31 gennaio 2015 – Sergio Mattarella è stato eletto come nuovo capo dello Stato.
Mattarella ha raccolto 665 preferenze. Nel quarto scrutinio, il quorum era sceso da 673 a 505 grandi elettori su 1009.
Ferdinando Imposimato, candidato del M5s, ha avuto 127 voti, 46 per Feltri. Le schede bianche sono state 105 e 13 le nulle.
Il parlamento in seduta comune è convocato martedì alle 10 per il giuramento e il messaggio del nuovo presidente della Repubblica.
La nomina di Mattarella è stata per Matteo Renzi un modo per ricucire con la minoranza del Pd: la candidatura del giudice della Consulta ha messo d’accordo tutti, da Pierluigi Bersani a Rosy Bindi, da Stefano Fassina a Pippo Civati.
Secondo le dichiarazioni di voto, alla vigilia dello scrutinio il nuovo capo dello Stato poteva contare su circa 640 preferenze, ovvero tutto il Partito Democratico, Sel, Scelta Civica, Alleanza Popolare (Ncd e Udc), gruppi minori e 6 ex Cinque stelle.
Ieri in serata il presidente del Consiglio aveva rivolto un appello a tutti i partiti, in particolare all’alleato di governo Ncd, inizialmente intenzionato a votare scheda bianca, ma anche a Forza Italia, affinché venisse eletta «una personalità autorevole e stimata da tutti, un servitore dello Stato». «Per questo auspico – aveva concluso il segretario Dem – che sul nome di Sergio Mattarella, presidente della Repubblica di tutti gli italiani, si determini la più ampia convergenza possibile per il bene comune dell’Italia».
L’appello è stato raccolto dal Nuovo centro destra (e dagli altri componenti del gruppo parlamentare Area Popolare, che comprende anche l’Udc e alcuni indipendenti, circa 70 grandi elettori in tutto), che al quarto scrutinio ha scelto di votare per il settantatreenne ex democristiano, «ma il metodo del premier Matteo Renzi», avrebbe detto Angelino Alfano, «resta sbagliato e l’appello di ieri non è bastato».
In mattinata sono arrivate le dimissioni di Maurizio Sacconi, capogruppo Ap (Ncd e Udc) al Senato, e della portavoce Ncd Barbara Saltamartini, in dissenso con la scelta dei colleghi di partito: «Ritengo di non poter fare scelta diversa da quella di votare scheda bianca e di dimettermi», ha spiegato Saltamartini. Una decisione che, ha spiegato l’ex portavoce, non ha nulla a che vedere con la figura di Mattarella ma piuttosto è dovuta al metodo utilizzato e al mutamento della maggioranza.
«Voteremo Mattarella perché il problema non è mai stato costituito da lui, che ci auguriamo sia un presidente al di sopra delle parti come lo è stato Napolitano», è stato il commento di Fabrizio Cicchitto al suo arrivo alla Camera. «Poi – ha aggiunto Cicchitto – si aprirà una discussione sul metodo adottato da Renzi, che ha causato una serie di problemi».
Berlusconi invece, dopo una giornata concitata, quella di ieri, caratterizzata da spaccature e veleni, ha dato infine indicazione ai suoi di votare scheda bianca. Ieri gli azzurri avevano considerato la possibilità di disertare l’aula, boicottando la votazione.
Anche il M5s, come già comunicato ieri sera, ha scelto di non votare per Sergio Mattarella, restando compatto sul nome del magistrato antimafia Ferdinando Imposimato.
I fuoriusciti dal movimento di Grillo – hanno fatto sapere questa mattina attraverso una nota del gruppo misto del Senato – hanno in maggioranza votato per Stefano Rodotà (17 voti), mentre in 6 hanno deciso di convergere sul nome di Mattarella.
La Lega e Fratelli d’Italia hanno continuato a votare per il giornalista Vittorio Feltri, il loro candidato di bandiera fin dal primo scrutinio.
CHI È IL NUOVO CAPO DELLO STATO – Ex deputato democristiano, poi per il Partito popolare italiano e per la Margherita, Sergio Mattarella è stato più volte ministro. Il padre, Bernardo, fu tra i fondatori della Dc siciliana, deputato alla Costituente e ministro dei Trasporti, del Commercio Estero e delle Comunicazioni tra la metà degli anni ’50 e ’60. Il fratello, Piersanti, è stato presidente della regione Sicilia, assassinato dalla mafia nel 1980.
Tre anni dopo l’omicidio del fratello, il quarantatreenne Mattarella entra in quota Dc alla Camera dei Deputati. Negli anni Ottanta è ministro dei Rapporti con il Parlamento nei governi De Mita e Goria. Poi è ministro dell’Istruzione con Andreotti ma, nel 1990, insieme con altri ministri della sinistra Dc, si dimette dalla carica per protestare contro l’apposizione della fiducia sulla legge Mammì (riassetto del sistema radiotelevisivo).
Mattarella è inoltre il padre della riforma della legge elettorale a componente maggioritaria, varata nel 1993 a seguito del referendum e sostituita nel 2013 dal cosiddetto Porcellum.
Uscito indenne da Tangentopoli, Mattarella lavora al rinnovamento della Dc e, dopo la frammentazione di quest’ultima, è tra i fondatori del Partito popolare italiano. Nel 1996, con la vittoria elettorale dell’Ulivo di Romano Prodi è capogruppo dei popolari alla Camera e poi vicepresidente del Consiglio quando, dopo la caduta di Prodi, l’incarico viene assunto da Massimo D’Alema. Nei secondi governi D’Alema e Amato, Mattarella è ministro della Difesa.
Luna De Bartolo