intervista a Messaggero Tv, proclama: «Berlusconi non ha i numeri per mandare a casa il governo: questo valga come elemento che toglie ogni alibi all’esecutivo».
Poi c’è la Corte dei Conti, che critica con forza la legge di stabilità e i famigerati 14 euro al mese nella busta paga dei lavoratori che nel frattempo, secondo i calcoli dell’Istat, sembrano essere diventati addirittura 10. Una presa in giro. Il presidente della magistratura contabile, Raffaele Squitieri, ha parlato di «rischi ed incertezze» sulla modalità di intervento per la riduzione del cuneo fiscale, che comportano «evidenti problemi distributivi e di equità», poiché dagli sgravi Irpef verrebbero escluse 25 milioni di persone. Come se non bastasse, la Corte dei Conti ha rilevato come il taglio da prefisso telefonico del cuneo fiscale non modificherà in alcun modo la nostra pessima posizione nella classifica Ocse del “total tax rate” sulle imprese.
E da quel che leggiamo, Letta, Alfano, Saccomanni e Fassina hanno intenzione di continuare a usare il cacciavite. Sulla distribuzione dei 10 o 14 euro al mese, e sulle nuove detrazioni legate alle tasse per la casa. Ancora più confusione in vista per gli italiani.
Gli ultimi dati Istat mostrano un Paese che diventa di giorno in giorno sempre più povero: Pil giù dell’1,8 percento nel 2013, e famiglie in condizioni di indigenza assoluta raddoppiate in cinque anni.
Una situazione drammatica. Ora più che mai necessitiamo di chiarezza, l’Italia ha bisogno di onestà. Dobbiamo renderci seriamente conto che la politica delle briciole non è la risposta ai nostri problemi, che questa legge di stabilita non ci farà uscire dalla crisi, non porterà crescita né posti di lavoro. E soprattutto, non aiuterà a cambiare questo Paese.