L'ICONOCLASTA

La flat tax di Matteo Salvini porterebbe una maggiore iniquità sociale e profonde disuguaglianze

Pubblico un brano tratto dal capitolo 9, “La pagella dei politici”, del mio nuovo libro, Dieci cose da sapere sull’economia italiana prima che sia troppo tardi (Newton Compton Editori). Buona lettura!

19 marzo 2018 – (…) E che dire della proposta di Matteo Salvini? Il leader della Lega non è un politico molto preparato in materia di economia. È molto bravo però a sfruttare il disagio, a lamentare con enfasi le ingiustizie causate dalle regole di Bruxelles come quella sulla taglia minima delle vongole, norme infernali che hanno punito i pescatori italiani dell’Adriatico. Salvini appare convincente agli occhi di molti, quando minaccia di usare la ruspa per cacciare i Rom. E non fa mistero della sua ammirazione per il presidente degli Stati Uniti, mostrando di avere qualcosa in comune con Di Maio.

Salvini ama Trump. Nel 2016, durante la corsa per la Casa Bianca, il leader del Carroccio pubblicò sul suo profilo Twitter una foto che lo ritraeva sorridente insieme all’allora candidato repubblicano. Sosteneva che in quell’occasione, un comizio a Philadelphia, Trump gli avesse augurato di diventare il prossimo premier italiano. Ma quando intervistai il miliardario newyorkese a bordo del suo jet privato, e gli chiesi un parere su Salvini, Trump mi guardò con aria perplessa e mi domandò: «Chi?». Provai allora a rinfrescargli la memoria, ma senza successo. «Sai Alan», tagliò corto, «mi faccio migliaia di selfie con i fan ogni settimana. Migliaia. Ma questo Salvini non me lo ricordo proprio».

Salvini, a ogni modo, ha studiato bene il suo idolo, ed è molto bravo a imitare la faccia scura e la voce possente di Trump quando parla degli immigrati, dei musulmani o di chiunque non sia bianco e italiano. Salvini è un ottimo ospite dei talk show, è davvero abile a beccarsi gli applausi del pubblico quando attacca la riforma Fornero o critica le ingiustizie dell’Europa. Ma non è molto esperto di questioni finanziarie.

La sua grande idea per risollevare l’economia italiana consiste nell’introduzione di una flat tax. In altre parole Salvini vuole eliminare tutte le attuali aliquote dell’irpef e sostituirle con una singola aliquota del 15 per cento uguale per tutti, ricchi e poveri. Purtroppo questo sistema porterebbe a una grossa riduzione delle tasse pagate dai ricchi mentre le famiglie del ceto medio e medio-basso si troverebbero uno sconto fiscale poco più che marginale. Una misura che determinerebbe una maggiore iniquità sociale e disuguaglianze, un incubo burocratico che rischierebbe di far saltare il funzionamento del Fisco per un bel po’ di tempo. Ma soprattutto: i conti non tornano. L’introduzione di una flat tax, secondo lo staff di Salvini, costerebbe 40 miliardi all’anno, in termini di mancate entrate per lo Stato. Quaranta miliardi. Ma se tutto va bene, è la loro argomentazione, l’imponente taglio verrebbe compensato da una riduzione dell’evasione fiscale e una maggiore crescita nel futuro. Ah, be’, grazie per la rassicurazione.

Sulla questione dell’Europa e della moneta, le idee di Salvini si fanno ancora più confuse. Il leader della Lega sostiene: «Quando sarò al Governo proporrò di cambiare i trattati principali, a partire da Maastricht». Okay. Certo, ragionevole. Ma se non dovesse riuscirci? «Se l’ue si rifiuta di cambiare porrò agli italiani il dubbio se rimanere in Europa o passare al piano b. Io ce la metto tutta per cambiare, ma se continuano a metterci le dita negli occhi l’extrema ratio è meglio soli che male accompagnati». Ovvero? «Non si può fare un referendum. Ma mi prenderò la responsabilità delle nostre posizioni, un Governo sceglie, nel bene o nel male».

Il punto è che Salvini, quando parla di economia, non sa distinguere tra l’Europa e l’euro. Mette insieme le questioni di Maastricht, che riguardano l’euro, e quelle sulle vongole, di competenza dell’ue. Non solo. Salvini arriva persino a dare la colpa alla moneta unica per l’aumento del debito pubblico: «Il primo gennaio 2002, quando l’Italia entrava nel sistema euro che doveva servire a mettere in sicurezza il nostro Paese, il debito era pari a 1368 miliardi di euro», dice il segretario della Lega. «Da allora sono passati 15 anni: nel 2017 il debito pubblico è aumentato di 950 miliardi di euro. Se l’Europa con le sue regole mette fuori mercato le nostre aziende e pone vincoli che ci fanno lavorare di meno, non può farci la lezioncina poi sul debito».

Come? La crescita del debito dal 2002 a oggi non è stata causata dalla moneta unica ma è risultato della mancanza di serietà di diversi governi, compresi quelli di cui ha fatto parte la Lega, e della più grave crisi economica dal 1929. E le regole di Bruxelles per le imprese non hanno nulla a che vedere con il debito. Sono due cose diverse. A Salvini servirebbe forse un Bignami di economia. Ecco la demagogia di un vero populista: confonde i termini, si esprime senza alcuna logica e spaventa la gente, intercettando la loro rabbia, senza offrire delle soluzioni praticabili. Salvo la flat tax, che non è una cura né per il debito né per la crescita né per l’occupazione. (…)

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