L'ICONOCLASTA

A giugno disoccupazione al 12,7%. Il FT sprona Renzi: «Sulle riforme deve mostrare che fa sul serio»

In conferenza stampa dopo il Cdm, il premier Matteo Renzi ha commentato i dati Istat di giugno (la disoccupazione è salita al 12,7 per cento e il numero di occupati tra i 15 e i 24 anni è diminuito del 2,5 per cento) riconoscendo che «il quadro è ancora molto lontano da quello che vogliamo» ma «la direzione è quella giusta». «Con il Jobs act – ha precisato – abbiamo un po’ stimolato, abbiamo fatto un grandissimo investimento. Ma l’occupazione è l’ultima cosa che riparte dopo un periodo di crisi. I dati che vediamo sono ancora timidi, ma incoraggianti: la produzione le ultime rilevazioni sulla produzione industriale lasciano sperare che sia positivo anche il secondo trimestre, dato che verrà reso noto il 14 agosto; i dati dei consumi sono finalmente di segno positivo, i consumi sembrano tornare leggermente a crescere».

A un anno di distanza da una lunga intervista nella quale il premier aveva esposto il suo programma per riformare l’Italia, il Financial Times ha voluto tirare le somme di quanto realizzato in questi dodici mesi. Il giudizio è sfumato: tra luci e ombre, Renzi deve ora mostrare che fa sul serio sulle riforme. L’analisi del FT, tradotta in italiano.

31 luglio 2015 – Un anno fa, il primo ministro italiano Matteo Renzi rilasciò un’intervista al Financial Times – la prima a un giornale straniero – nella quale prometteva di cambiare il suo Paese. Brandendo a un certo punto una spada (dono della nazionale italiana di scherma, vittoriosa ai Mondiali 2014 di Kazan, ndr) con gesto teatrale, l’allora trentanovenne ex sindaco di Firenze aveva annunciato che avrebbe realizzato dure riforme. Queste non solo avrebbero fatto tornare l’Italia sul cammino della crescita, mettendo fine a una recessione lunga tre anni, ma avrebbero rianimato una «bella addormentata» che dopo un decennio di stagnazione portava sulle spalle il peso di un debito pari al 130 per cento del Pil.

La sua sfrontatezza è stata aiutata dalla fortuna. Un euro debole, il prezzo basso del petrolio e il quantitative easing messo in campo dalla Banca centrale europea hanno fatto sì che il vento soffiasse a suo favore nella prima parte dell’anno. Più recentemente, il confronto con un altro giovane leader dell’Europa meridionale – Alexis Tsipras – lo ha visto emergere come uno statista modello della “Generazione X”.

Inoltre, Renzi non è restato con le mani in mano. Con una raffica di provvedimenti da Palazzo Chigi, ha dichiarato che le riforme del sistema elettorale e giudiziario, del mercato del lavoro, della scuola e delle banche sono cosa fatta.

Gli investitori l’hanno notato. Gli investimenti esteri verso l’Italia sono quadruplicati in 12 mesi, arrivando a quota 19,3 miliardi a giugno. Gli acquirenti stranieri apprezzano la stabilità politica e la velocità significativa impressa ai contenziosi tra società e alle procedure fallimentari, così come i prezzi competitivi delle attività. Questa settimana, la tedesca HeidelbergCement ha rilevato l’azienda familiare Italcementi per 1,7 miliardi.

Allo stesso tempo, all’interno del mercato azionario italiano affluiscono capitali da occidente e da oriente. BlackRock ha acquisito quote in Snam, UniCredit, Luxottica, Prysmian, Atlantia, Intesa, Telecom Italia, Eni, Enel e Generali. La Banca popolare cinese è oggi un investitore importante in diverse di queste.

Ma nonostante questi attestati di fiducia, l’economia italiana non mostra che deboli segnali di crescita. La Banca d’Italia a luglio ha incrementato le sue stime di crescita del Pil per il 2015 solo dello 0,7 per cento dal precedente 0,5 per cento, e si aspetta un aumento dell’1,5 per cento nel 2016. Il bonus mensile di circa 80 euro elargito alle famiglie a medio reddito sta avendo effetti limitati.

E nonostante una riforma del lavoro annunciata con grande clamore, il tasso di disoccupazione resta ostinatamente elevato, al 12,4 per cento. La disoccupazione giovanile è al 41,5 per cento. Il Fondo monetario internazionale ha detto questa settimana che, in assenza di una significativa accelerazione nella crescita, ci vorranno 20 anni all’Italia per tornare ai livelli occupazionali pre-crisi. Il debito pubblico resta alto come prima.

Ora, il vento che soffia alle spalle di Renzi si sta affievolendo. I partiti euroscettici e anti-immigrazione stanno guadagnando consensi sulla scia del grande pessimismo dei cittadini di fronte all’economia, alla corruzione e alla crisi migratoria. Il suo partito di centrosinistra è sceso nei sondaggi al di sotto del 35 per cento dal 45 per cento di metà 2014. Le scadenze sulle riforme continuano a slittare. Le riforme promesse su Senato, Pubblica amministrazione e tassazione, quello che potrebbe davvero cambiare le regole del gioco in Italia, sono ora molto più esposte al compromesso politico.

E in uno scenario che va peggiorando, questo mese Renzi ha promesso di tagliare le tasse sulla prima casa il prossimo anno, le tasse sulle imprese nel 2017 e quelle sul reddito nel 2018, che si aggiungono ai 18 miliardi di tagli già effettivi dallo scorso anno.

Tuttavia, mentre una riduzione del 30 per cento della tassazione che grava sulle imprese è davvero necessaria, il regalo sulle prime case appare come una manovra populista. Inoltre, Renzi non può seriamente credere di poter andare a Bruxelles a chiedere tolleranza su un deficit di bilancio del 2,6 per cento senza operare ampi – e impopolari – tagli alla spesa della costosa Pubblica amministrazione italiana.

Al pari di Silvio Berlusconi, a Renzi piace presentarsi come il salvatore dell’Italia. I suoi progressi sono migliori rispetto a quelli del suo screditato predecessore. Deve affilare la sua spada per mostrare che fa sul serio.

Photo credit: Epa

(Traduzione di Luna De Bartolo)

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