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L’Iran, Putin, il Qatar: la ragnatela di Hamas

Le immagini arrivano senza sosta. Un orrore continuo, 24 ore su 24. Atrocità dopo atrocità.

Il mio editoriale pubblicato oggi su La Stampa

Bambini, persino neonati, che vengono giustiziati davanti ai genitori. Intere famiglie massacrate a colpi d’arma da fuoco nei loro letti. Civili assassinati nelle loro case. In Israele. È questa la barbarie dell’Hamas di oggi, un gruppo terroristico che ha metodi del Medioevo e armamenti del XXI secolo. È riuscito a superare in atrocità persino la Al-Qaeda degli esordi, persino l’Isis. È Hamas che deve essere condannata per questi crimini.

Voglio essere chiaro: c’è solo un aggressore in questa guerra, ed è Hamas. Molte persone in Israele e nel mondo intero, compreso chi vi scrive, considerano Benjamin Netanyahu un autoritario di estrema destra, un ammiratore di Donald Trump che governa insieme ad anti-palestinesi apertamente razzisti. Ma non è questo il punto. È indubbio che le sue politiche abbiano inasprito la rabbia e il risentimento dei due milioni di persone stipate nella Striscia di Gaza. Ma è stata Hamas a lanciare questo attacco a sorpresa.

Israele ha subito adesso l’equivalente dell’11 settembre, e le brutalità medievali a cui abbiamo assistito sono inaccettabili in qualsiasi società che voglia dirsi civilizzata. L’umanità non può esistere se tutti, nessuno escluso, tolleriamo che una simile crudeltà si verifichi e si propaghi. Gli uomini di Hamas sono cinici. Sembra che raggiungeranno alcuni dei risultati che si erano prefissati quando hanno iniziato il loro attacco. La strage e il rapimento degli innocenti hanno spinto Netanyahu a lanciare una massiccia rappresaglia che con ogni probabilità includerà un’invasione terrestre.

Hamas sicuramente l’aveva previsto, ci contava. Ora molti palestinesi moriranno a Gaza, ma i terroristi di Hamas potranno lustrare le loro credenziali di bravi martiri. Forse riusciranno a scatenare una jihad di più ampio respiro, coinvolgendo Hezbollah dal Nord. Almeno questo è ciò che sperano.

Nello scenario ideale di Hamas, Israele dovrebbe colpire Hezbollah in Libano e in Siria, e a quel punto la ritorsione potrebbe coinvolgere anche i russi. L’obiettivo è ampliare il conflitto. Ma Joe Biden non permetterà ad Hamas di spuntare voce per voce tutta la sua lista dei desideri. Il presidente americano si è presentato davanti alle telecamere ieri sera e ha ribadito il sostegno degli Stati Uniti a Israele. Ha mandato un chiaro monito all’Iran, grande sponsor di Hezbollah, invitandolo a restare al suo posto. La presenza nel Mar Mediterraneo orientale del gruppo d’attacco guidato dalla portaerei USS Gerald R. Ford, con la sua devastante potenza di fuoco, è un invito all’Iran a tenere sotto controllo i missili di Hezbollah e a non cercare di aprire un fronte settentrionale per Israele.

L’attacco ai civili israeliani e non da parte dei terroristi di Hamas è frutto di un’operazione straordinariamente sofisticata. Gli aspetti logistici sono stati progettati con cura, la macchina del comando è oliata e ben coordinata, le operazioni sono state gestite con grande precisione. Hanno persino inviato sul campo un team di produzione video che registrava le atrocità commesse dai compagni terroristi in tempo reale, per caricarle sui social e alimentare così la propaganda.

Adesso diamo una rapida occhiata a chi può trarre beneficio dall’attacco di Hamas. Gli ayatollah si sono rallegrati per quella che alcuni nemici di Israele hanno acclamato come una vittoria palestinese. L’Iran ha negato qualsiasi coinvolgimento nella pianificazione dell’attacco, ma ha aiutato Hamas, in un modo o nell’altro, magari fornendo armi o un qualche tipo di assistenza tecnica. E con questo attacco potrebbe saltare l’accordo tra Israele e Arabia Saudita che Biden stava spingendo, e che non piace a Teheran.

I qatarioti intanto vogliono presentarsi come amici e alleati degli Stati Uniti, come fornitori di gas in Europa e broker onesti. Però hanno legami stretti con Hamas e ogni mese danno circa 30 milioni di dollari all’amministrazione civile, guidata da Hamas, che governa Gaza.

In Russia, Vladimir Putin ha motivo di ritenersi contento. Deve essere sicuramente sollevato dall’attacco di Hamas, e felice per la massiccia rappresaglia di Israele. Tutte gradite distrazioni dallo stallo in Ucraina. Giusto qualche mese fa Putin ha accolto a Mosca i leader di Hamas. Proprio come hanno fatto gli ayatollah di Teheran. Non dimentichiamo che anche Putin, a quanto sembra, sta conducendo una sua guerra ibrida contro l’ordine occidentale: l’Ucraina è un campo di battaglia di questo conflitto, ma la strategia del presidente russo è più ampia. La Serbia che mostra i muscoli, la presenza russa in Libia, la Wagner che cerca di destabilizzare l’Africa centrale, il protagonismo di Mosca in Siria: sono tutti elementi di questa strategia ibrida.

L’incendio che divampa in Israele e distrae il presidente degli Stati Uniti e i leader europei, offrendo nuove opportunità per lacerare l’opinione pubblica occidentale, è una buona notizia per Putin. Una prospettiva allettante. Non c’è dubbio che il nuovo conflitto in Medio Oriente complichi la vita a Joe Biden. Ieri sera, come già detto, ha ribadito in televisione il sostegno degli Stati Uniti a Israele. Ma deve fare i conti con un Partito repubblicano diviso, una Camera dei Rappresentanti ancora ufficialmente priva di uno speaker, e infine con i trumpiani del Congresso, che minacciano di tagliare i finanziamenti per l’Ucraina.

Anche Israele riceverà consistenti aiuti militari dagli Stati Uniti: agli occhi di alcuni politici americani, potrebbe sembrare una priorità più impellente rispetto all’Ucraina. Temo, purtroppo, che siamo solo all’inizio di una guerra di terribile violenza, che rappresenterà un test cruciale per la leadership americana. E temo che sia alle porte un’invasione su larga scala che causerà molti morti a Gaza. E questo verrà usato contro Israele stesso dai suoi nemici. Ho paura che la situazione sia destinata a peggiorare.

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