L'ICONOCLASTA

La guerra in Ucraina danneggia la Germania, che danneggia l’Italia. Siamo in deflazione e crescita zero. E siamo all’inizio della Guerra dei Mille Giorni, ovvero 1000 giorni di guerra tra i gattopardi (che vogliono stoppare le riforme) e i progressisti (che vogliono modernizzare il Paese).

2 settembre 2014 – È un momento delicato per l’economia della zona euro. E rimane un momento clou per l’economia italiana. Ci sono grossi danni causati dalla guerra in Ucraina, particolarmente all’economia tedesca, che di conseguenza importerà meno dall’Italia.

C’è la deflazione, che danneggia le economie che hanno un livello elevato di debito pubblico, come l’Italia. C’è una mancanza totale di fiducia nell’economia reale in Italia. Non c’è denaro che gira. Siamo ancora in attesa di vedere qualche miliardo di pagamenti della P.a. verso le imprese. Il mercato immobiliare è in congedo. La domanda interna rimane fievole. La disoccupazione resta elevatissima. Il rischio di esclusione sociale, di cadere al di sotto della soglia di povertà, esiste davvero per milioni di italiani. La recessione continua a mordere, le imprese chiudono, e io credo che la crescita del Pil quest’anno sarà tra lo zero e poco più di zero. Diciamo che ci sarà un tasso di crescita dello zero virgola qualcosa, al meglio.

A livello europeo vedremo presto se e quanto Mario Draghi tirerà fuori il cosiddetto “Big Bazooka”, ovvero un pacchetto di misure per l’immissione di liquidità, per l’acquisto di titoli, per ridurre ancora di più i tassi di interesse. Vedremo se Draghi, nonostante la Merkel e la Bundesbank, riuscirà a intraprendere una politica monetaria molto espansiva.

Per quanto riguarda l’Italia, vedremo come andranno i piani per le riforme di Matteo Renzi. Mille giorni di guerra tra gattopardi e progressisti. Io credo che la prova del nove sarà nel Jobs Act. Se Renzi rimane fedele alla sua parola, comprese le cose che mi ha detto a novembre scorso quando sono andato a trovarlo a Palazzo Vecchio a Firenze, allora ci sarà un Jobs Act radicale. Vedremo.

Renzi ha dato alcuni indizi nella sua conferenza stampa di lunedì. Ha parlato del modello tedesco, che significa più flessibilità nel part-time, più incentivi per l’occupazione femminile, una riforma degli ammortizzatori sociali che potrebbe vedere la sostituzione della cassa integrazione in deroga con sussidi di disoccupazione uguali per tutti, e una riduzione delle tasse sul lavoro, principalmente l’Irpef nei confronti del lavoratore e l’Irap e l’Ires nei confronti dell’impresa. Vedremo quanto Renzi riuscirà a tagliare la spesa pubblica in modo da avere la copertura per la riforma del fisco e la riduzione del cuneo fiscale. E vedremo se riuscirà a creare una vera politica attiva per il lavoro, rimodellando i poveri centri di impiego inefficaci e trasformandoli in jobs center funzionanti, come ha fatto Schroeder in Germania.

Io spero che la riscrittura dello Statuto dei Lavoratori porti a modernizzare tale documento guida, con meno enfasi su un contratto per la vita (il contratto a tempo indeterminato) e più spazio alla protezione crescente – il modello di Pietro Ichino – in cui non si applicano diversi contributi nei primi due o tre anni e si considerano i primi 24 o 36 mesi come un periodo di prova. Per ogni anno lavorato, il lavoratore dovrebbe comunque avere titolo ad una liquidazione di un mese di stipendio, ma con dei contratti che danno più flessibilità nell’assunzione e non solo nel licenziamento.

Vedremo anche come andranno le altre riforme, passo dopo passo come dice Renzi. Vorrei che la riforma delle pensioni tagliasse alcune pensioni d’oro, anche se per il momento questa misura è stata scartata da Renzi. Nel mio piano, nella ricetta del mio libro Ammazziamo il Gattopardo, si taglierebbe circa il 15-20 per cento di alcune pensioni di anzianità e si taglierebbe il 15 per cento delle pensioni sopra i 3mila euro al mese, anche se questo può sembrare duro. La realtà è che circa il 25 per cento della spesa pensionistica di 260 miliardi all’anno non è coperta dal sistema contributivo, rimane un eredità del vecchio sistema retributivo, non coperto. Io vorrei che si tagliasse il 25 o 30 per cento delle pensioni sopra i 150mila euro all’anno, le pensioni di platino. È simbolico ma è importante, se vogliamo creare un senso di sacrificio collettivo.

La riforma della giustizia mi sembra una prima mossa positiva. La riforma della P.a. va implementata, va fatta veramente, attivata, senza nuovi veti dai sindacati. Vorrei vedere un’Italia in cui chi sbaglia paga.

E poi c’è il debito. Qualche piano credibile per l’abbattimento del debito ci deve essere. Nel mio libro suggerisco un modello che credo sia fattibile perché evita di svendere i gioielli dello Stato e ci dà lungo respiro. Bisogna evitare che le mosse della Bce, che potrebbero ridurre lo spread che paga l’Italia, non siano un alibi per non affrontare in modo frontale il fatto che 2.100 miliardi di debito è un livello troppo alto, e non sostenibile nel tempo.

Nella flessibilità nei vincoli europei ci credo poco.
Il mio ragionamento è che la Merkel potrebbe permettere qualche mossa innovativa da parte di Draghi ma vuole tenere duro sul famoso 3 per cento. Se la Merkel si svegliasse, capirebbe che anche nel suo paese un po’ di stimoli economici e fiscali possono essere utili. Sulla questione della flessibilità potrebbe essere più la guerra in Ucraina a cambiare l’outlook della Merkel, piuttosto che le richieste di flessibilità dalla Francia e dall’Italia. Ma non ci scommetterei più di tanto.

Ricapitolando:

1. La guerra in Ucraina porta nuovi danni all’economia della zona euro
2. Non c’è ripresa in Italia senza nuovi stimoli alla domanda e una serie di riforme di vasta portata
3. Il test decisivo per me sarà nei contenuti del Jobs Act
4. I gattopardi all’interno della minoranza del Pd faranno guerra alle riforme di Renzi, che non avrà vita facile
5. Se le riforme non saranno forti e radicali potrebbero tramutarsi in riforme gattopardesche. Quindi bisogna tenere duro e non diluire le riforme per accontentare Bersani o Fassina
6. Sullo scenario europeo e internazionale ci possono essere nuove turbolenze, Draghi deve tirare fuori al più presto The Big Bazooka
7. Un autunno difficile ci aspetta. Molto difficile

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