19 dicembre 2018 – Deficit al 2,04%, disavanzo strutturale stabile rispetto a quest’anno, stima di crescita per il 2019 rivista all’1 per cento (dall’1,5% inizialmente ipotizzato dal governo, una stima che non ha mai trovato riscontro in nessun indicatore economico), introduzione di clausole di salvaguardia legate all’Iva e alle accise e l’apposizione di una clausola da 2 miliardi di euro di tagli alla spesa nel caso in cui i conti saltassero, tagli agli investimenti ma anche nuova flessibilità di bilancio per eventi eccezionali. Uno sforzo, quello fatto dal governo italiano rispetto alla manovra licenziata a settembre dal Consiglio dei ministri, che la Commissione ha quantificato in circa 10 miliardi. Via libera dal collegio dei commissari all’intesa raggiunta con Roma. Scongiurata, per il momento l’apertura della procedura d’infrazione. Dopo giorni di trattative estenuanti, è stato trovato un punto d’incontro tra le istituzioni europee e il governo gialloverde; tuttavia, la Commissione è intenzionata a seguire da vicino l’iter della legge di Bilancio in Parlamento (dovrà necessariamente essere approvata entro la fine dell’anno), così come l’attuazione delle misure in essa contenute. Il giudizio ufficiale arriverà quindi solo a gennaio, a manovra approvata, ma appare evidente dalle dichiarazioni dei commissari che il monitoraggio da parte di Bruxelles continuerà a essere costante anche in caso di archiviazione della procedura d’infrazione.
Valdis Dombrovkis, il vicepresidente della Commissione che, insieme al commissario all’euro Pierre Moscovici ha seguito le trattative con il governo italiano, parla di soluzione «non ideale» perché «non dà una soluzione a lungo termine per i problemi economici italiani», ma consente di «evitare per ora di aprire una procedura per debito», purché le misure concordate siano attuate. Dombrovkis ha quindi precisato che la Commissione ha comunque tempo fino al primo febbraio per eventualmente raccomandare al Consiglio l’apertura di una procedura per debito eccessivo. Più conciliante Moscovici, che parla di «vittoria del dialogo sullo scontro», che «molti auspicavano”, e ribadisce che «la Commissione non è nemica del popolo italiano come qualcuno voleva dipingerci», tuttavia, ha aggiunto che la Commissione sarà «vigilante ma non sospettosa» sul rispetto del patto da parte dell’Italia.
«In queste settimane abbiamo lavorato per avvicinare le posizioni senza mai arretrare rispetto agli obiettivi che ci hanno dato gli italiani con il voto del 4 marzo. Non abbiamo mai arretrato sui contenuti della manovra», ha affermato il premier Giuseppe Conte riferendo in Senato dell’accordo con Bruxelles, stretto tra il ministro dell’Economia Giovanni Tria e il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi. Conte ha quindi ribadito che la riduzione delle risorse destinate alle due misure cardine del governo, il reddito di cittadinanza e quota 100, sgonfiatesi di circa 4 miliardi, è stato possibile perché il governo aveva inizialmente stimato un fabbisogno eccessivo per la loro attuazione. Una spiegazione che, in verità, ha lasciato perplessi molti osservatori.
Assenti i due dioscuri del governo, i vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini. Hanno preferito non mettere la faccia su un accordo che, a giudicarlo rispetto ai rumorosi proclami del passato, appare come una vera e propria resa.