16 ottobre 2013 – Perché? Io non capisco perché il governo Letta-Alfano, dopo la retorica positiva e promettente degli ultimi giorni e settimane, ci presenti una legge di stabilità così poco coraggiosa, poco incisiva e incapace di stimolare la crescita e l’occupazione.
La logica di questo governo, come è stato ribadito più volte dalle massime cariche dello Stato, è di garantire non solo la stabilità ma di dare una scossa all’economia. Qui non vedo nessuna scossa. Vedo una politica di piccoli passi, di prudenza estrema, di buone intenzioni ma di poca sostanza. Se l’idea era di stimolare la domanda interna per agganciare una ripresa debole dello 0,7% o dell’1% nel 2014, allora non ci siamo.
Questa non è nemmeno una politica di piccoli passi. Questo è immobilismo. Questa è una legge di stabilità innocua, veramente insufficiente.
Un governo delle larghe intese che è sponsorizzato dal Quirinale con l’obiettivo di orchestrare una svolta nell’economia deve fare di più, molto di più.
Qui siamo alla politica delle briciole.
Poi, dopo mesi e mesi di tormentate discussioni e liti sull’Imu, arriviamo alla Trise + Tares. Se ho ben capito la formulazione, si rischia che gli inquilini non benestanti finiscano ancora più tartassati di prima.
E in questa legge di stabilità non riesco a trovare il capitolo che affronta in modo serio la bomba a orologeria del debito nazionale.
E la riduzione del cuneo fiscale per le imprese è letteralmente da prefisso telefonico: un taglio di un miliardo del cuneo fiscale per il 2014 equivale allo 0,33% e cioè un terzo di punto percentuale. Sarebbe quasi stato meglio evitarlo. Per i lavoratori una riduzione del cuneo fiscale di 1,5 miliardi nel 2014 significa tra 10 e 15 euro in più nella busta paga al mese, ovvero circa 35 o 40 centesimi al giorno. Non è nemmeno una mancia, non ci paghi neanche un caffè. Mi ricorda piuttosto le caramelline che ti davano come resto quando c’era la lira.
E poi, la riduzione dell’odiata e ingiusta Irap è di 40 milioni di euro? That’s all? Ma questo significa una riduzione dello 0,12% ovvero circa un decimo di un punto percentuale. Non è esattamente una mossa incisiva.
E non mi piace che il piano di dismissioni di 3,2 miliardi, che già non era una cifra importante, sia composto non solo da dismissioni immobiliari vere ma da giochi contabili, come rivalutazioni di cespiti, partecipazioni e revisione del trattamento delle perdite di banche, assicurazioni e altri intermediari.
Intendiamoci: è un bene che si vada verso una riduzione della pressione fiscale, che secondo il governo dovrebbe attestarsi al 43,3% in rapporto al Pil dal 44,2% attuale. Sarebbe positivo se si arrivasse così alla fine del 2016, ma bisogna comunque fare molto di più. E bisogna farlo ora, non nell’arco di tre anni.
Alla fine non ci siamo. E non capisco perché il governo voluto dalla massima carica dello Stato per aiutarci ad agganciare la ripresa faccia cosi poco.
Why?