28 agosto 2014 – Diciamo due o tre cose in modo semplice. Sulla riforma della giustizia e sull’economia.
1. La riforma della giustizia sarà oggetto di polemica e divisione. Io personalmente vorrei vedere la responsabilità civile per i magistrati e vorrei vedere anche una netta separazione nei poteri tra l’esecutivo (compreso il Quirinale, che ora presiede il Csm) e il ramo giudiziario dell’apparato dello Stato. Ma dubito che queste cose finiranno dentro la riforma della giustizia. Ma siccome l’assenza di regole chiare inibisce investimenti dalle imprese, la riforma della giustizia civile, anche se parziale, è meglio di niente.
2. L’Italia non cresce perché non ha fatto le riforme che altri paesi hanno fatto 10 o 20 anni fa e che hanno creato occupazione e produttività. Mi riferisco al mercato del lavoro, ancora troppo rigido e costoso in Italia, e quindi un disincentivo agli investimenti. Mi riferisco alla pressione fiscale o, se preferite, al costo del lavoro, e nello specifico l’Irap e l’Irpef. Nella mia ricetta (capitolo 9 di Ammazziamo il Gattopardo) propongo che si arrivi nell’arco di 36 mesi a tagliare la metà dell’Irap, quindi 15 miliardi su circa 30 miliardi all’anno, e a ridurre sul serio l’Irpef, attraverso non un bonus di 80 euro ma di 150 euro al mese, permanente. Entrambe queste iniziative avrebbero la copertura nella mia ricetta, attraverso tagli della spesa pubblica e una vera riforma delle competenze finanziarie delle Regioni, e non solo attraverso costi standard e benchmarking. Ci sono almeno 5 miliardi da risparmiare nella P.a. se uno avesse il coraggio di tagliare (non scuole e ospedali, ma burocrati incompetenti e amministrativi a livello regionale, provinciale e centrale). Nella mia ricetta ci vorrebbe una serie di sgravi fiscali per aumentare l’occupazione femminile. Ci sarebbe anche l’abolizione della cassa integrazione in deroga e la sua sostituzione con sussidi di disoccupazione uguali per tutti.
3. Siamo in un periodo di stagnazione e deflazione in mezz’Europa. L’Italia è molto più a rischio per il debito pubblico elevato, che lo Stato deve continuare ad affrontare anche in un momento di recessione e deflazione. Qui la mia ricetta richiede un piano per valorizzare il patrimonio pubblico senza svenderlo e di creare un contenitore (non la Cassa Depositi e Prestiti) che si finanzi con 50 miliardi all’anno di obbligazioni, la metà sottoscritto in modo forzoso (sì, avete letto bene!) da parte delle banche. Così ridurremo nell’arco di 8 anni il debito, e libereremmo risorse per investimenti pubblici.
4. Ultimo punto in questo breve flash. Sblocca Italia. Quando ho intervistato Matteo Renzi, il 24 luglio, per la mia trasmissione Ammazziamo Il Gattopardo su La 7, lui mi ha detto che ci sono 43 miliardi di fondi disponibili per investimenti in infrastrutture e che l’utilizzo di questi fondi non viola nessun vincolo europeo perché sono già “conteggiati” nel bilancio. Bisogna far girare il denaro per creare consumi e occupazione. E 43 miliardi non sono pochi. Quindi spero che il Cdm di domani confermi davvero questi investimenti pubblici. Oramai bisogna seguire una politica keynesiana. Il Paese è messo male.