L'ICONOCLASTA

La notte bianca dell’assemblea di Alitalia. Fuori (speriamo presto) Colaninno & Company. Il Capo Postino compra un biglietto e vola (cappello in mano) a Parigi per incontrare gli avvoltoi di Air France. Ok all’aumento di capitale, ma ci vuole il coraggio di dire no ai francesi. E bisogna cercare Ethiad o qualche altro partner non europeo che valorizzi Fiumicino invece di smantellarlo

15 ottobre 2013 – Talvolta la notte, come si dice, porta consiglio. Ma nella lunga notte bianca dell’assemblea straordinaria di Alitalia a Fiumicino, la notte ha consigliato di portare via il consiglio (di amministrazione), o quasi.

Roberto Colaninno, il capitano sempre meno coraggioso della compagnia aerea, e gli altri componenti del CdA, in previsione del probabile mutamento degli assetti proprietari che seguirà all’aumento di capitale, hanno manifestato l’intenzione di rassegnare le loro irrevocabili dimissioni.

Meno male.

Per me possono andarsene anche domani mattina ma questo non risolverà nulla, perché siamo ancora lontani da una vera e duratura soluzione del dramma di Alitalia.

Per chi non avesse ancora visto tutte le condizioni che Air France pretende, vorrei sottolinearne una particolarmente onerosa per i contribuenti italiani che finora pensavano che gli aiuti statali ad Alitalia si limitassero ai 75 milioni di euro attraverso l’investimento delle Poste.

Durante la notte bianca di Fiumicino, i francesi hanno anche chiesto garanzie allo Stato e alle banche sull’indebitamento di Alitalia. Intendiamoci: qui stiamo parlando di quasi un miliardo di euro di debiti (950 milioni circa). Sembra che Air France non solo voglia prendere il controllo di Alitalia per due lire, ma pure senza debiti. Se fossero le banche a garantire per questi debiti sarebbe una cosa, ma voglio sperare che non sia il governo a farlo. Sarebbe una beffa nella beffa.

Deve essere messo in chiaro che questo pasticcio, questa soluzione postale per Alitalia, sia solo una situazione transitoria: una delle poche cose affermate ieri sera a Piazzapulita dal mio nuovo amico Stefano Fassina su cui posso essere d’accordo.

Il governo Letta-Alfano, secondo me, ha ragione quando dice che il futuro di Alitalia non potrà essere stand-alone. Per forza!

Ma allora, possiamo pretendere una dichiarazione ufficiale da parte del governo nella quale si assicuri che l’investimento delle Poste sia solo temporaneo e che PT uscirà dal capitale di Alitalia non appena possibile?

Mi conforta che Fabrizio Saccomanni, a margine dei lavori del Consiglio Ecofin in corso oggi a Lussemburgo, abbia precisato che «l’obiettivo è raggiungere in tempi brevi l’integrazione della compagnia in un grande operatore internazionale».

Spero che la parola “internazionale” voglia dire non europeo. Solo così si può sperare di evitare lo spettro di un’operazione Air France composta di tagli al personale, ridimensionamento di Fiumicino come hub regionale di Charles De Gaulle e pochi nuovi investimenti.

Ethiad, Emirates o una compagnia asiatica almeno ci offrirebbero possibilità di investimenti e non solo tagli, integrando Alitalia in una rete globale, positiva per il turismo in Italia, evitando che Roma diventi un sobborgo povero di Parigi.

Il Postino-in-Chief Massimo Sarmi, che ha preso oggi un volo (speriamo Alitalia) verso Parigi per incontrare Air France, è un ottimo manager, davvero bravo. Ma mescolare francobolli e aeroplani mi lascia comunque senza parole, anche se capisco che il governo abbia ritenuto che senza questa mossa Colaninno & Company o le banche o Air France non si sarebbero impegnati a sottoscrivere l’aumento di capitale. Adesso che comincia la polemica a Bruxelles sui presunti aiuti di Stato, la domanda che sorge è un’altra: come mai gli azionisti e le banche non avrebbero investito altri soldi su un’operazione di 500 milioni di euro senza la garanzia di 75 milioni dalle Poste? Come mai?

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